Messina: sequestro da 9 milioni a un imprenditore  Patrimonio sarebbe riconducibile all’attività usuraia

Due imprese con capitale sociale e compendio aziendale, 20 unità immobiliari tra fabbricati e terreni, 23 mezzi personali e aziendali e quota pari al 20 per cento di un consorzio per un valore complessivo di nove milioni di euro. È quanto è stato sequestrato questa mattina all’imprenditore Nunzio Ruggieri di Naso, in provincia di Messina, dalla Direzione distrettuale antimafia messinese, supportata dal centro operativo di Catania. L’attività d’indagine economico-finanziaria che ha portato all’esecuzione del provvedimento di sequestro, ha permesso di accertare che Ruggeri, pur non avendo dichiarato redditi ufficiali sufficienti, sarebbe riuscito con l’illecita attività usuraia a incrementare il suo patrimonio personale e imprenditoriale, anche intestandolo a parenti diventati suoi fidati prestanome.  

L’imprenditore, operante nel settore della
macellazione e commercializzazione del pellame, è stato menzionato dal collaboratore di giustizia Santo Lenzo, legato ai sodalizi mafiosi nebroidei, per alcuni collegamenti con elementi di vertice della criminalità organizzata tortoriciana. Nello specifico, oltre allo stesso Lenzo, Ruggieri avrebbe avuto rapporti anche con Cesare Bontempo Scavo e con Carmelo Armenio, il referente della criminalità organizzata sul territorio di Brolo, in provincia di Messina.

In particolare, da alcune dichiarazioni risalenti al 2002 del collaboratore gli inquirenti hanno ricostruito che Ruggieri, nel 1999, tramite Armenio «
aveva chiesto che fossero incendiati i mattatoi di Sinagra, Barcellona Pozzo di Gotto e Giammoro, impegnandosi, nel contempo, a versare 50.000.000 lire all’organizzazione mafiosa» che lo avrebbe favorito. L’intento criminoso non giunse a compimento «per l’opposizione dei rappresentanti della criminalità organizzata barcellonese». 

Nel
curriculum di Ruggieri anche una condanna in Appello nel 2009 per la sua attività usuraia. In particolare, tra gli anni 1998 e 2000, l’imprenditore avrebbe messo in atto un comportamento illecito nei confronti di un dipendente di banca che, per la sua personalità facilmente condizionabile, aveva generato all’istituto di credito un dissesto economico per circa 76 milioni di lire attraverso la negoziazione di tre assegni. Nel tentativo di ripianare la situazione, l’impiegato bancario si sarebbe rivolto a diversi soggetti, tra i quali anche il Ruggieri, per ottenere prestiti che poi si sarebbe evidenziato essere di natura usuraia.  

Nel 2002, insieme ad altre venti persone, Ruggieri è stato denunciato dalla
guardia di finanza di Melito Porto Salvo (in provincia di Reggio Calabria), quale utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti emesse da una società di San Lorenzo (Reggio Calabria) operante nel commercio all’ingrosso di cuoio e pelli. Falso ideologico aggravato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche sono i reati per cui l’imprenditore è stato denunciato nel 2005 dal nucleo antifrodi del comando carabinieri politiche agricole e alimentari di Roma. Rinviato a giudizio anche come legale rappresentante di una società oggi sotto sequestro. 

Altra indagine in cui Ruggieri è stato rinviato a giudizio, è quella dei carabinieri di Sant’Agata di Militello nel 2012. In quel caso, il reato era 
usura continuata in danno di un imprenditore agrumicolo cui aveva applicato tassi di interesse del 10 per cento mensili su somme prestate illecitamente. Nel 2016, infine l’imprenditore è stato rinviato a giudizio alla procura di Patti, per abusivismo finanziario, a seguito di attività d’indagine della guardia di finanza di Capo d’Orlando che ha rivelato l’illecita concessione di mutui con numerosi pagamenti di somme di denaro per complessivi 794.225 euro, tra il 2005 ed il 2010, 


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