L’iniziativa è provocatoria, il problema, invece, assolutamente reale, per quanto in fase di risoluzione. Agrigento, viale delle Dune, asse centrale della zona balneare della città dei Templi. Qui, così come recita la toponomastica, il vento e le correnti creano delle alte montagne di sabbia che però, a causa del progressivo venir meno della vegetazione, con il proseguire degli anni è arrivata sul limitare della carreggiata.
A cambiare, in tutti questo tempo, è stato solo l’aspetto della strada, all’interno della quale è stata ricavata una pista ciclabile che, sprovvista di barriere di qualunque tipo, è periodicamente invasa dalla sabbia. Così, ieri mattina, l’associazione ambientalista Mareamico ha dato vita ad una provocazione, ponendo sopra una delle dune più alte due sedie in plastica e un ombrellone. «È solo un modo per portare l’attenzione su un tema molto serio, che riguarda la sicurezza pubblica – hanno spiegato -. Speriamo che questo possa consentire agli organi competenti di fare la loro parte per il ripristino della normalità anche in quella parte del territorio cittadino».
Del resto le collinette sabbia sono presenti ormai da mesi, e il Comune non ha, fino ad oggi, mai provveduto a ripristinare il tutto, nonostante le difficoltà e i pericoli con i quali erano costretti a cimentarsi ciclisti, pedoni e automobilisti. «Ci sono diversi ordini di problemi – spiega l’assessore comunale Franco Micciché -. Il primo è connesso alla proprietà della spiaggia, che è del demanio della Regione siciliana. Spetterebbe quindi a loro provvedere a ripristinare i luoghi, anche in considerazione dell’alto costo degli interventi».
Sì, perché per eliminare la sabbia finita su una carreggiata non basta semplicemente spalarla via: va trattata come rifiuto speciale. «Per risolvere la questione – continua Micciché – ci confrontiamo da almeno un anno con la Regione, e, alla fine, abbiamo deciso di farci carico degli interventi per ripristinare le condizioni di transitabilità. A questo faremo seguito con la posa di barriere in legno quantomeno per rallentare l’avanzata delle dune. Altro non possiamo fare».
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