Ragusa, soldi per attività migranti usati a fini personali Indagini su coop Il Dono, chiesti dieci rinvii a giudizio

Avrebbero usato soldi pubblici – provenienti dal ministero dell’Interno, dalla Provincia di Ragusa e dai Comuni di Modica e Ragusa e destinati ad attività per i richiedenti asilo – a fini personali. In totale a mancare sarebbero oltre 1,6 milioni di euro. È questa l’accusa che la Procura iblea avanza contro la società cooperativa Il Dono, in particolare a dieci soggetti accusati di peculato e riciclaggio e per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio. La coop per un decennio ha fornito assistenza ai numerosi centri di accoglienza per migranti, presenti nella provincia, a seguito di convenzioni con enti pubblici che comportavano erogazione di pasti, vestiario, alfabetizzazione e servizi alloggiativi. 

In particolare, Il Dono avrebbe ricevuto 2,6 milioni di euro dal Comune di Ragusa tra il 2005 e il 2014, nell’ambito dei progetti Vivere la vita e In-verso; un milione di euro dalla Provincia di Ragusa tra il 2009 e il 2014, per il progetto Biscari; 1,7 milioni di euro dal Comune di Modica tra il 2007 e il 2013, nell’ambito del progetto Babel. Secondo le indagini della Guardia di finanza di Ragusa, complessivamente la cooperativa sociale ha beneficiato di somme pubbliche per oltre 6 milioni di euro. Ma parte di questi fondi sarebbero stati distratti attraverso un complesso sistema, fatto da falsificazione dei libri sociali, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, occultamento della maggior parte delle scritture contabili, ipotesi di peculato e di false attestazioni. Al vertice della società in questi anni si sono succeduti appartenenti alla stessa compagine familiare. 

La cooperativa avrebbe grossi debiti con i suoi dipendenti e con l’erario e mancherebbero nelle casse 1,6 milioni di euro. Le due condizioni hanno portato alla dichiarazione di insolvenza, dichiarata lo scorso maggio dal Tribunale ibleo. Ma secondo gli accertamenti delle Fiamme gialle, i soldi mancanti sarebbero stati usati a fini personali, attraverso molteplici canali: l’utilizzo di carte di credito personali canalizzate su conti correnti intestati alla cooperativa; pagamento di diverse polizze vita a favore degli indagati; falsa rendicontazione di spese carburante; omessi pagamenti dei pocket money a favore dei richiedenti asilo; indebita annotazione di costi non effettivamente sostenuti. «È stato inoltre accertato – aggiungono dalla Finanza – che gli amministratori avevano emesso assegni per un valore complessivo di oltre 250mila euro tratti dal conto corrente della onlus, a favore di due commercialisti (anch’essi indagati), non in cambio di prestazioni consulenziali, ma per il concorso e la regia degli illeciti comportamenti finalizzati al peculato». 

Inoltre sarebbero stati effettuati versamenti di denaro contante, per decine di migliaia di euro, su conti corrente degli indagati, in qualche caso a fronte di redditi lordi annui dichiarati per poco più di tremila euro. Secondo gli investigatori anche queste somme provengono dai conti della onlus e sarebbero state usate per comprare all’asta un immobile del valore di circa 260mila euro di proprietà dei genitori degli amministratori della cooperativa, oggi destinato ad agriturismo. «Nelle modalità di acquisto dell’immobile – sottolineano i militari – è stato accertato che una parte della provvista necessaria per coprire l’assegno emesso dall’acquirente, moglie di uno degli amministratori della cooperativa, deriva dal versamento di denaro contante». 


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