Corruzione Riscossione Sicilia, blitz tra Catania e Messina Per informazioni riservate 50 euro, condizionatori e tirocini

Due avvocati catanesi, di cui uno già dirigente in pensione della Serit (oggi Riscossione Sicilia), e tre funzionari attuali dipendenti dell’ente regionale. Sono questi alcuni dei profili delle persone coinvolte nell’inchiesta della procura di Catania su un giro di corruzione negli uffici della società, almeno nelle sedi del capoluogo etneo e di Messina.  In totale, l’ordinanza di custodia cautelare riguarda sei cittadini, tre dei quali finiti agli arresti domiciliari e tre destinatari di misure interdittive. Sono accusati, a vario titolo, di concorso in corruzione continuata, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio. Secondo l’accusa, i lavoratori avrebbero nei fatti «operato alle dipendenze di uno studio legale privato, non servendo più l’interesse pubblico».

Le manette si sono strette attorno ai polsi di Sergio Rizzo (classe 1944), avvocato, pensionato e già dirigente della Serit, il quale – senza alcuna posizione fiscale e contributiva – esercitava la professione legale direttamente da casa; il figlio Settimo Daniele Rizzo (classe 1975), avvocato civilista e tributarista con studio a Catania, in via Aldebaran, che collaborava con il padre; e Claudio Bizzini (classe 1953), già dipendente di Riscossione Sicilia, anche lui sconosciuto al fisco per la sua attività di consulente.  Sono stati inoltre sospesi dall’esercizio nell’ufficio pubblico i lavoratori Rosario Malizia (classe 1965), addetto al settore contabilità versamenti e rendicontazione della sede di Messina; Giovanni Musmeci (classe 1957), responsabile delle procedure cautelari ed esecutive; e Matilde Giordanella (classe 1962), addetta al settore notifiche. Gli ultimi due impiegati nella sede di Catania di Riscossione Sicilia.

Secondo le accuse, l’avvocato Sergio Rizzo avrebbe usufruito dei favori di alcuni dipendenti della società partecipata regionale. Non solo per sé, ma anche per i clienti dello studio legale del figlio Settimo Daniele. Musmeci e Malizia avrebbero, infatti, fatto comunicazioni informali sulle posizioni fiscali e debitorie di alcuni contribuenti. In cambio avrebbero ottenuto 50 euro per ogni informazione, televisori, climatizzatori e, in un caso, anche lo svolgimento di un tirocinio in un centro di fisioterapia per un familiare.  Come spiegato nella nota stampa diffusa dalla procura, in questo modo i lavoratori di Riscossione avrebbero prodotto una «sistematica prevaricazione» ai danni di altri professionisti, costretti a rispettare le liste d’attesa e le procedure regionali per la tutela dei propri assistiti; dei contribuenti che, per via del sovraccarico degli uffici, avrebbero dovuto aspettare tempi lunghissimi per conoscere la propria posizione contributiva e, sulla base di quella, accedere all’eventuale rottamazione delle cartelle esattoriali; della pubblica amministrazione, che non avrebbe incassato i corrispettivi dovuti per l’estrazione di dati dal sistema informatico. 

Le cartelle esattoriali e le notifiche sarebbero state consegnate, brevi manu, a casa dell’avvocato Rizzo o nello studio legale del figlio. In aperta violazione del regolamento che prescrive, tra le altre cose, la presentazione di un’istanza scritta che deve essere debitamente protocollata. L’ex dipendente Claudio Bizzini, consulente dello studio Rizzo, avrebbe usato a sua volta la lavoratrice Matilde Giordanella: per una cifra variabile tra i 15 e i 70 euro, la donna avrebbe fornito a Bizzini documenti come relate di notifica ed estratti di ruolo. 

«È il minimo che potesse fare dopo una vita… Anni di sacrifici di notte, di giorno, con l’acqua, con la neve…». Dice al telefono, intercettato dai militari della guardia di finanza, Rosario Malizia. Commentando l’acquisto, da parte dell’avvocato Sergio Rizzo, di televisori e condizionatori per un valore di circa cinquemila euro. Destinati a un bed and breakfast avviato da un parente dello stesso Malizia. Discorso simile vale per un parente di Giovanni Musmeci, assunto come tirocinante in un centro di fisioterapia di Catania tramite l’interessamento dei due avvocati Rizzo. «Il miracolo lo hanno fatto… Nel senso che, piuttosto che due anni, il tutto si riduce a un anno», commenta Musmeci, anche lui registrato dalle cimici delle fiamme gialle. L’aspirante fisioterapista avrebbe attestato lo svolgimento di sei ore lavorative al giorno, pur prestando i suoi servizi solo per quattro


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