Acqua pubblica: il Governo regionale si rimangia anche questa promessa?

Mentre aspettiamo l’esito dei lavori della IV Commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana sul disegno di legge governativo relativo alla ripubblicizzazione dell’Acqua in Sicilia (oggi è prevista la riunione di questa Commissione), proviamo a dare uno sguardo al testo elaborato dall’assessore per l’Energia e le Pubbliche utilità, Nicolò Marino.

Premesso che l’articolo uno del disegno di legge governativo – che, ricordiamolo, è stato presentato in alternativa al testo di iniziativa popolare proposto dal Forum dei movimenti per l’acqua e i beni comuni – contiene un ‘pistolotto’ di principi e finalità difficilmente opinabili, ma che, a partire dal successivo articolo, avvia la costruzione di un gigantesco apparato burocratico che sicuramente fa rimpiangere, e molto, l’esistenza dell’Ente acquedotti siciliani, oggi in liquidazione con la scusa di rappresentare un ‘carrozzone’, ma che in effetti nei primi cinquant’anni della sua esistenza era riuscito a realizzare l’intero impianto idrico isolano, dalle dighe e i relativi invasi alla rete idrica regionale, infrastrutture affidate dall’ex Governo regionale di Raffaele Lombardo, per una durata quarantennale, a Sicilacque spa.

Andiamo per gradi ed esaminiamo il progetto governativo attraverso l’esame degli articoli.

L’articolo due individua nel territorio siciliano il Distretto idrografico unico della Sicilia. E fin qui non cambia nulla rispetto a ciò che esiste da sempre, ma immediatamente dopo all’articolo tre istituisce, seppure in via provvisoria, il Comitato consultivo di coordinamento e di pianificazione per la Tutela del Distretto idrografico composto dal presidente della Regione e da ben otto assessori, in pratica, i due terzi del Governo regionale, nonché da quattro Sindaci, di cui uno scelto tra quelli dei Comuni con meno di diecimila abitanti. Lo scopo di tale Comitato è il coordinamento e la pianificazione per la tutela del distretto idrografico, la difesa del suolo, il risanamento dell’acqua, la gestione del patrimonio idrico e l’ecosistema unitario.

Per svolgere tali compiti il Comitato si avvarrà del supporto tecnico di dieci dirigenti generali di altrettanti dipartimenti e del direttore dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa). In totale, 24 unità tra governanti e funzionari di vertice della Regione.

Agli articoli quattro e cinque vengono definite sia l’Autorità regionale per la Regolarizzazione del Servizio Idrico Integrato, che ha lo scopo di programmare, pianificare, vigilare e controllare la gestione del servizio, sia le forme del suo funzionamento che avverrebbe mediante a) la Conferenza istituzionale, che sarebbe l’organo d’indirizzo e b) il Direttore, che sarebbe l’organo operativo.

Gli articoli 6 e 7 configurano l’organizzazione del Servizio idrico integrato, creando un altro strato di organi del complesso apparato di gestione: i sub ambiti territoriali, che potrebbero anche coincidere con i nuovi organi amministrativi territoriali quali i Consorzi dei comuni. In ogni ambito si costituirà l’Assemblea territoriale, senza personalità giuridica, la quale ha il compito di individuare gli interventi da effettuare sul territorio di competenza, nonché le priorità da inserire nel Piano d’ambito unico del servizio idrografico generale.

Il punto 2 dell’articolo 7, in particolare, così recita a proposito delle competenze gestionali: “Fermo restando quanto disposto ai commi 5 e 6 del successivo articolo 8 e dall’articolo 9, …”. Questa clausola di salvaguardia serve ad assicurare continuità gestionale del servizio idrico ai privati che in atto sono titolari degli affidamenti di tale servizio.

Il comma 5 reca la norma che affida all’autorità del Servizio idrografico integrato il più rapido allineamento delle attuali gestioni alle finalità e agli obiettivi della presente legge ed entro sei mesi provvedere e valutare la sussistenza dei presupposti per l’eventuale revoca dei precedenti affidamenti adottando i conseguenti provvedimenti. Il comma 6 affida all’Autorità di gestione del Servizio idrico integrato di avviare il processo di rinegoziazione delle convenzioni in essere sulla scorta di procedure ad evidenza pubblica. Il che lascia intendere che le precedenti convenzioni hanno osservato procedure “ad evidenza privata”.

Fin qui le norme di salvaguardia si limitano e revocare le concessioni alle società private frattanto fallite ed a negoziare nuove condizioni con le società private in atto attive.

L’articolo 9, infine, riserva particolare attenzione alla salvaguardia della convenzione di durata quarantennale con la Sicilacque spa, che – come già accennato – ha sostituito l’Eas nella gestione dell’apparato idrico siciliano perché ritenuto un ‘baraccone’. Che, a dire la verità, rispetto a quest’enorme apparato prefigurato dal disegno di legge del Governo Crocetta, appare una struttura snella ed efficientissima. E forse è proprio per questa ragione che è stato messo in liquidazione. (a sinistra, l’assessore regionale all’Energia, Nicolò marino: foto tratta da gazzettadelsud.it)

Vogliamo definire questo un progetto di pubblicizzazione del Servizio idrico come è stato voluto dai cittadini italiani, compresi quelli siciliani, dal referendum popolare del giugno del 2011? A noi non sembra proprio. Ad ogni modo, oggi, durante i lavori della quarta Commissione legislativa di Sala d’Ercole, l’assessore Marino dovrebbe chiarire i contorni di una vicenda che a noi appare molto discutibile. Perché il presidente Crocetta, nel programma che ha presentato agli elettori, ha promesso il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua e non il proseguimento della gestione idrica da parte dei privati. 

Insomma, se questa è la ‘Rivoluzione’ annunciata dall’onorevole Crocetta all’atto del suo insediamento al Governo della Regione, ebbene, ne facciamo volentieri a meno, con buona pace del Megafono e dei suoi adepti.

 


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