Al momento della sua approvazione, il 29 aprile del 2014, fu definita rivoluzionaria. Due anni dopo della legge «per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto» rimane solo il flop. La norma prevedeva, in 17 articoli, di giungere persino all’eliminazione di ogni fattore di rischio indotto dal minerale riconosciuto cancerogeno dal 1992. In occasione della Giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro, la Cgil Sicilia ne ha invece sancito il fallimento.
«Una legge tanto ambiziosa quanto velleitaria – ha detto Monica Genovese, della segreteria regionale del sindacato – tantochè siamo ancora all’anno zero, e in queste condizioni le morti da esposizione all’amianto potrebbero anche aumentare». Entro aprile doveva essere realizzata la mappatura e il censimento della presenza di amianto nel territorio regionale. «Invece il 95 per cento dei Comuni è fuorilegge, nel senso che non ha fornito alcun dato», denuncia a Meridionews il promotore della norma, il deputato all’Ars Pippo Gianni. In questo modo la totale rimozione di ogni manufatto in cemento amianto, noto come eternit, dal territorio regionale, prevista per l’aprile 2017, diventa un’utopia. Anche per via della struttura della norma in questione. «Credo che sia la prima legge contingentata nei tempi – afferma Gianni -. Dettava cioè scadenze certe da rispettare. Né i sindaci né i direttori delle Asp né, più in generale, gli enti regionali hanno messo in attuazione ciò che dovevano. Allora o la politica torna a fare quel che deve, oppure possiamo tornare a casa».
Delle «iniziative volte alla costante prevenzione primaria e secondaria ed al risanamento ambientale» ne sono state perciò eseguite ben poche. Era previsto ad esempio un registro pubblico dei siti, degli edifici, degli impianti e dei mezzi di trasporto con presenza certa o conclamata contaminazione da amianto. Nonché un registro dei lavoratori esposti, che ad oggi registra invece solo mostruosi ritardi. Col risultato che c’è chi muore nell’attesa di essere censito. Era previsto anche un impianto regionale di trasformazione dell’amianto in sostanza inerte, da realizzare in maniera prioritaria in una delle aree a rischio ambientale della Sicilia. L’ospedale Muscatello di Augusta doveva a sua volta diventare il centro di riferimento regionale per la cura e la diagnosi, anche precoce, delle patologie derivanti dall’amianto. Anche questo obiettivo, che si sarebbe dovuto raggiungere entro due anni dalla data di entrata in vigore, non è stato centrato.
Per la Cgil in questo caso la responsabilità è da individuare nel mancato aumento del budget per la struttura. In risposta il sindacato chiede un «intervento disseminato sul territorio. Una legge da correggere subito definendo in maniera credibile i tempi e usando appropriatamente le risorse dei fondi strutturali». Le critiche della Cgil si rivolgono soprattutto all’esiguità delle risorse previste. Secondo Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, solo coi finanziamenti europei si può «rendere operativa una normativa formalmente ambiziosa che si è però rivelata tutto fumo e niente arrosto».
A queste obiezioni Gianni sbotta, come se le avesse sentite troppe volte. «I soldi ci sono sempre, è il sonno che genera mostri – dice -. Prevenire le malattie derivanti dall’amianto ha un valore inestimabile, non solo dal punto di vista umano ma anche economico. Quanto costa un ricovero? Quanto la terapia di un tumore? La mappatura e la rimozione dell’amianto – continua il deputato che è anche medico – possono portare migliaia di posti di lavoro: penso al monitoraggio, all’edilizia, alla sanità». Da dove vengono allora gli ostacoli? Gianni se la prende principalmente con i propri colleghi. «È certo che per i politici è meglio dedicarsi ad una sagra della ricotta che a obiettivi così alti. Perchè leggi del genere non portano risultati elettorali immediati».
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