Absolute/Zappa®

Quando si scrive una recensione di un qualsivoglia tipo, l’apologia sfrontata è sempre la strada più facile da percorrere. Questa, infatti, permette al recensore di turno di non sforzarsi troppo nella comprensione delle dinamiche che stanno dietro all’organizzazione ed alla messa in scena di un evento e di lanciarsi in una sfrenata adorazione di ciò che ha visto e sentito. Ma, pur cercando di limitare al massimo i giudizi di valore, non possiamo evitare di raccontarvi che ciò a cui abbiamo assistito sabato sera al Teatro Sangiorgi è stata un’esperienza incredibile che ha portato ad un autentico delirio.

 

In scena l’Absolute Ensemble, eterogenea orchestra formata dai più diversi strumenti musicali che, sin dalla sua nascita nel 1993, ha scelto di esplorare diversi campi dello sperimentalismo dimostrando di riuscire a non rimanere chiusa nella sterilità accademica, bensì di saperla rinnovare e completare con influssi che provengono dai più disparati generi musicali come il jazz, il rock o l’hip-hop. Diretta dal celebrato Kristjan Järvi, che il periodico statunitense New York Times definisce come “un direttore dalla tecnica eccellente e dalla presenza scenica cinetica”, l’Absolute Ensemble si è fregiata per la sua esibizione catanese di guest stars di altissimo livello come il sassofonista e vocalista Napoleon Murphy Brock, l’eclettico tastierista inglese Django Bates ed il chitarrista Mike Keneally, noto per aver suonato, tra gli altri, con musicisti del calibro di Steve Vai e Joe Satriani.

 

L’orchestra diretta da Järvi si è esibita in un tributo ad una delle personalità più eclettiche ed innovative della scena musicale novecentesca. Dire che Frank Zappa fosse semplicemente un genio, infatti, è fin troppo scontato, noi preferiamo definirlo come un visionario, uno che ha fatto della costanza nell’affermazione del suo percorso musicale la bandiera con cui si è difeso dall’ostracismo degli ambienti accademici nel corso degli anni. Il suo continuo altalenare tra il sacro ed il profano, il suo gusto escatologico e la costante ironia dei suoi pezzi ne fanno un compositore assolutamente fuori da ogni rigido schema di classificazione. Usiamo il termine compositore perché non bisogna pensare che Zappa fosse uno sprovveduto sensazionalista, un animale da palcoscenico che “ci sapeva fare” la chitarra in mano e niente più. Era al contrario una persona che aveva una perfetta conoscenza dei musicisti del passato (adorava Stravinskij ad esempio) dotato, come scrive Gianni Morelenbaum Gualberto, di una “spiccata creatività melodica nonché una percezione dell’armonia certamente al di fuori degli usuali canoni in cui il fascino della politonalità e del cromatismo esercita un fascino non indifferente”.

 

Proprio l’ecletticismo di questo musicista devono aver spinto l’Absolute Ensemble a girare il mondo con una nutrita scaletta per tributare la sua arte. La curiosità, dunque è molto alta e le aspettative anche, ma crediamo non rimarremo delusi. I musicisti salgono sul palco e già si capisce che qui siamo lontani anni luce dall’accademismo di un’orchestra “canonica”: niente giacche, tailleur o espressioni di solennità, bensì abiti casual ed un’atmosfera rilassata dove si scherza e gli sguardi di complicità fanno capire subito che qui c’è voglia di divertirsi e nessuna intenzione di sfoggiare la propria bravura.

 

Il concerto è un crescendo di ritmo coinvolgente ed intrattenimento dove i componenti dell’orchestra suonano per più di due ore di fila senza risparmiarsi un solo momento. L’alchimia sul palco è totale, gli strumenti si impastano, si uniscono, dialogano tra loro accompagnati dai sorrisi e dagli sguardi dei loro esecutori che, non si può negare, si stanno divertendo un mondo. All’avanzare nella scaletta si perde sempre più la voglia si stare seduti e il ritmo entra tutto dentro le vene quando la flautista si esibisce in un accenno di danza del ventre o il chitarrista in canotta da basket afferra il microfono e coinvolge la platea in un trascinante rap. Järvi, dal canto suo, è un eccellente performer e, mentre dirige i suoi musicisti, invoglia il pubblico a farsi sentire, a saltare e accalcarsi al palcoscenico per entrare dentro il vortice che lentamente trascina con sé tutta la sala. Si balla ovunque, a ridosso del palco come nei corridoi laterali, in platea come in tribuna, non sembra nemmeno di essere all’interno di un teatro, bensì in un palasport dove si sta tenendo il più scatenato dei concerti rock nel quale è assolutamente obbligatorio che i bacini danzino a ritmo di musica e le mani battano il tempo fino a farsi male.

 

Come esimersi dal citare poi le performance del vocalist Napoleon, sicuramente la star della serata con la sua irresistibile verve che manda letteralmente in visibilio il pubblico ogni volta che le sue corde vocali vibrano o la sua bocca si appoggia a quel sax che ha imparato a suonare già da piccolissimo. È lui che intrattiene maggiormente la platea dimenandosi ed incitando il pubblico a seguirlo. Il culmine lo si raggiunge sicuramente durante l’esecuzione di Muffin Man, quando il nostro esce sul palco travestito da cuoco e lancia dei gustosi muffins al pubblico. Peccato non esserne riuscito ad acchiapparne almeno uno!

 

A concludere un’esibizione sicuramente da ricordare, dal palco ci viene ricordato che Zappa=Love e, dopo una serata del genere, non possiamo far altro che crederci! Ma non pensiate che tutto sia finito qui… usciti dal teatro l’adrenalina non si è ancora placata e, dopo esserci scambiati con i nostri colleghi presenti in sala le opinioni su ciò cui abbiamo appena assistito, ancora più infervorati dalla incontenibile vivacità della nostra mentore, la prof. Abbadessa, decidiamo di inneggiare al direttore di EtnaFest, citando una delle più celebri canzoni di Zappa, Tengo una minchia tanta, cosa che facciamo tra l’ilarità generale e l’incredulità dei frequentatori del centro storico nonché dello stesso Gualberto. Questo ci ha lasciato dentro questo concerto, una grande dose di vita.

 

Si ringrazia la prof. Emanuela E. Abbadessa per la collaborazione.


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