In una situazione del genere nemmeno il ciclista del momento, Tadej Pogačar, riuscirebbe a cambiare le carte in tavola di una corsa con un finale che sembra già scritto. Il traguardo degli obiettivi targati Agenda europea 2030 sembrano davvero lontani per l’Italia e, nel nostro caso, per la Sicilia. A fronte di qualche piccolo passo […]
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Agenda europea 2030, per la Sicilia pochi progressi e obiettivi sempre più lontani. Il rapporto che boccia l’Isola
In una situazione del genere nemmeno il ciclista del momento, Tadej Pogačar, riuscirebbe a cambiare le carte in tavola di una corsa con un finale che sembra già scritto. Il traguardo degli obiettivi targati Agenda europea 2030 sembrano davvero lontani per l’Italia e, nel nostro caso, per la Sicilia. A fronte di qualche piccolo passo avanti, infatti, bisogna fare i conti con sonore bocciature e situazioni di stallo. La fotografia è quella contenuta nel rapporto Alle radici della sostenibilità, i territori e gli obiettivi di sviluppo sostenibile, presentato ieri dall’Alleanza italiana sullo sviluppo sostenibile (Asvis).
Lo studio si basa sull’uso di indicatori statistici che raccolgono e analizzano il posizionamento dell’Italia, delle sue regioni, di province autonome e delle città metropolitane rispetto ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda europea 2030, ossia il programma firmato a settembre 2015 dai rappresentanti dei governi dei 193 Paesi che fanno parte dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu). I 17 obiettivi rimandano a tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, sociale ed ecologica. Ogni Stato ha fissato la propria strategia, che annualmente viene monitorata dall’Onu. E la situazione delle Regioni che viene tratteggiata nel rapporto non è delle migliori. In generale la situazione su povertà, acqua e vita sulla terra peggiora in quasi tutti i territori, oltre a emergere la nota disuguaglianza tra Nord e Sud. Nell’ambito delle città metropolitane, riguardo gli obiettivi quantitativi, le situazioni peggiori si rilevano a Catania, Torino, Roma, Reggio Calabria, Venezia, Napoli e Palermo.
In Sicilia un solo obiettivo presenta un forte miglioramento ed è quello sul consumo e sulla produzione responsabile, che comunque rimane con un valore inferiore rispetto alla media italiana. Stabile la situazione sul fronte di altri otto obiettivi: povertà, salute, istruzione, lavoro e crescita economica, impresa, diseguaglianze e città, comunità. Un peggioramento viene rilevato invece sul fronte dell’agricoltura e dell’alimentazione, parità di genere, acqua, vita sulla terra, giustizia e istituzioni. Ma cos’è che determina questi risultati? Il miglioramento su consumo e produzione responsabile, secondo il rapporto, è dovuto all’aumento della raccolta differenziata dei rifiuti urbani (+42,1 per cento) e il calo della produzione degli stessi (-58,7 chilogrammi per abitante). Il tutto nel periodo compreso tra il 2010 e il 2022.
La stabilità riguardo l’obiettivo Salute deve essere invece analizzata su due fronti. In Sicilia si registra un più 51 per cento per quanto riguarda l’indice di vecchiaia e una leggera flessione (-0,4 per cento) del numero di medici di Medicina generale. Aumentano però infermieri e ostetrici e si è ridotta la possibilità di morire per malattie non trasmissibili. Secondo il rapporto, in Sicilia è diminuita l’uscita precoce dal sistema d’istruzione (-4,9 per cento). La percentuale totale, tuttavia, è del 17,1 per cento, mentre l’obiettivo da raggiungere resta sotto la quota del 9 per cento. Le noti dolenti – e anche queste non sono una novità – riguardano l’acqua e l’approvvigionamento idrico. Il rapporto sottolinea l’aumento delle irregolarità nella distribuzione e la dispersione idrica, che tra il 2012 e il 2022 è aumentata del 6 per cento. Peggioramenti anche nel rapporto tra i tassi di occupazione delle donne con o senza figli (-2,5 per cento tra il 2018 e il 2023). Male anche il dato sulla quota dei laureati: entro il 2030 bisognerebbe raggiungere il 45 per cento, ma l’Italia è al 30,6 per cento, la Sicilia al 21,8 per cento.
Andando ancora più nello specifico il rapporto analizza anche la situazione delle città metropolitane. Palermo e Catania, per esempio, registrano una situazione simile. Per entrambe il 14 per cento degli obiettivi analizzati è raggiunto o raggiungibile, mentre circa l’80 per cento degli obiettivi hanno miglioramenti insufficienti o si stanno allontanando dai traguardi fissati. A Palermo la strada è in salita per dispersione delle reti idriche, trasporto pubblico, superamenti dei limiti di pm10 (particelle inquinanti presenti nell’aria che respiriamo, ndr) e sovraffollamento degli istituti di pena. Insufficienti i risultati per feriti in incidenti stradali, consumo del suolo e produzione di rifiuti urbani. Note positive per la copertura della rete ultraveloce e per i servizi educativi dell’infanzia. Anche Catania si distingue, in positivo, per la copertura della rete ultraveloce, ma deve fare i conti con una lunga lista di obiettivi che si allontanano: gap occupazionale di genere, produzione di rifiuti urbani, feriti per incidenti stradali, superamenti dei limiti di pm10, consumo di suolo e sovraffollamento degli istituti di pena.
Ultima città metropolitana da analizzare è Messina. Quest’ultima mette insieme cinque obiettivi raggiunti o raggiungibili: copertura della rete ultraveloce, produzione di rifiuti urbani, trasporto pubblico, popolazione esposta ad alluvioni e sovraffollamento negli istituti di pena. Un obiettivo segna progressi moderati – dispersione delle reti idriche – mentre sette sono quelli ancora insufficienti: servizi educativi per l’infanzia, laureati, gap occupazionale di genere, occupazione, Neet, feriti per incidenti stradali e consumo di suolo.
Il rapporto contiene pure alcune analisi sulle politiche riguardanti il governo del territorio, la rigenerazione urbana, la decarbonizzazione dei trasporti e il miglioramento della qualità dell’aria, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la prevenzione del dissesto idrogeologico. Particolare attenzione viene posta anche sulla gestione dei rischi naturali e antropici, come quelli derivanti dagli impianti industriali a rischio di incidente. Un copione, quest’ultimo, diventato di stretta attualità dopo l’incidente al deposito Eni di Calenzano, in Toscana, dove si sono registrate cinque vittime e 26 feriti. La maggior parte degli stabilimenti – in Italia sono in tutto 975 – si trovano al Nord, con la Lombardia che da sola ne conta 247. Alcune Regioni – come Campania e Sicilia – presentano comunque dei numeri elevati: rispettivamente 79 e 60.