Cronaca

Dalla clinica l’appello a pentirsi a Messina Denaro: «Non puoi guarire, adesso parla»

Un appello a pentirsi a Matteo Messina Denaro arriva dalla clinica privata palermitana La Maddalena in cui era in cura da tempo per un tumore al colon e dove è stato arrestato, la mattina di lunedì 16 gennaio. A parlare a nome della struttura sanitaria con un lungo post pubblicato sul suo profilo Facebook è Alessia Randazzo, la responsabile dell’area legale. «Le sue condizioni di salute sono scritte tutte nella cartella clinica: non c’è schema di terapia che possa condurre a guarigione». Ed è sulla base di questo che Randazzo, subito dopo, si rivolge direttamente al boss stragista che è stato latitante per trent’anni ma chiamandolo con il nome e cognome che aveva preso in prestito dal geometra di Campobello di Mazara.

«Al signor Andrea Bonafede avrei da dire una sola cosa: se, facendoti prestare una vita che non meriti, nel cammino della malattia ti fossi specchiato in ognuno dei tuoi errori, adesso parla. Fallo ora che sai che non manca molto al momento in cui quel bambino (Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido anche su ordine di Messina Denaro, ndr) e tutti gli altri te li ritroverai davanti». Intanto, da ieri anche il vero Andrea Bonafede è stato arrestato e portato in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. E proprio per la mattinata di domani, nel carcere Pagliarelli di Palermo dove è detenuto, è previsto l’interrogatorio di garanzia per il geometra definito «uomo d’onore riservato».

La responsabile legale prova poi a difendere la struttura sanitaria che si trova nel quartiere San Lorenzo di Palermo da «volgarità, insinuazioni e illazioni» che sono circolate dopo l’arresto dell’ormai ex superlatitante. «Ci sono persone che da oltre vent’anni escono di casa ogni mattina per servire e non per apparire e che con il loro lavoro hanno dimostrato concretamente che il miglior medico in Sicilia non è più l’aereo. Non è la prima, né sarà l’ultima volta che saremo chiamati a pagare un prezzo per i nostri sforzi, per quel peso quotidiano che ci opprime l’anima ma che abbiamo imparato a trasformare in abbraccio. Le spalle oramai si sono fatte larghe», conclude Randazzo.

Redazione

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