Il Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, ha messo nero su bianco diverse criticità sul trasferimento degli anziani nel nosocomio «senza che ancora fosse stato formato il personale», spiegano i rappresentanti sindacali
All’ospedale di Acireale «infermieri dati in pasto ai leoni» Denuncia dopo il focolaio nella casa di riposo di Mirabella
«Infermieri e personale di supporto dati in pasto ai leoni». Sono parole forti quelle usate dai rappresentati del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, per denunciare quanto accaduto lunedì all’ospedale Santa Marta e Santa Venera di Acireale. Quando nella struttura sanitaria – appena 24 ore prima trasformata, tra le polemiche, in centro Covid – sono arrivate una decina di ambulanze con a bordo alcuni degli anziani della casa di riposto Maria Santissima delle Grazie risultati positivi al nuovo coronavirus. Stando a quanto denunciato dai sindacalisti, il tutto sarebbe avvenuto «senza che ancora il personale fosse stato adeguatamente formato e addestrato».
A sollevare la questione, è stata anche la Federazione italiana autonomie locali e sanità. «Le bacchette magiche non esistono e quindi è impossibile attrezzare in un giorno un ospedale per accogliere pazienti che hanno contratto il coronavirus. Infatti – lamenta a MeridioNews la segreteria provinciale della Fials di Catania Agata Consoli – la trasformazione del nosocomio acese in ospedale Covid non è ancora avvenuta». Per questo resta da capire «chi ha dato l’autorizzazione al trasferimento delle ambulanze dalla Rsa di Mirabella Imbaccari, visto che l’ospedale non è ancora attrezzato: non c’è un percorso alternativo per i pazienti positivi – denuncia Consoli – il personale sanitario non è stato preavvisato e preparato agli accessi e all’assistenza dei pazienti positivi e – aggiunge – c’era anche carenza di dispositivi di sicurezza». Quello che denuncia la Fials, più in generale, è una mancanza di programmazione sanitaria. «Non sono situazioni che si possono improvvisare dal giorno alla notte perché – conclude la segretaria provinciale – altrimenti si rischia di mandare al massacro gli operatori sanitari».
Intanto, il focolaio all’interno della casa di riposo ha già provocato la morte di tre anziani: la prima vittima sarebbe deceduta all’interno della struttura ancora prima dell’arrivo dei medici inviati dell’Asp; una signora di 95 anni è invece morta appena è arrivata al Pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro di Catania, mentre un uomo di 73 anni nel nosocomio di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). «Uno dei momenti più terribili della storia del nostro paese», aveva commentato il sindaco di Mirabella Imbaccari Giovanni Ferro di fronte alle immagini della lunga fila di 26 ambulanze incolonnate per trasferire gli ospiti della Rsa negli ospedali Covid della provincia di Catania.
Il primo cittadino di Mirabella Imbaccari, nei giorni scorsi, ha anche firmato quattro ordinanze per contenere il rischio di diffusione del virus: scuole chiuse (fino a oggi) per la sanificazione dei locali; chiusi anche il cimitero e il mercato. È stata pure disposta la sanificazione di tutto il centro abitato. Una delle misure riguarda il divieto di assembramento a un numero superiore a tre persone (fatta eccezione per l’ingresso delle attività commerciali, dove resta in vigore il rispetto del metro di distanza); vietati banchetti e feste private; sospesi anche i cortei funebri. Inoltre, tutti i non residenti che provengono da altre Regioni o nazioni dovranno comunicare l’arrivo al comando di polizia municipale almeno 48 ore prima e dovranno poi osservare un periodo di quarantena obbligatoria di dieci giorni, alla fine dei quali sarà necessario effettuare un test antigenico o molecolare. «Abbiamo raccomandato ai cittadini – conclude il sindaco Ferro – di uscire di casa e spostarsi solo per comprovate necessità e abbiamo chiesto alla Regione di indicarci ulteriori misure necessarie per contenere il coronavirus».