Alla ricerca del ricercatore…in trasferta. Pregi e difetti di un lavoro (precario)

Dopo la recente tempesta (o breve acquazzone?) della mobilitazione dei ricercatori precari, arriva la meritata, breve – e passeggera – quiete estiva. Le tanto sospirate vacanze sono ormai alle porte, anche per chi in vacanza continua a lavorare. Cosa fa ad esempio un ricercatore quando arriva la bella stagione? Nel loro caso spesso si va all’estero a fare ricerca nell’unico periodo libero da febbrili impegni accademici. Conclusa la calda sessione estiva di esami, si chiudono libri e registri, subito pronti a prendere il volo (last minute forse!) e cogliere l’occasione per raggiungere località in cui poter approfondire il proprio lavoro, per poi ripartire a settembre come tutti.

Questa è solo una delle verità rivelate da Adriano Elia, ex ricercatore e docente di lingua inglese presso la nostra facoltà di lingue e attuale ricercatore in una delle università di Roma. In vista delle imminenti settimane di ferie, abbiamo pensato di farci raccontare brevemente da lui la sua vita professionale.

Quale è stato il suo iter professionale in ambito accademico e come ha mosso i suoi primi passi dopo la laurea?
Mi sono laureato in Lingue all’Orientale di Napoli e ho iniziato subito a collaborare con la Cattedra di Letteratura Inglese. Nel 1998 ho vinto la borsa di Dottorato di Ricerca in Studi Inglesi e Angloamericani presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Catania. Durante il triennio ho trascorso circa 2 anni a Londra per la stesura della tesi. A Londra ho avuto inoltre occasione di lavorare come traduttore per la ABC (Australian Broadcasting Corporation) e come subtitler di DVD per la ECI (European Captioning Institute), esperienze molto importanti. Dopo il dottorato ho iniziato ad insegnare Lingua Inglese come contrattista a Catania e all’Orientale.

Come si svolge il lavoro di chi fa ricerca, ovvero chi è e cosa fa concretamente un ricercatore?
Il ricercatore per definizione dovrebbe fare ricerca e non didattica, ma quasi sempre accade l’opposto. Le lezioni (e la loro preparazione), le innumerevoli riunioni e le interminabili sessioni di esame lasciano pochissimo tempo per la ricerca. Da vari anni trascorro le mie vacanze estive a Londra proprio per cercare di colmare questa lacuna.

In generale quali sono i vantaggi e gli svantaggi del suo lavoro?
Il lavoro è senza dubbio molto gratificante, è bello osservare i volti soddisfatti degli studenti dopo una lezione particolarmente brillante. Il principale svantaggio è quello economico, il nostro stipendio è molto basso. 

Lei quante ore lavora al giorno e quanto guadagna all’incirca al mese?
Impossibile quantificare in ore il lavoro giornaliero. Ci sono periodi in cui a stento si riesce a trovare il tempo per dormire, e altri più tranquilli che ci permettono di dedicare un po’ di tempo a noi stessi. Come dicevo prima, lo stipendio è molto basso, guadagniamo meno di un insegnante delle elementari.

Per quale università collabora adesso nella capitale? Come vive il confronto dell’esperienza di ieri e di oggi, tra Catania e Roma?
A Roma lavoro come ricercatore presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’ Università Roma 3. A Catania ho lavorato a Lingue, con problematiche diverse per la didattica. A Roma stiamo cercando di funzionalizzare la didattica alle particolari esigenze dei nostri studenti. Sono ritornato allo studio della letteratura, e attualmente mi sto occupando di scrittori come Greene e Kureishi, le cui opere forniscono indizi e stimoli per un discorso ‘politico’ e ‘culturale’, un must nella nostra facoltà.

Come si sta svolgendo e come è vissuta la mobilitazione a Roma? C’è adesione e appoggio da parte degli studenti o partecipazione più o meno collettiva?
Con i colleghi ricercatori romani abbiamo cercato di avviare una protesta, ma soprattutto nella nostra Facoltà siamo in numero molto limitato rispetto ai colleghi associati e ordinari, quindi abbiamo riscontrato difficoltà a far sentire la nostra voce. E anche qui a Roma non è che ci sia stata una grande partecipazione degli studenti alla nostra protesta.

Considerando la situazione negativa in cui versa l’università oggi e i problemi che gravano sulla vostra categoria, nel caso in cui la situazione peggiori, lei cosa farà? Correrebbe il rischio di indirizzarsi verso una professione nuova e “alternativa” rispetto a quella attuale? Sappiamo della sua passione per la musica…
Ho cercato nuovi stimoli facendo altri lavori, ma il tempo libero che rimarrebbe a disposizione sarebbe troppo limitato. Credo comunque di continuare con questo lavoro, nonostante tutti i problemi, perché mi piace e mi dà tanti stimoli. Per quanto riguarda la mia passione per la musica, preferisco che rimanga tale – troppi compromessi per chi trasforma una passione ‘artistica’ in lavoro. E in ogni caso le possibilità che i TÖRST possano raggiungere il successo commerciale sono nulle.

Cosa consiglia di fare agli studenti laureandi e neolaureati che hanno intenzione di intraprendere questa carriera?
Il consiglio più ovvio e razionale sarebbe di stare alla larga da questa ‘carriera’. Se si sente davvero una forte vocazione, il consiglio è quello di insistere sempre senza lasciarsi abbattere da eventuali iniziali riscontri negativi.

Valeria Arlotta

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