Arrestato sabato con l'accusa di estorsione nei confronti della collega Francesca Picone, questo pomeriggio, ha lasciato il carcere di contrada Petrusa, per ritornare a casa. Il gip ha accolto la richiesta dei suoi difensori, che continuano a ribadire che i soldi facevano parte di una transazione tra i due professionisti
Agrigento, disposti gli arresti domiciliari per Arnone Legali: «Non ha chiesto soldi per sé ma per i clienti»
Poco dopo le 14, l’avvocato Giuseppe Arnone ha lasciato il carcere di contrada Petrusa, ad Agrigento, dove si trovava rinchiuso dal primo pomeriggio di sabato, quando gli agenti della squadra mobile lo hanno arrestato con l’accusa di estorsione nei confronti della collega Francesca Picone. Il gip Francesco Provenzano ha convalidato la richiesta di custodia cautelare, fatta dai magistrati Carlo Cinque e Alessandro Macaluso, coordinati dal procuratore capo Luigi Patronaggio, e ha concesso gli arresti domiciliari al legale che in passato è stato il leader degli ambientalisti.
Per gli inquirenti, l’avvocato avrebbe chiesto alla collega 50mila euro «per non alzare clamore mediatico su una pregressa vicenda giudiziaria che vede imputata la Picone per irregolarità nei confronti di alcuni suoi clienti successivamente assistiti proprio da Arnone». Di parere opposto sono i difensori di Arnone, gli avvocati Arnaldo Faro e Carmelita Danile. Secondo questi ultimi, «la minaccia estorsiva individuata nella pressione mediatica esercitata o esercitabile dall’avvocato Arnone è smentita dalla corrispondenza per Pec intercorsa tra le parti. È certo – aggiungono i legali – che Arnone si determinò a incontrare la Picone esclusivamente per fini di natura professionale, nell’interesse della propria cliente». L’ex leader degli ambientalisti, dunque,«chiedeva non per sé ma per altri».
Arnone, che nel ’93 fu vicinissimo a diventare sindaco (arrivò secondo dietro a Calogero Sodano per una manciata di voti), e successivamente ha fatto anche il consigliere comunale, martedì mattina per ben quattro ore ha risposto alle domande dichiarandosi innocente. Ha ribadito che i due assegni per complessivi 14mila euro che gli sono stati trovati in tasca erano soltanto il frutto della transazione con l’avvocato Picone. Tesi ribadita dai suoi legali, ma alla quale non credono i magistrati.
L’avvocato dovrà rimanere ai domiciliari, con il divieto categorico di avere contatti con l’esterno, fino al 22 novembre. Quel giorno, infatti, davanti al gip Stefano Zammuto si terrà l’udienza a carico di Francesca Picone, coinvolta in un altro procedimento penale.