Il neo-deputato regionale, eletto nella coalizione di Nello Musumeci e ritenuto tra i principali impresentabili, questa mattina è stato arrestato con l'accusa di evasione fiscale. Nonostante la misura cautelare, ha deciso di pubblicare un lungo post su Facebook dai toni provocatori
Cateno De Luca dai domiciliari attacca i magistrati «Sapevo già dell’arresto, io sono un perseguitato»
«Sapevo già che mi avrebbero arrestato». A offrire l’assist perfetto per rilanciare la polemica sugli impresentabili eletti con Nello Musumeci è Cateno De Luca, il neo-deputato finito questa mattina ai domiciliari con l’accusa di evasione fiscale nell’ambito di una vicenda legata alla Federazione nazionale autonoma piccoli imprenditori (Fenapi) e ai Caf a essa collegati. Il politico Udc intorno a mezzogiorno fa ha pubblicato su Facebook un lungo post in cui dice di non essere stato stupito: «Già certi ambienti mi avevano avvertito – rivela il parlamentare regionale, in un post che potrebbe contravvenire alle prescrizioni relative alla misura cautelare -. Oggi più di ieri vi dico che anche questo procedimento finirà come gli altri quattordici: archiviati o con sentenza di assoluzione».
De Luca usa toni che potrebbero sembrare provocatori: «Ringrazio i militari che stamattina alle ore 7:25 hanno suonato alla mia porta per arrestarmi in quanto sono stati un esempio di professionalità, gentilezza e riservatezza – racconta – Io li aspettavo da qualche giorno. Ora sono agli arresti domiciliari a Fiumedinisi e penso solo a preservare mia moglie, i miei figli, la mia famiglia dall’ulteriore calvario giudiziario che li attende». L’esponente di centrodestra, che già nelle settimane scorse era nell’elenco dei candidati chiacchierati per le vicissitudini giudiziarie, parla poi delle accuse che gli vengono rivolte: «I fatti contestati risalgono al periodo 2007-2012 per i quali risulta pendente presso la commissione tributaria regionale un procedimento – spiega -. Mi contestano che io avrei agevolato il Caf Fenapi a evadere il fisco e quindi non sarei io l’evasore ma il Caf di proprietà della Fenapi che ha oltre 300mila soci».
L’ex sindaco di Fiumedinisi e Santa Teresa di Riva poi si dichiara vittima. «Dedico questa ulteriore battaglia ai perseguitati dell’ingiustizia. State sereni io non mollo», dice alludendo a un complotto ordito nei propri confronti. «La richiesta risale al 10 gennaio e il gip per motivi a noi non troppo ignoti ha firmato l’ordinanza il 3 novembre – attacca -. A dicembre avevamo depositato l’ennesima denuncia nei confronti di una parte della magistratura di Messina e di alcuni organi inquirenti che avevano commesso troppi errori». Il politico dell’Udc più tardi pubblica anche un video in cui racconta di un presunto incontro avvenuto di recente a piazza Cairoli. «Già venerdì sera in piazza Cairoli sono stato avvicinato da un noto personaggio della politica siciliana, e anche ritengo della massoneria, nonché parente molto stretto di magistrati – dice De Luca mostrandosi in piagiama e giacca da camera -. Mi ha fatto i complimenti per la campagna elettorale e mi ha detto: “Lo sai che è tutto inutile quello che hai fatto?”. Questo stesso personaggio, il lunedì, ha telefonato a un nostro amico nonché suo collaboratore e gli ha detto che era inutile l’elezione perché sarei stato arrestato e sarebbe subentrato il primo dei non eletti Danilo Lo Giudice».
Ma cosa viene contestato a De Luca? L’indagine della guardia di finanza, che coinvolge oltre De Luca altre nove persone, ha fatto luce sulle azioni che sarebbero realizzate per evadere il fisco. Un’evasione che è stata quantificata in un milione e 700mila euro. Il neo-deputato è ritenuto amministratore di fatto di Caf Fenapi srl e al contempo direttore generale, presidente del consiglio direttivo e rappresentante legale di Fenapi nazionale, con quest’ultima che ha come rappresentante legale Carmelo Satta, ex sindaco di Alì Terme e collaboratore di De Luca. Al centro dell’attenzione degli inquirenti ci sono le somme che da Caf Fenapi sarebbero state girate alla Fenapi nazionale. Presentate come corrispettivi per contributi che dall’associazione con sede a Roma sarebbero partiti per contribuire al mantenimento delle sedi dislocate sul territorio e pagare il personale impiegato nei circoli. Entrambe le voci, però, sarebbero state fittizie e inserite nei bilanci soltanto per beneficiare del sistema fiscale agevolato che spetta a Fenapi nazionale, in quanto associazione. I singoli Caf, infatti, avrebbero una gestione autonoma.
L’intero sistema si sarebbe poggiato su numerose fatture per operazioni inesistenti. Caf Fenapi srl avrebbe beneficiato anche di fatture false dalle società Dionisio, Sviluppo Sociale e Delnisi, anche in questo caso con l’intento di ottenere indebiti sgravi in materia fiscale. A essere coinvolte nell’inchiesta sono anche Cristina Triolo, Floretana Triolo, Giuseppe Ciatto, Fabio Nicita, Carmelina Cassaniti, Antonino Bartolotta, Domenico Magistro e Francesco Vito.
Tra i primi a commentare l’arresto di De Luca è stata la presidente della commissione nazionale Antimafia, Rosi Bindi. «È un fatto gravissimo ma non è il primo, auguriamoci che possa essere uno degli ultimi – commenta Bindi, che in questi giorni lavora allo screening dei politici che hanno partecipato alle Regionali -. Dobbiamo fare ancora alcune verifiche, il nostro lavoro è reso difficile dalla mancanza di strumenti di conoscenza. E parliamo non di dati riservati ma di dati che dovrebbero essere pubblici e a cui ciascun cittadino dovrebbe poter accedere». Ad attaccare, come prevedibile, sono i partiti che hanno partecipato alle elezioni uscendo sconfitti. «Alle prossime elezioni politiche corriamo il serio rischio che l’emergenza legalità che abbiamo denunciato in Sicilia diventi un’emergenza nazionale – dichiara Luigi Di Maio del Movimento 5 stelle -. I siciliani si ritrovano con un’assemblea regionale che non ha ancora cominciato a lavorare ma è già infangata da questo arresto».
Quella di oggi, tuttavia, non è l’unica grana giudiziaria per De Luca. Proprio domani, infatti, si terrà l’udienza del processo in cui è imputato, insieme al fratello, per le presunte speculazioni edilizie a Fiumedinisi. L’esponente Udc è accusato di concussione, falso e abuso d’ufficio. Alla fine dello scorso anno, dopo che l’accusa aveva chiesto una condanna a cinque anni, i legali di De Luca avevano presentato un’istanza di ricusazione del collegio per presunti condizionamenti. La richiesta è stata rigettata.