MeridioNews ha incontrato la signora Isabella Guarino, il fratello Francesco e l'amico Carlo Garozzo per raccontare, al di là degli ultimi clamorosi sviluppi di cronaca, chi era il 26enne morto mentre prestava servizio con la Folgore. Guarda il video
Il caso Scieri, tutte le tappe verso la verità Mamma e amici raccontano chi era Lele
Di Emanuele Scieri, il militare siracusano morto nella caserma Gamerra di Pisa il 13 agosto 1999, si parla molto negli ultimi giorni, dopo i clamorosi sviluppi dell’indagine della Procura toscana che indaga su tre suoi commilitoni, a distanza di 19 anni. Una vittoria per la famiglia e gli amici che non hanno mai abbassato la guardia. MeridioNews da tempo segue la vicenda a cui ha dedicato uno speciale. E oggi che la verità appare più vicina, è utile ripercorrere con puntualità quanto successo in questi due lunghi decenni.
21 luglio 1999. Emanuele Scieri prende il treno per raggiungere Firenze, dove si trova la caserma Lupi di Toscana per iniziare il centro addestramento reclute.
7 agosto 1999. Terminato il periodo di addestramento Scieri presta giuramento.
13 agosto 1999. Emanuele viene trasferito in pullman alla caserma Gamerra di Pisa, centro di addestramento per paracadutisti, dove avrebbe dovuto effettuare il corso per acquisire il brevetto di paracadutista. Durante il viaggio sono stati accertati episodi di nonnismo (reclute costrette stare sedute nella posizione della sfinge sull’autobus con finestrini chiusi e aria condizionata calda accesa). Dopo cena Scieri esce in libera uscita con alcuni commilitoni. Alle 22.15 circa, Emanuele rientra in caserma in compagnia dei commilitoni. Con Stefano Viberti – che diventerà poi il supertestimone – si attarda a fumare una sigaretta lungo il viale che costeggia il muro perimetrale della caserma, in prossimità della torre di asciugatura dei paracaduti. Emanuele non rientra in camerata per il contrappello delle 23.45 e la sua assenza viene rilevata dal personale militare preposto. Alle 23.48 viene effettuata una chiamata dal cellulare in uso esclusivo al generale Enrico Celentano diretta alla sua abitazione a Livorno.
14 agosto 1999. Iniziano le ricerche di Emanuele: dalla caserma provano a contattarlo al cellulare e informano i genitori della sua assenza al contrappello del giorno prima.
15 agosto 1999. Alle 5.30, il comandante della brigata paracadutisti Folgore generale Celentano, accompagnato dal colonnello Giovanni Fantini, effettua una ispezione straordinaria all’interno della caserma. La sera, intorno alle 21.30, una seconda ispezione straordinaria è condotta dal comandante del centro di addestramento di paracadutismo, il colonnello Pier Angelo Corradi.
16 agosto 1999. Il corpo di Scieri privo di vita viene scoperto, intorno alle 14, da quattro compagni di corso (Walter Raggiri, Carlos Picelli, Marco Parodi e Marco Ravasi) che sono stati mandati per un servizio di pulizia nella zona del magazzino di casermaggio, di fronte alla torretta.
Settembre 1999. Vengono depositati 33 atti di sindacato ispettivo e quattro proposte di legge per l’istituzione di una commissione d’inchiesta per accertare la dinamica della morte di Scieri e gli eventuali responsabili. Il ministro della Difesa Carlo Scognamiglio Pasini dichiara che erano state avviate tre inchieste: due della magistratura ordinaria e militare e una amministrativa delle forze armate. È lui il primo a legare la vicenda al fenomeno del nonnismo.
22 dicembre 2000. Si conclude con l’archiviazione, disposta dal giudice per le indagini preliminari, il procedimento per omicidio colposo degli addetti al contrappello (Calogero Cirneco, Simone Pugliese, Gianluca De Silvestris e Roberto De Martin) perché «il fatto non sussiste».
27 settembre 2001. Archiviato il procedimento contro ignoti per omicidio preterintenzionale. «Nelle indagini la verità non viene quasi mai fuori», dice il magistrato che condusse le indagini all’epoca e che nel 2001 chiese l’archiviazione, Giuliano Giambartolomei.
20 maggio 2004. Viene archiviato il procedimento contro ignoti per il reato di violenza contro inferiore con omicidio.
4 novembre 2015. Nel giorno della festa delle forze armate, l’aula approva a larghissima maggioranza – salvo l’astensione del gruppo parlamentare della Lega Nord – l’istituzione della commissione composta da ventuno componenti e presieduta dall’onorevole Sofia Amoddio. Molte sedute sono secretate «perché la questione è delicatissima», motiva la presidente che aggiunge: «chi non ha ancora parlato ha la possibilità di farlo, con l’ulteriore vantaggio che l’eventuale reato di falsa testimonianza al processo sarebbe ormai prescritto».
7 aprile 2016. Audizione della madre di Lele, Isabella Guarino e di alcuni degli amici rappresentanti dell’associazione Giustizia per Lele, Carlo Garozzo, Federica Gallitto e Daniela Leggio. «L’ipotesi del suicidio è impensabile e le ferite sulle mani e sui piedi sono incompatibili con un volo accidentale dalla scaletta – dichiara Garozzo – Siamo convinti che ci sia stata l’interferenza di qualcuno o l’omissione di soccorso da parte di chi era presente ed è scappato lasciandolo agonizzante per più di nove ore».
7 novembre 2016. La commissione ascolta i medici legali Luigi Papi, consulente della procura di Pisa, e Giuseppe Bulla, consulente di parte, che hanno svolto la perizia a seguito della morte del militare siracusano. Lesioni alle mani, alle nocche delle dita e al piede sinistro, fratture alla colonna vertebrale e fratture multiple delle costole. In tutto sono 20 le lesioni classificate sul corpo di Emanuele. Entrambi concordano sulla causa della morte e sul fatto che il 26enne poteva essere salvato.
17 gennaio 2017. Audizione del luogotenente Pierluigi Arilli e dell’appuntato Alessandro Pirina, entrambi inviati sul luogo del delitto appena fu rinvenuto il cadavere di Emanuele. Il carabiniere Pirina, che si occupava dei rilievi fotografici, «salì indisturbato e senza guanti – osserva la presidente della commissione – sulla scala dalla quale si ipotizza fu fatto cadere Scieri, cancellando probabili tracce di impronte digitali. Inoltre dalle foto si evince che un carabiniere calpestava con gli scarponi d’ordinanza il tavolo su cui era appoggiato il piede destro del parà». Considerato un caso di suicidio, sul posto non c’erano né il magistrato né i Ris. Nell’informativa dei carabinieri del 18 dicembre 2000 risulta che fu Arilli ad aprire il marsupio di Scieri, prendere il telefonino e chiamare il proprio cellulare per constatare quale fosse il numero del parà. Durante la seduta Arilli confuta questa ricostruzione.
30 gennaio 2017. Audizione dell’ex militare Daniele Ceci, dell’ex comandante della Folgore, generale Enrico Celentano, dell’ex comandante della caserma Calogero Cirneco e dell’ex comandante del battaglione Emilio Ratti. Una sfilza di «non ricordo» e poche risposte che iniziano sempre con un «mi sembra». Celentano, che è anche autore dello Zibaldone – una sorta di manuale assemblato con citazioni auliche e un elenco di atti di nonnismo ai quali sottomettere le reclute – racconta che «mi recai a Pisa e vidi il cadavere di Scieri. Ho notato che era un po’ adiposo perché era anzianotto e aveva praticato più lo studio che l’attività sportiva. Così, mi sono dato la spiegazione che forse aveva tentato di capire se riusciva a fare una impresa fisica o forse era scivolato tentando di arrampicarsi su quella scala». Sull’ispezione della notte fra il 14 e il 15 agosto alla caserma dice di essersi «limitato a percorrere in auto il muro di cinta per controllare il servizio di vigilanza».
Settembre 2017. La procura di Pisa riapre le indagini.
Dicembre 2017. La commissione presenta le conclusioni dell’attività durata circa due anni. «Che Lele Scieri non si fosse suicidato e che la sua morte fosse legata a episodi di nonnismo era già chiaro anche nel 1999». Il parlamento la approva, ma Fratelli d’Italia si astiene e Ignazio La Russa parla di «odio contro la Folgore».
02 agosto 2018. Un arresto e due indagati per omicidio volontario. Si tratta di tre ex commilitoni Emanuele, Alessandro Panella, Andrea Antico e Luigi Zabara.
08 agosto 2018. La giornata della verità per Emanule Scieri. La mamma Isabella Guarino, il fratello Francesco, l’amico Carlo Garozzo e la presidente della commissione parlamentare d’inchiesta Sofia Amoddio ripercorrono la vicenda e illustrano la svolta della indagini a tutta la società civile: «Finalmente oggi Lele ha lasciato quella caserma». E le indagini continuano.