Messina, fatta luce sul tentato omicidio di Cuscinà Due arresti. Agguato per screzi dentro clan di Giostra

Chiuso il cerchio sul tentato omicidio di Francesco Cuscinà, 64 anni, ferito alla testa, al torace e all’addome da due colpi di pistola ad agosto dello scorso anno. I carabinieri hanno arrestato il 22enne Paolo Gatto e il 39enne Giuseppe Cutè, rispettivamente figlio del boss Puccio Gatto e nipote dell’altro boss Luigi Galli. Sono loro, secondo i carabinieri della Compagnia Centro, che il 25 agosto 2018 hanno sparato per strada ad altezza uomo con l’intenzione di uccidere Cuscinà. 

L’agguato è avvenuto in pieno giorno. Alle 9 del mattino, davanti al bar Micali a Giostra, i due arrestati si sono incontrati con il 64enne. Sullo sfondo di quanto accaduto ci sarebbero i dissidi interni al clan da anni senza una guida. «Ci sono stati e continuano a esserci tentativi di riorganizzazione legati forse alla gestione dello spaccio di droga», spiega dal procuratore aggiunto Rosa Raffa. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Gatto e Cutè dopo aver parlato con Cuscinà si sono allontanati in sella a uno scooter, ma poco dopo essere partiti aprono il fuoco. «L’arma deve essersi inceppata – dichiara il capitano della Compagnia Centro Paolo De Alescandris -. I due infatti, dopo essere scesi dal ciclomotore, ingaggiano una colluttazione con Cuscinà». 

Quest’ultimo reagisce, portando Gatto e Cutè a lasciare il luogo. Cuscinà si accorge di essere ferito, si cambia e si reca alla cittadella ospedaliera del Mandalari sul viale Goistra. Qui gli spiegano che deve andare all’ospedale Piemonte per farsi suturare le ferite. «Cuscinà ha alle sue spalle una condanna a 30 anni, 25 dei quali scontati in carcere per associazione mafiosa, tentato omicidio più spaccio, droga – sottolinea il colonnello Lorenzo Sabatino, che guida il comando provinciale dei carabinieri -. Da parte sua non c’è stata alcun tipo di collaborazione, ha una caratura criminale che ha subito indirizzato le indagini nell’ambito degli affari illeciti di Giostra». 

Oltre alle attente indagini, a incastrare gli arrestati sono state anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Minardi che ha indicato in Cutè e Gatto i responsabili del tentato omicidio. A rimproverare il giovane Gatto per quanto commesso è stata anche la madre. «La donna – commentano gli inquirenti – disapprova il comportamento perché spezza il quieto vivere. Il figlio ha violato le regole di rispetto, la madre lo sa bene e per questo lo manda via per un mese – prosegue De Alescandris -. Ha paura per la sua vita. Comportamento diametralmente opposto a quello di Giuseppe Cutè, che ha già uno spessore criminale diverso». Quest’ultimo, che ha avuto una condanna definitiva a sette anni per associazione mafiosa, quattro giorni dopo la sparatoria chiede un incontro alla vittima. «Voleva chiarire cosa fosse successo», chiosano gli inquirenti. 

Gatto e Cutè sono anche accusati di rapina aggravata in concorso e trasferimento fraudolento di valori, per un assalto a un uomo che gestisce un distributore di carburanti.


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