Ars, verso il voto della Finanziaria. Perché la maggioranza potrebbe approvare tutto e perché non accadrà

Di manovrina in manovra, la stagione dei conti dell’Assemblea regionale siciliana deve ancora entrare nel vivo, con il Collegato Ter, integrazione alla Finanziaria dello scorso anno, che è stato solo un antipasto rinforzato di quello che sarà la maratona per l’approvazione di Bilancio e nuova manovra finanziaria. Alla vigilia dell’approdo dei documenti contabili in Aula, tuttavia, la strada sembra già tracciata. Lo sembra per le indicazioni fin troppo chiare consegnate all’opinione pubblica dal voto del Collegato: undici ore di discussioni, sedute d’Aula aperte e chiuse dopo pochi minuti, bilaterali, trilaterali, capigruppo a profusione, un susseguirsi talmente rapido di versioni diverse del maxiemendamento proposto dal governo che non pochi avranno fatto confusione su quali fogli effettivamente considerare e quali no. E sul piatto ballavano solo diciotto milioni. Euro più, euro meno.

Alla fine l’approvazione è arrivata senza intoppi, così come senza intoppi arriverà l’approvazione – in straordinario anticipo, se si guarda agli anni passati – di Bilancio e Finanziaria. Ma non senza soffrire. Perché quello che è chiaro a tutti è che questo governo, questa maggioranza di governo, può davvero fare quello che vuole. Se volesse potrebbe anche approvare tutto in mezza giornata e tutti a casa a pensare alle festività natalizie. Per fortuna della democrazia, però, c’è l’opposizione. Non quella nominale, composta da Partito democratico, Movimento 5 stelle, Cateno De Luca and friends, ma quella interna alla maggioranza. O meglio, quella voglia atavica di primeggiare sugli alleati che alla fine porta a una lotta senza quartiere e al rallentamento della macchina.

E la minoranza? Tolte le battaglie solitarie di qualche deputato, della minoranza a palazzo dei Normanni si percepiscono ben poche tracce. Ancora una volta, la cartina di tornasole è stata quella del Collegato Ter. Una volta promesso lo stralcio della norma salva-ineleggibili, il Partito democratico ha tirato i remi in barca: non una parola su quanto si stava consumando, non una nota, una presa di posizione. E alla fine la richiesta di togliere dalla discussione gli ordinamentali, cioè tutte quelle norme di carattere legislativo, infilate dentro al calderone degli atti da votare, tra cui appunto il salva-ineleggibili è arrivata da quello che quando ci si mette – più o meno sempre – è il primo tra i partiti d’opposizione: Fratelli d’Italia. Una richiesta accolta, ma non del tutto, non dal governo, quanto meno, che è riuscito in silenzio a togliersi di mezzo la rogna della distanza minima delle discariche dai centri abitati, grande intoppo verso la realizzazione dei termovalorizzatori.

Una mossa che ha destato l’indignazione del Movimento 5 stelle, che si legge tutta nelle parole del capogruppo Antonio De Luca: «L’abolizione della distanza minima degli impianti di rifiuti dai centri abitati è inaccettabile – dice – Ci siamo opposti energicamente in tutte le sedi per farla stralciare, ma gli altri partiti non hanno avuto il coraggio di prendere una posizione chiara. Si poteva modificare, l’abolizione tout court rischia di farci buttare il bambino con l’acqua sporca. Nel testo non ci dovevano essere norme ordinamentali, come stabilito in capigruppo, ma le regole di ingaggio devono essere osservate anche dal governo, non solo dall’Aula».

E ancora De Luca: «Per questo collegato noi abbiamo dato il nostro contributo, rimanendo in commissione Bilancio fino all’ultimo per migliorare un testo che comunque è rimasto non condivisibile e per questo abbiamo votato contro». Chi di selfie ferisce di selfie perisce, viene da dire, pensando alla foto dei deputati festanti dopo che l’articolato ha superato lo scoglio della commissione. Passando invece di De Luca in De Luca, la foga rivoluzionaria di Cateno, sindaco di Taormina, leader maximo del suo gruppo di minoranza, sembra essersi spenta, con le invettive rimaste in capo solo al povero Ismaele La Vardera, sempre presente, sempre in vena di contestazione, spesso solitario predicatore nel deserto. E proprio mentre il Collegato Ter diventa realtà, Cateno De Luca esce con una nota furente. Ma nei confronti di Matteo Renzi. Poi però corregge il tiro e torna tra i banchi di sala d’Ercole: «Oggi abbiamo graziato il governo Schifani con questa variazione di bilancio perché siamo una forza politica responsabile che non ha voluto far perdere alla Sicilia i 300 milioni di euro».

Di grazia in grazia, dall’elezione del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno in poi sono state tante le volte che i deluchiani hanno offerto il proprio voto al governo regionale. Ma, al momento, il sindaco di Taormina ha pure altri problemi, visto che dopo lo scippo subito – neanche a dirlo – da Matteo Renzi, che ha sottratto al partito l’unica senatrice, Dafne Musolino, De Luca ha qualche difficoltà a tenere chiuso il recinto, viste le insistenti voci di corridoio che vedrebbero più di un paio dei suoi deputati regionali con la smania di transitare in qualche gruppo di maggioranza. Insomma, alla fine con una minoranza così, davvero è lecito pensare che il governo possa avere via facile verso l’approvazione dei documenti finanziari in tempi oltre che ragionevoli. Meno male che c’è la maggioranza a tenere alta la bandiera dell’opposizione.


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