Trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo e dalla finalità mafiosi. È questo il reato contestato a tre uomini, tra cui un esponente di spicco e storico appartenente al gruppo dei Mazzarroti (come accertato con sentenza di condanna passata in giudicato), articolazione della famiglia mafiosa barcellonese. Sono stati i carabinieri della compagnia di Barcellona Pozzo […]
Imprese fittizie per truccare gli appalti, tre arresti all’ombra del clan mafioso dei Barcellonesi
Trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo e dalla finalità mafiosi. È questo il reato contestato a tre uomini, tra cui un esponente di spicco e storico appartenente al gruppo dei Mazzarroti (come accertato con sentenza di condanna passata in giudicato), articolazione della famiglia mafiosa barcellonese. Sono stati i carabinieri della compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto a eseguire l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Messina su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Carmelo Bisognano (classe 1965, nato a Mazzarà Sant’Andrea, in provincia di Messina) e Antonino Giardina (nato a Messina nel 1989) sono finiti in carcere, mentre Davide Giardina (nato a Patti, nel Messinese, nel 2003) è stato sottoposto agli arresti domiciliari.
Il grave quadro indiziario raccolto ha consentito di giungere alla formulazione della contestazione del reato di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo e dalla finalità mafiosi; i fatti contestati risalgono al luglio del 2023 e si sarebbero protratti nel corso del 2024. Il provvedimento cautelare è stato emesso nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Dda di Messina e delegata ai carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto. Nel corso delle investigazioni, è stata documentata la perdurante operatività dell’esponente mafioso, già collaboratore di giustizia, che, avvalendosi degli altri due indagati (fratelli tra loro), avrebbe esercitato ingerenza nelle attività economiche ed imprenditoriali nel territorio di Mazzarrà Sant’Andrea, imponendosi nel settore del movimento terra, avvalendosi, in alcune circostanze, di entrature negli uffici tecnici dell’ente locale.
L’attività investigativa ha accertato l’attribuzione fittizia a un indagato, incensurato, di una impresa edile, in realtà gestita dal pregiudicato mafioso insieme al fratello del primo, i quali, prodigandosi per ottenere l’assegnazione di appalti da parte del Comune di Mazzarrà Sant’Andrea, avrebbero lucrato sull’affidamento dei lavori pubblici. L’esponente della criminalità organizzata mafiosa e l’altro co-indagato 36enne avrebbero di fatto gestito l’impresa fittiziamente intestata al fratello di quest’ultimo (proprio perché incensurato), attraverso una serie di comportamenti indicativi della intestazione fittizia, quali direttive imposte ai dipendenti; interessandosi delle pratiche amministrative funzionali all’esercizio dell’attività; curando la gestione dei mezzi d’opera; occupandosi delle trattative per gli acquisti dei beni strumentali all’esercizio dell’attività di impresa; procedendo alla ripartizione dei profitti, parte dei quali sarebbero giunti all’esponente mafioso anche grazie a operazioni bancarie su conti correnti esteri, in modo da rendere più difficoltosa la tracciabilità dei passaggi del denaro. La ricostruzione delle opache operazioni bancarie è stata resa possibile, grazie agli strumenti della cooperazione giudiziaria diretta con altri Stati dell’Unione Europea.
In particolare, l’ex collaboratore di giustizia, servendosi della propria riconosciuta caratura criminale, avrebbe: sostenuto l’impresa, accelerando la definizione di pratiche amministrative pendenti presso gli uffici tecnici del Comune di Mazzarà Sant’Andrea; perfezionato l’acquisto di mezzi meccanici riducendo le pretese economiche di altri imprenditori; indotto proprietari terrieri ad acconsentire a soluzioni individuate per la cessione di fondi in favore dell’azienda; consentito il parcheggio di mezzi dell’azienda, su suoli di sua proprietà. È stato anche individuato il modo con cui una seconda ditta, sottoposta a interdittiva antimafia dal 2020 e di cui è titolare l’indagato 36enne, riceveva risorse pubbliche – alle quali non avrebbe potuto accedere – attraverso trasferimenti di denaro provenienti dalle attività dell’impresa fittiziamente intestata.
Infine, è stata documentata la condotta dell’indagato 59enne, che avrebbe operato per individuare e recuperare, con pressioni e intimidazioni, mezzi meccanici, già di proprietà di un’impresa confiscata a lui riferibile, in passato ceduti ad altri imprenditori. Contestualmente, i Carabinieri hanno eseguito il decreto di sequestro preventivo – emesso dal gip su richiesta della Dda – del capitale sociale e del compendio aziendale di due società edili (con sede a Mazzarrà Sant’Andrea) i cui titolari si identificano in due indagati; e di un impianto di frantumazione di inerti, di due terreni e otto mezzi d’opera nella disponibilità delle due imprese, per un valore complessivo di oltre 500mila euro.