Anche i poliziotti in piazza: a rischio la sicurezza dei cittadini

LE SCELTE DEL GOVERNO PENALIZZANO IL COMPARTO SICUREZZA: LO SCOLLAMENTO DELLA CATEGORIA CON IL MINISTERO DI RIFERIMENTO

 

Non è confortante sapere che le forze dell’ordine sono costrette a scendere in piazza per protestare e rivendicare i propri diritti, ritrovandosi così per una volta dall’altra parte della barricata, in un Paese martoriato dalla crisi del lavoro e in cui il tema della sicurezza riveste sempre più un ruolo centrale, soprattutto alla luce degli eventi di cronaca che riguardano sia i reati comuni, sia quelli riconducibili alla criminalità organizzata e infine quelli che per la gravissima efferatezza producono un rilevante allarme sociale. Non è per niente confortante perché è come se si aprisse una falla in quel sistema che lo Stato democratico è chiamato a garantire e in cui rientra il principio fondamentale della tutela e della serenità dei propri cittadini. “Investire” sulla sicurezza, appunto. Un concetto che sembra non essere recepito da una classe politica, nella sua totalità, completamente sorda dinanzi al grido di allarme di un’intera categoria che -unita attraverso le sigle sindacali che la rappresentano- ha reso pubblico il proprio malessere con una manifestazione che all’inizio di questo “caldo” inverno ha interessato contemporaneamente i poliziotti di tutte le città italiane.

Un fermo no principalmente alla legge di stabilità, la manovra di finanza pubblica che rappresenta lo strumento di attuazione degli obiettivi programmatici del Governo, in discussione al Parlamento, che ancora una volta penalizza l’intero settore attraverso drastici tagli oltre che il mancato sblocco del tetto salariale (un provvedimento prorogato per il quarto anno consecutivo!). E ancora: il blocco del turn over in una polizia dove l’età media va innalzandosi sempre più, la riduzione delle risorse per il pagamento degli straordinari, il blocco degli assegni di funzione legati all’anzianità di servizio, l’abrogazione dell’articolo 202 dello statuto degli impiegati civili dello Stato, con l’introduzione della norma che prevede la possibilità di diminuire gli stipendi, provvedimento drastico adottato recentemente in paesi europei coinvolti in un processo di default economico.

Al di là dei motivi concreti della protesta, c’è un aspetto meritevole di breve ma profonda analisi: lo scollamento tra la categoria e il suo Ministero di riferimento. Non era mai capitato che il dialogo si interrompesse in maniera così drastica: le posizioni appaiono così diametralmente opposte che le sigle sindacali sono addirittura arrivate a preannunciare l’eventuale richiesta di dimissioni dell’attuale ministro Angelino Alfano qualora la legge di stabilità dovesse essere approvata così com’è. Tra l’altro, la tensione che intercorre tra operatori del settore, governo e classe politica, con i primi che accusano i secondi di scarsa attenzione, non può che far aumentare la preoccupazione del cittadino sulle deficienze di un servizio delicato e di primaria importanza come quello della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Occorre un’immediata inversione di tendenza, con una classe politica che anziché abusare del tema della sicurezza per i propri slogan elettorali, sia in grado di comprendere che dalla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica passa la crescita sociale, culturale ed economica di un’intera nazione.

P.S. Un appunto sulla manifestazione dei sindacati di Polizia tenutasi a Palermo. Proprio il giorno prima migliaia di cittadini erano scesi in piazza per offrire il proprio sostegno ai magistrati impegnati in prima linea nella lotta alla mafia. Pochi, forse pochissimi, invece quelli l’indomani accanto ai poliziotti che protestavano per gli ulteriori tagli del Governo che rendono ancora più complicato l’impegno contro la criminalità comune e organizzata. Una drammatica contraddizione da parte di quella fetta di società civile palermitana individuabile nell’attivismo antimafia.

FRANCO CASCIO


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