Aci Castello: la condotta fognaria e i debiti della ditta Il sindaco Drago preoccupato per il futuro dei lavori

Comer, l’azienda di Santa Venerina che sta costruendo la condotta che porterà i reflui di Aci Castello al depuratore di Pantano D’Arci, non vive la migliore estate della sua vita. Mentre il cantiere «si muove» lungo la statale 114, cercando di non addensare un traffico veicolare che già di suo non abbisogna di incoraggiamenti, si è aggiunta anche un’ordinanza sindacale che ha imposto lo stop alla balneazione per alcuni problemi nella conduttura già esistente. Ci sono poi i tribunali e gli sviluppi di alcuni contenziosi che hanno radici nel passato a fare sudare la proprietà. Il 29 marzo Franco s.r.l, un’azienda leccese, ha trasmesso ai dirigenti di Comer un atto di precetto per poco meno di 900mila euro. Con sentenza di secondo grado – e immediata esecutività (ovvero l’indicazione del giudice di onorare il debito senza attendere l’ultimo grado di giudizio), la ditta etnea è stata condannata dalla seconda sezione civile del tribunale di Lecce in una causa che riguarda dei lavori effettuati sulla Marina di Lecce a partire dagli ultimi anni del ’90. Un’intervento simile a quello in corso sulla 114, per completare il quale Comer noleggiò a freddo i mezzi di lavoro da Franco s.r.l. Che ora chiede il conto. 

E lo chiede con una certa insistenza. Nelle ultime settimane il legale dei pugliesi ha inoltrato a quasi tutti gli istituti bancari di Catania, Palermo e Santa Venerina un’istanza di pignoramento, ma senza individuare alcun conto corrente o altro rapporto attivo intestato a Comer. Per di più, Franco s.r.l. ha chiesto e ottenuto dal tribunale civile di Catania, il 9 maggio, il pignoramento di 16 mezzi di lavoro (per lo più automobili e camion). Non è chiaro se almeno una parte di questi mezzi venga utilizzata per fare procedere l’appalto castellese, il cui cantiere si trova in questi giorni tra la frazione acese di Capo Mulini e Aci Trezza. Frattanto, Comer ha fatto ricorso in Cassazione nella causa principale che riguarda quei 900mila euro. Per la quale è già stata condannata in primo grado nell’aprile 2014 e in secondo nell’ottobre 2016.  

Ma chi c’è dietro Comer? Oggi l’amministratore unico della società è Sebastiana Coniglio. Prima il dominus aziendale era però il marito, ex presidente dell’Ance Sicilia, Salvatore Ferlito. Lo stesso che, il 27 maggio 2015, è stato condannato con rito abbreviato a tre anni per truffa, per una vicenda che riguarda la strada provinciale 102/II. L’appalto da quattro milioni e mezzo era stato assegnato a Comer nell’aprile 2011. Secondo la gup Alba Sammartino, Ferlito e Salvatore Basilotta, figlio di Vincenzo e amministratore di una tra le più grandi aziende in Italia di movimento terra, avrebbero stipulato un contratto di nolo a freddo che poi sarebbe diventato di nolo a caldo, nel senso che Incoter, l’azienda di Basilotta, non si sarebbe occupata solo dei mezzi ma anche della manodopera. Mentre Ferlito e la moglie avrebbero incassato lo stesso gli stati di avanzamento dei lavori, causando danno erariale a un’azienda che per altro all’epoca era stata confiscata per infiltrazione della criminalità organizzata. L’aggravante mafiosa invocata dalla procura è stata invece respinta dalla gup. Il processo è ora in Appello. 

Pur senza scendere troppo nei dettagli, il sindaco Filippo Drago ha lanciato un allarme sulla condizione finanziaria di Comer il 18 giugno. «Al Comune di Aci Castello – spiega a MeridioNews -, attraverso la Franco srl è arrivato un precetto che ci dice di non pagare la ditta, per via di questo credito, ma l’appalto è della Regione, e noi non abbiamo ancora versato nemmeno la parte di cofinanziamento che ci riguarda». Sull’avanzamento dei lavori il primo cittadino si mostra ancora impensierito. «I mezzi stanno tuttora lavorando – aggiunge – ho espresso la mia preoccupazione per una questione di trasparenza verso i cittadini. Qui rendiamo tutti i dati disponibili a tutti».

I lavori sono scattati nel gennaio 2017, con una previsione di durata di due anni e un mese. Il costo è di 12 milioni e 600mila euro, con un ribasso d’asta di circa il 20 per cento rispetto ai 15 milioni e 800 mila «offerti» dalla stazione appaltante, che è il commissario delegato per l’emergenza bonifiche e tutela delle acque in Sicilia. Il Comune castellese fornisce dal canto suo circa un milione in cofinanziamento, mentre Acireale e Aci Catena, lambiti dall’appalto, investono poco meno di 400mila euro ciascuno. 


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