Se negli ultimi giorni i grandi spot per le misure contenute dentro la Finanziaria 2024, tra parlamentari di maggioranza e membri del governo regionale, non hanno fatto altro che promuovere a destra e a manca gli interventi nel documento contabile della Regione come fossero già stati approvati, dalle parti di Renato Schifani l’imperativo invece sembra essere un altro: dimostrare a tutti che i tempi sono cambiati e adesso la Finanziaria si approva ben prima della scadenza, prevista per il 31 dicembre. «Potrà andare al voto già a novembre», si diceva qualche settimana fa. Poi le normali lungaggini e soprattutto i vari incartamenti autolesionisti della maggioranza, che ha dato spettacolo nell’approvazione del Collegato Ter e nel Bilancio consolidato, hanno trasformato la sicumera delle dichiarazioni trionfalistiche in un più pacato «ce la faremo».
E sarebbe certo una prova di forza importante, che segnerebbe soprattutto la vera rottura con l’amministrazione con cui si professa da tempo continuità, quella di Nello Musumeci. Capace di inanellare cinque esercizi provvisori in altrettanti anni. Ecco, proprio l’esercizio provvisorio, che significherebbe il fallimento nell’approvazione entro i termini previsti del documento contabile e di conseguenza la Regione che dovrebbe andare avanti – in soldoni – sulla scorta di quanto previsto nella precedente Finanziaria, è il vero spauracchio di Renato Schifani. Più delle bizze tra Lega e Fratelli d’Italia o dei mal di pancia di Totò Cuffaro. Ma per la stabilità della coalizione sarebbe un grosso guaio se uno di questi problemi, che pure sussistono, dovesse andare a intaccare la possibilità di portare a casa il risultato, con la relativa corsa ad accampare scuse sull’impossibilità di chiudere i conti o a dare colpe a un’opposizione che, in verità, ha dato prova di essere pure piuttosto facile da accontentare: fino a ora sono bastate poche piccole concessioni per risvegliare il «senso di responsabilità» della minoranza.
Eppure, quest’aria di corsa contro il tempo non si percepisce affatto. Basta guardare il calendario dei lavori parlamentari, che prevede per oggi – quello che dovrebbe essere il primo giorno della settimana della Finanziaria – la riunione della commissione Bilancio, dove la legge di stabilità sta attualmente sostando e poi la prima seduta dell’Assemblea venerdì 15. Segno che si prevede che la discussione in commissione si possa protrarre per le lunghe. Lunghissime. Tant’è che nell’ordine del giorno della seduta di venerdì c’è solo un punto: Comunicazioni. Basteranno ai nostri eroi 15 giorni – che diventano di meno al netto dei festivi, che saranno molto probabilmente esclusi – ad approvare un documento che, oltre alle misure sbandierate (dagli incentivi per fare tornare i cervelli in fuga ai contributi per aziende e comparto agricolo, passando per lo straccia bollo auto e per i fondi per Agrigento Capitale della cultura), contiene anche diversi punti passibili di controversia?
L’articolo che potrebbe unire gli intenti di tutti è paradossalmente quello dei 40 che, in potenza, si potrebbe prestare più alle critiche: quello che comprende la lista degli «aiuti» ai Comuni e alle associazioni. Una lista lunga 20 (venti!) pagine, stracolme di «iniziative finalizzate alla promozione dello sviluppo economico, turistico e culturale del territorio», ma anche, in molti casi più specifici, di «iniziative finalizzate alla promozione dello sviluppo economico, turistico e culturale del territorio durante il periodo natalizio» o, andando ancora più nello specifico, per «sagra del torrone», «Magico Natale», «Natale a Borgetto». Un grande calderone in cui figurano anche buone azioni come 20mila euro per mantenere in vita TeleJato o 200mila per sistemare le strade di Monreale. Aiuti che dovranno accontentare tutti i deputati, oltre che gli enti, per potere superare l’impasse di una Finanziaria la cui approvazione si protrae per le lunghe e il rischio del sesto esercizio provvisorio di fila. E poi potere tornare tranquillamente a litigare per i manager della Sanità – scadenza 31 gennaio -.
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