Ancora morti nel Canale di Sicilia

Ancora morti nel Canale di Sicilia sulla rotta dei migranti. Una strage senza fine e che non fa distinzione di sesso, età, etnia e religione. Ieri pomeriggio un gommone appena partito da un noto porto libico ha iniziato a perdere pressione nei tubolari. Da bordo è subito partita una richiesta di soccorso, tramite telefono satellitare, alla Guardia Costiera italiana che a sua volta ha richiesto l’immediato intervento dei mercantili in navigazione più vicini. Il tempo necessario per rilevare il punto, latitudine e longitudine esatta da cui è partita la chiamata, e di far avvicinare grossi e lenti mercantili è una enormità rispetto ai secondi che separano gli sventurati dalla morte. I gommoni messi in mare dai trafficanti libici sono degli assemblati “artigianali” della premiata industria “life for cash”. Tubolari incollati e messi in mare prima che il collante possa ben essiccare. Gommoni smisurati sottoposti a una pressione ben superiore al carico teoricamente tollerabile. Natanti precari, fluttuanti, su cui devono trovare posto, a volte, anche 120 persone.
Il punto nave indicato dalle autorità italiane si trovava ad appena 29 miglia dalla costa libica, ben 140 miglia da Lampedusa, che non è certo vicina all’Italia. Non è chiaro se le autorità libiche abbiano chiuso il telefono in faccia a quelle italiane, se abbiano ritenuto troppo lontano o impegnativo il soccorso o se abbiano in qualche modo partecipato all’operazione di salvataggio. Di fatto, la prima nave a giungere sul posto è stata la panamense Gaz United che ha avvistato prima 4 persone in mare, poi altre 16 e infine quel che restava del gommone (in foto).

Alle ricerche si univa anche la Gaz Sinergy, panamense anch’essa e della stessa compagnia di navigazione. Questa recuperava dal mare altri 2 superstiti. Sul posto, infine, anche una nave italiana, la Eleonora Lembo, e una maltese, la Komati. La sala operativa della Guardia Costiera italiana ha coordinato il trasbordo dei sopravvissuti sulla nave che avrebbe dovuto far rotta verso l’Italia e che probabilmente si avvicinerà a Lampedusa. Dall’isola più a sud d’Europa i guardacoste provvederanno a sbarcare i superstiti dell’ultima immane conosciuta tragedia in serata.
Le altre navi sono rimaste sul posto in cerca di altri possibili sopravvissuti e di eventuali corpi delle vittime. Cadaveri di cui non si ha ancora notizia ma che, secondo esperti della triste materia, potrebbero essere decine. Il carico minimo di questi gommoni infatti è raramente inferiore alle 70 persone e, come già detto, potrebbe arrivare anche a 120. Va da sé che ieri pomeriggio potrebbero aver perso la vita da 50 a 100 migranti, il cui nome e la cui provenienza è e potrebbe restare sconosciuta.

Nel primo semestre del 2013 si è a conoscenza di 40 migranti a cui è toccata la stessa drammatica fine, ma potrebbero essere infinitamente di più essendo svariati i casi in cui non è mai stato possibile accertare la sorte di interi barconi spariti nel Mare Mediterraneo. Dal 1988 al 2012, mediante censimento basato su informazioni certe, risultano aver perso la vita durante il “viaggio della speranza” 18.673 migranti. Un enorme cimitero sui fondali del mare che separa l’Africa dall’Europa. A metà strada tra i due continenti c’è Lampedusa con il suo piccolo centro di primo soccorso e accoglienza. Una struttura che allo stato attuale dispone di 350 posti e che nella realtà, oggi, ne sta ospitando qualcuno meno di mille, inclusi i 90 soccorsi all’alba di questa mattina. Un migliaio di migranti che rifiutano categoricamente di essere identificati e che pertanto non è possibile trasferire.

Insieme a Caronte, l’ondata di caldo record proveniente dal nord Africa, pare che a Lampedusa stia arrivando anche una seria ondata di problemi. Infatti, le centinaia di migranti che nei giorni scorsi hanno protestato, in modo pacifico ma irremovibile, nella piazza della chiesa di Lampedusa sono ancora sull’isola e allo stato attuale non è possibile escludere che ulteriori e più decise forme di protesta possano essere inscenate dagli ospiti di un centro stracolmo. Se ciò dovesse accadere, sulla maggiore delle Pelagie, i disordini, i seri problemi di ordine pubblico, potrebbero verificarsi non soltanto o non necessariamente per causa dei mille migranti. La misura, per gli isolani, pare essere già colma e la soglia di tolleranza nei confronti del responsabile degli Affari Interni, il loro compaesano Angelino Alfano, e della sua gestione della questione avrebbe già raggiunto il limite.


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