La decisione del presidente di Confindustria Sicilia arriva a quattro giorni di distanza dalle indiscrezioni su un'indagine per mafia a suo carico che sarebbe stata avviata dalla Procura di Caltanissetta. «Le persone che vedo citate negli articoli sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta»
Agenzia beni confiscati, Montante si autosospende «Da anni in trincea al fianco delle istituzioni»
«È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati». Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, decide il passo indietro dopo le indiscrezioni, pubblicate nei giorni scorsi da Repubblica, di un indagine per mafia a suo carico alla Procura di Caltanissetta, accusato da cinque pentiti.
Il mese scorso il presidente del Consiglio Matteo Renzi, su proposta del ministero degli Interni, aveva nominato Montante come consigliere dell’Agenzia dei beni confiscati. Nei giorni scorsi il deputato catanese Claudio Fava, vicepresidente della commissione regionale Antimafia, aveva invitato il presidente di Confindustria Sicilia a fare «un passo indietro per tutelare se stesso e per garantire la necessaria limpidezza con cui deve agire l’Agenzia». Il direttore, Umberto Postiglione, aveva invece sottolineato che si trattava di una decisione che riguardava solo lo stesso Montante. «Dipende da una sua sensibile valutazione», aveva precisato.
Nell’annunciare la scelta di autosospendersi, Montante si è difeso lungamente. «Ancora prima di accettare l’incarico – aggiunge Montante – pensando di offrire il contributo della mia esperienza di imprenditore al fine di mettere a reddito i beni confiscati e farli diventare non più solo un costo per lo Stato ma una risorsa e una opportunità per comunità, cooperative, lavoratori e piccole imprese, ho fatto tutti i possibili passaggi istituzionali, consapevole della delicatezza del ruolo e dei contraccolpi che la mia visione di mercato avrebbe certamente suscitato».
L’industriale ha quindi ricordato il cambiamento portato avanti in Confindustria Sicilia. «Mai avrei pensato di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale».
«Anni – ha continuato – durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata. Un cambio di passo rivoluzionario, portato avanti con l’obiettivo di tracciare una linea netta di demarcazione con il passato in un territorio da sempre soggetto a forti condizionamenti mafiosi, prima del quale all’interno dell’Associazione accanto alla gente perbene era possibile trovare anche l’imprenditore colluso o addirittura associato a Cosa nostra».
L’industriale ha infine fatto riferimento a chi lo accusa. «Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. E lo abbiamo fatto – ha concluso – sempre al fianco d’investigatori, magistrati e funzionari dello Stato».
Antonello Montante, 52 anni, originario di Serradifalco (provincia di Caltanissetta), è titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso. Insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, l’imprenditore è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta antiracket di Confindustria. E’ anche delegato per la legalità di Confindustria e presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta. Su di lui, secondo le notizie riportate da Repubblica, sarebbe aperta un’altra indagine alla Procura di Catania, a seguito di una denuncia nei suoi confronti.