Da un lato le «potenzialità enormi», dall'altro l'abbandono, la riduzione degli ospiti e le difficoltà a venire a capo di una matassa di finanziamenti e rapporti tra enti pubblici. La struttura di via Etnea è anche al centro delle attenzioni del Movimento 5 stelle
Ardizzone Gioeni, tutte le domande sulla gestione Tra fondi non spesi, rapporti con l’Ersu e il futuro
«Abbiamo rilevato l’assenza di visione nella gestione di questa struttura che ha delle potenzialità enormi ma che, al momento, risulta essere totalmente abbandonata a sé stessa». La struttura di cui parla la deputata all’Ars del M5s Gianina Ciancio è l’istituto per ciechi e ipovedenti Ardizzone Gioeni di Catania. Un edificio storico, inaugurato da Vittorio Emanuele III e Margherita di Savoia al civico 595 di via Etnea, su cui da tempo i residenti segnalano diversi disservizi: dalle criticità sulla mensa alla revoca di servizi di assistenza per gli studenti. A questi, si sommano pure la mancata apertura del centro per disabili pluriminorati e gli interrogativi sui rapporti tra l’istituto e l’ente per il diritto allo studio universitario (Ersu).
«In sollievo dei ciechi indigenti d’ambo i sessi». È questa la motivazione con cui, in un testamento segreto del 10 marzo del 1884, il filantropo Tommaso Ardizzone Gioeni nomina erede universale del suo ingente patrimonio un «ospizio-spedale». L’opera, progettata dall’architetto Filadelfo Fichera e dal figlio Francesco, viene consegnata ai catanesi nel maggio del 1911. In oltre un secolo di attività, ha accolto centinaia di persone non vedenti dai bambini agli anziani e anche giovani in età scolare. Adesso, però, l’istituto sta vivendo un graduale spopolamento.
«La scuola sta vedendo chiudere il corso di formazione attualmente attivo, che è quello per centralinisti e – annuncia l’esponente pentastellata alla Camera dei deputati Laura Paxia – a partire dal prossimo anno scolastico non accetterà altre iscrizioni». Probabilmente una conseguenza della normale evoluzione della società cui, però, non è seguito «un percorso di rilancio della struttura», lamentano le deputate. «In realtà – ribatte il commissionario straordinario dell’Ipab Giampiero Panvini – è la Regione che ha deciso di chiudere questo ambito della formazione, forse per risparmiare sui costi».
Aule vuote, stanze chiuse, corridoi e altri locali in cui vengono abbandonati oggetti vecchi e attrezzi nuovi ancora impacchettati che avrebbero dovuto essere utilizzati per il centro per disabili pluriminorati. Il 30 maggio del 2011, in occasione dei festeggiamenti per il centenario dalla fondazione della struttura, all’interno dei locali dell’Istituto Ardizzone-Gioeni, è stato inaugurato il primo centro per i ciechi pluriminorati di tutto il sud Italia. È nel 2015 che, dopo un esposto della Cgil, viene fatta un’ispezione dall’assessorato per le Politiche sociali che si è conclusa con una denuncia alla Guardia di finanza e alla Corte dei Conti. Il danno erariale stimato sarebbe stato superiore ai 500mila euro.
In un’interrogazione parlamentare all’Ars si parla di «gestione poco accorta di un ingente e ricco patrimonio; poco veritiere previsioni di entrata». Il centro, a tutt’oggi, non è mai stato utilizzato, «gli attrezzi sono lasciati all’incuria e, stando all’inventario alcuni risulterebbero non essere più nemmeno presenti nella struttura», aggiunge Ciancio. «Quando sono arrivato – spiega Panvini – in quei locali ho trovato un deposito di cassonetti dell’immondizia della ditta che gestiva la raccolta dei rifiuti per il Comune».
Risolta la questione dell’insolita occupazione, «abbiamo provveduto alla rimodulazione delle spese del finanziamento degli assessorati Famiglia e Salute perché – sottolinea – con i fondi stanziati non saremmo riusciti a coprire nemmeno un anno di apertura del centro». Adesso, aggiudicato il bando di co-gestione alla Irifor (Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti), restano da fare «alcuni lavori di ripristino di locali lasciati nell’incuria per anni». Da un precedente computo metrico, il costo stimato era stato di circa 80mila euro. «Dopo un’interrogazione parlamentare e lo stop dei due ispettori però – riferisce Panvini – siamo rimasti bloccati, nel frattempo il prezzario regionale è cambiato e bisogna rifare i conti. L’appuntamento con il tecnico dovrebbe essere fissato per la fine di questa settimana». Poi resta da fare la gara d’appalto e assegnare i lavori. «I tempi – dice speranzoso – non dovrebbero essere lunghi».
Intanto, alcuni locali dell’immobile storico sono stati destinati a residenza universitaria. Anche su questo sono state presentate dal M5s un’interpellanza e una interrogazione parlamentare all’Ars. Con la prima si chiede di verificare la congruità delle spese sostenute dall’Ersu per i canoni di locazione. Per 25 posti letto disponibili nella residenza Ardizzone Gioeni vengono spesi 5.547 euro. «Il costo medio di queste strutture – si legge nell’interpellanza – appare sproporzionato rispetto al servizio offerto». Nell’interrogazione si chiede di chiarire i rapporti giuridici tra l’Ersu e l’Ardizzone Gioeni e di esprimere un’opinione in merito all’«opportunità che un dipendente di un ente pubblico sia stato indicato come commissario e come presidente del consiglio di amministrazione di un altro ente che si trovi, rispetto al primo, nel rapporto giuridico locatore-conduttore».
L’anello di congiunzione tra i due enti sarebbe proprio Panvini: dipendente dell’Ersu (con il ruolo di responsabile dell’ufficio stampa) e, dal 30 dicembre 2015, commissario straordinario dell’istituto per ciechi etneo. «Non esiste incompatibilità tra i miei ruoli – sostiene – Tra l’altro i prezzi dell’affitto non li ho stabiliti io ma ci sono procedure standard che si rifanno a tabelle dell’Agenzia delle entrate». Al momento gli studenti che abitano all’Ardizzone Gioeni sono 25, ma «c’è la speranza – conclude – di poterne ospitare un’altra cinquantina in un’altra ala della struttura al momento inutilizzata».