Il vento, il boato e il crollo, i corpi sepolti sotto le macerie del Collegio di Maria. Dopo 60 anni Il ricordo di chi non ce l'ha fatta non svanisce. La testimonianza di chi c'era: Quando venni salvata provai una sensazione liberatoria. Ho ancora paura del buio. Il giorno di Santa Lucia è il giorno della mia rinascita, il mio nuovo compleanno»
Altofonte, sotto le macerie dell’asilo 10 vittime Parlano i sopravvissuti alla strage dei bambini
Era 13 dicembre 1957, era il giorno di Santa Lucia, per questo la maggior parte dei bambini era rimasta a casa. Altri erano andati a scuola, come ogni giorno. Ad Altofonte, piccolo paese sui monti attorno a Palermo, quella mattina tirava un vento impetuoso. Erano le 9.15, i bambini entrarono alla spicciolata dentro al salone del Collegio di Maria, ad accoglierli c’era suor Giovanna. Un crepitio, il boato improvviso. Poi il silenzio. Il vento aveva provocato il cedimento del tetto. Poi le urla dei soccorritori, le loro mani che scavavano tra le pietre, la corsa contro il tempo per salvare quante più vite possibili. La suora, una mamma e otto bambini dai 3 ai 12 anni morirono schiacciati dalle macerie. Oggi, trascorsi 60 anni dalla sciagura che colpì la piccola comunità altofontina, Giovanna, Domenica, Mario e Giuseppe, sopravvissuti al crollo, hanno messo alla prova la propria mente in cui nitidi sono rimasti i ricordi di quella mattina di vento. Al racconto dei quattro testimoni, nonostante la loro sofferenza dei ricordi, hanno assistito questa mattina anche i bambini della scuola Almaforte, nel corso di una cerimonia che si è tenuta nell’esatto luogo del crollo, stessa data e stessa ora.
Giovanna Lo Nigro, sopravvissuta al crollo si sente una miracolata da Dio, aveva solo 4 anni nel 1957 ma il suo ricordo è ancora vivo e limpido. La donna ricorda perfettamente che il vento soffiava già a notte fonda, «il vento di quel giorno era molto simile a quello dei giorni scorsi – racconta – mi accompagnò mio padre a scuola. La suora cercò di metterci sotto al suo manto, poi sentii il boato e vidi la polvere che ci avvolgeva». Giovanna oggi è una catechista, sente il dovere di ringraziare colui che reputa l’abbia voluta salvare. «Potevo morire anch’io, il mio nome poteva essere in quella lapide». Anche Domenica Marino, estratta viva dalle macerie, racconta con febbrile concitazione il momento del crollo. «Avevo tre anni, fui salvata da mio padre che urlò il mio nome e io risposi». Domenica mentre racconta stringe in mano una bambola che le venne donata dai vigili del fuoco. «Quando venni salvata provai una sensazione liberatoria – rivela al pubblico attento -. Oggi ho ancora paura del buio. Il giorno di Santa Lucia è il giorno della mia rinascita, il mio nuovo compleanno».
Mario aveva 4 anni ed è commosso mentre ricorda quella triste mattina. «La porta fu aperta con una grossa trave – ricorda -. Rimasi impassibile, non piansi, mi diedero dell’acqua. Mi ricordo ancora quel forte vento e oggi, quando sento il vento soffiare, mi torna in mente quel giorno, siedo sempre nelle prime sedie, anche al cinema, al teatro, oggi sono sempre pronto a fuggire». Giuseppe Sangiuseppe stava per compiere 6 anni e non riesce a dimenticare le lacrime versate al funerale dei propri compagni di scuola. «Ero all’ingresso, avevo alla mia sinistra suor Giuseppina e a destra una bambina – dice -. Sentii un boato immenso, tutto ad un tratto crollò il tetto. Mi trovai pieno di polvere, canneti, detriti».
Intanto ad Altofonte sta per nascere un comitato che avrà il compito di trasformare il Collegio di Maria da un luogo di morte a fonte di speranza, come hanno sottolineato Nino La Versa, parroco della parrocchia di Santa Maria e il sindaco di Altofonte Angelina De Luca. «È assurdo non valorizzare – ha dichiarato invece, il funzionario del Corpo Forestale Gaetano Guarino, ospite della cerimonia – un bene inestimabile dal punto di vista storico, non si deve essere sordi ai bisogni della gente. Si educhi la gente alla bellezza».