Arrivano i tagli per i Tribunali contrabbandati per ‘riforma’ della Giustizia

LO STATO RISPARMIERA’ OLTRE 80 MILIONI DI EURO ALL’ANNO SULLA PELLE DI MAGISTRATI, DIPENDENTI, AVVOCATI E CITTADINI. IL SERVIZIO PEGGIORERA’. IN SICILIA SALTANO TRE TRIBUNALI (NICOSIA, MODICA E MISTRETTA) E TANTI ALTRI UFFICI E SEDI DISTACCATE. L RESTO SONO CHIACCHIERE

Le proteste non mancano. Ma il Governo nazionale tira dritto per portare a casa quella che il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancelleri, definisce “una riforma epocale”. Che non è, ovviamente, la riforma della Giustizia (non a caso i Radicali propongono, per l’ennesima volta, i referendum), ma un taglio secco ai danni dei luoghi dove si celebra la Giustizia: i Tribunali.

Contrariamente a quanto cercano di farci credere, con questa miope politica dei tagli non si recupererà efficienza, ma si incasinerà ancora di più la ‘macchina’ della Giustizia. Detto in parole semplici, il Governo sta applicando alla Giustizia la stessa logica che ha ispirato la ‘riforma’ della sanità pubblica: tagli e a destra e a manca, massacrando chi lavora nel settore. E se nella sanità pubblica a pagare il conto sono i medici e gli infermieri, nella Giustizia a pagare saranno in buona parte i magistrati (sbagliamo o era il progetto di ‘Qualcuno’?), il personale che opera nei Tribunali accanto agli stessi magistrati e, in parte, anche gli avvocati.

Oggi, nei Tg, davanti alle proteste che coinvolgono tutta l’Italia, il ministro Cancelleri – ‘specializzata in ‘tagli’, visto che la signora è stata ‘selezionata’ e fatta ministro da Mario Monti nel suo precedente quanto disastroso Governo – ha detto che non ci saranno deroghe. Insomma, si va avanti con i tagli. Cioè con i risparmi che debbono essere messi da parte per pagare il Fiscal Compact, un trattato internazionale con il quale i Paesi caduti nella trappola dell’euro (Grecia, Italia e Spagna in testa) pagano alla Germania le ‘rate’ della riunificazione.

Insomma, per restare in Europa, dopo l’Imu, la Tares, le imposte e le tasse locali ormai alle stelle, la sanità pubblica sempre più sacrificate arrivano i tagli anche per la Giustizia.

Addio a 30 Tribunali (in Sicilia ne vengono soppressi tre: Nicosia, Modica e Mistretta), 30 Procure, 220 sezioni distaccate e 667 sedi di giudici di pace (che però opereranno in via eccezionale fino alla prossima primavera per consentire ai Comuni di caricarseli sui propri bilanci: cosa impossibile).

Le ‘’riforma’ prevede trasferimenti per 7.300 dipendenti amministrativi, oltre 2.700 magistrati (di cui 265 giudici e 112 pubblici ministeri delle 30 sedi prossime alla chiusura, circa 500 toghe ordinarie delle sezioni distaccate e 1.900 tra giudici onorari di Tribunale e viceprocuratori onorari).

Perché tutto questo ambaradan? Come già detto, non certo per migliorare il servizio. Ma per risparmiare. Lo Stato metterà da parte 80 milioni all’anno. A cui si aggiungeranno altri risparmi per le spese per acqua, luce, gas, servizi di pulizia e di custodia che non verranno più sostenuti.

Ragazzi: questa è l’univa ‘riforma’ della Giustizia che l’Italia è in grado di varare per la Giustizia: tagli, tagli, tagli.

Notare che a ‘tifare’ per questa ‘riforma? Sono un po’ tutti i poteri dello Stato: il già citato Governo Letta, la presidenza della Repubblica, la Corte Costituzionale. Una ‘riforma per l’Europa’: riduzione dei Tribunali mantenendo costante lo stesso numero di magistrati e di dipendenti. Sembra che a Roma si siano ispirati a un noto proverbio siciliano: “A casa capi quanto volu ‘u patruni”. Della serie, se il padrone di casa vuole, può invitare quanta gente vuole.

Di solito questo adagio, in Sicilia, lo si utilizza quando si invitano le persone a pranzo o a cena: aggiungi un posto a tavola o anche duo e anche tre.

Il problema è che nei Tribunali – a differenza di certi Musei siciliani – non si va per ‘schiticchiare’, ma per compiere un lavoro già molto difficile. Ne consegue che questa ‘finta’ riforma, fatta solo di tagli, peggiorerà il servizio rendendo un grande favore a chi auspicava un incasinamento della ‘macchina’ giudiziaria.

In Tv un magistrato ha giustamente detto: “Il ministro ci ha spiegato che ormai questa riforma è un treno in corsa che non si può fermare. Il problema è che su questo treno ci siamo noi…”.

 

 


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