A vele spiegate verso il voto a giugno

Non sappiamo se, nel segreto dell’urna, ieri, come scrivono oggi quasi tutti i giornali, alcuni senatori grillini hanno votato per Piero Grasso.Ma sappiamo che l’elezione di Laura Boldrini alla presidenza della Camera dei deputati e di Piero Grasso alla presidenza del Senato non fermeranno la ‘macchina’, già messa in moto, che ci condurrà alle elezioni a giugno o, al massimo, a settembre.

Questa, sia chiaro, non è la nostra tesi: è la tesi di molti attenti commentatori di fatti politici del nostro Paese. Ieri – per citarne uno tra i più autorevoli – Francesco Verderami, del Corriere della Sera, dava per scontato il ritorno alle urne tra qualche mese. Ne consegue che tutta l’enfasi su due elezioni – della Boldrini e di Grasso – è del tutto fuori luogo.

Anche volendo prendere per buone le tesi di certi giornali di centrodestra, che due giorni fa davano come ipotesi probabile il passaggio di quindici o sedici senatori grillini nelle file dello schieramento di Bersani, va detto che il nostro Paese resterebbe lo stesso ingovernabile.

Certo, i voti in Parlamento contano nel sostegno a un Governo. Ma contano anche gli atti che un Governo, una volta in carica, chiederebbe al Parlamento. E lì, come ora cercheremo di spiegare, cascherebbe l’asino.

Chi verrà chiamato a governare l’Italia, gli piaccia o no, dovrà fare i conti con l’Unione Europea. O meglio, con le prescrizioni l’Unione Europea chiede all’Italia sulla strada del cosiddetto “risanamento”. Che tradotto in parole semplici, significano altri sacrifici per gli italiani. Ovvero un’altra spaventosa ondata di tasse.

Ovviamente, la politica tradizionale del nostro Paese – Bersani, ma soprattutto Berlusconi, bravissimo a raccontare favole – diranno che devono rilanciare il Paese, che ce la faremo e chiacchiere varie.

La realtà è che ci aspettano altre lacrime e altro sangue. Ci aspetta, in primo luogo, il Fiscal Compact – argomento sul quale il nostro giornale torna spesso – ovvero un trattato internazionale firmato dal Governo Monti, che prevede, per il nostro Paese, un pagamento di 50 miliardi di euro all’anno per i prossimi 20 anni. Una follia.

I modi per sfuggire a questo cappio sono, grosso modo, due. Il primo è che l’Unione Europea cambi politica economica e monetaria. E quello che si aspetta la politica italiana tradizionale. Evento improbabile.

Il secondo modo per evitare al nostro Paese la morte per tasse è l’uscita dall’euro.

Rispetto a questo tema, l’uscita dall’euro, la politica tradizionale italiana non sembra pronta a prenderla in considerazione. Il centrosinistra di Bersani vuole restare nell’euro. Belusconi si smarca un po’ di più del leader del Pd dall’Unione Europea, ma rimane nell’ambiguità.

L’unico leader che si è dichiarato non contrario all’euro, ma favorevole a un referendum, per lasciare decidere agl’italiani se restare nell’euro o no, è Beppe Grillo.

In democrazia dovrebbero essere i cittadini a pronunciarsi su questioni così importanti. Soprattutto quando l’entrata nell’euro o la permanenza nell’Unione Europea hanno prodotto risultati economici così devastanti per il nostro Paese.

Ma questo non interessa né a Bersani, né a Berlusconi. Questo la dice lunga sul rischio che oggi corre il nostro Paese, se è vero che i cittadini non possono più nemmeno pronunciarsi con un democratico referendum sulla permanenza dell’Italia nell’Unione Europea.

La verità è che l’euro e l’Unione Europea, presentati come una grande occasione di crescita culturale, economica e sociale dell’Europa, si sta dimostrando un totale fallimento. In Italia le imprese chiudono giorno dopo giorno. Le famiglie sono allo stremo. La disoccupazione impazza. Il tutto mentre la stessa Unione Europea che si prepara a fare pagare agl’italiani un’alta caterva di tasse.

L’unica forza politica che si oppone a questa follia è il movimento 5 Stelle. Che, per questo, deve essere distrutto. Dal giorno successivo al risultato elettorale i mass media del nostro Paese non hanno fatto altro che cercare il pelo nell’uovo. Hanno perfino tirato fuori la storia dell’autista e della cognata di Grillo che possiedono società all’estero. Provando a fare credere chissà che.

Ora, con l’elezione della Boldrini e, soprattutto, di Grasso, stanno in tutti i modi provando a dare del Movimento 5 Stelle l’immagine di una forza politica divisa.

Attenzione: come già accennato, l’elezione della Boldrini e di Grasso, rispettivamente, alla presidenza della Camere e del Senato, non servono assolutamente a nulla. Si andrà a votare lo stesso. Perché per far pagare un’altra caterva di tasse agl’italiani, come chiede questa fallimentare e fallita Unione Europea, c vuole un Governo forte.

L’attacco concentrico al Movimento 5 Stelle di Grillo non serve per dare quindici o sedici senatori a Bersani e farlo governare in questa ormai morta legislatura: serve per provare a sputtanare Grillo. Con l’obiettivo di fargli perdere voti alle elezioni di giugno.

Secondo noi l’operazione non riuscirà. E’ vero, ci sono senatori grillini che hanno votato per Grasso. Ma questo non convincerà gl’italiani a votare per i vecchi Partiti alle imminebti elezioni politiche. Se non altro perché gl’italiani hanno le tasche piene delle tasse.

Non solo. Gl’italiani hanno capito chi è Bersani. Che, proprio in queste ore, dice che vuole riformare il finanziamento pubblico dei Partiti. Peccato che un referendum popolare ha già abolito i finanziamento pubblico ai Partiti: Partiti politici che, fregandosene di quanto stabilito dagli elettori italiani con un referendum popolare, hanno ripristinato in modo proditorio il finanziamento pubblico cambiandogli il nome. Infatti ora si chiamano “rimborsi elettorali”.

Ma sono sempre soldi rubati dalle tasche degl’italiani. .

Bersani, mentre parla di riformare il “finanziamento pubblico dei Partiti”, già abolito, non vede l’ora di acchiappare i 45 e passa milioni di euro. Soldi che il Movimento 5 Stelle ha già rifiutato.

Bersani dice che non vuole una politica solo per i ricchi. Dimenticando che ogni parlamentare si mette in tasca 20 mila euro al mese mentre oltre il 50 per cento delle famiglie italiane non arriva più a fine mese.

La politica tradizionale – e non soltanto il segretario del Pd – dovrebbe spiegare che fine hanno fatto e fanno i soldi di certe banche, che fine hanno fatto e fanno i soldi degli appalti per le forniture sanitarie: che fine hanno fatto e fanno i soldi di certe società pubbliche amministrate dai vecchi Partiti e via continuando con tutte le entrate occulte che alimentano la politica tradizionale. Politica tradizionale che è tutt’altro che povera.  

Alla luce di una vecchia politica italiana che non si rinnova, ma che vuole continuare a vivere di finanziamenti pubblici e nonostante le scorrettezze che stanno utilizzando contro il Movimento 5 Stelle, le prossime elezioni politiche del nostro Paese si trasformeranno, in realtà, in un referendum sull’Unione Europea e sull’euro.

Mario Monti è ormai uscito di scena, dopo che ha cercato di fuggile abbandonando un Governo – il suo – che fa acqua da tutte le parti. Ormai il centrodestra e il centrosinistra si stanno dividendo le spoglie del suo movimento politico nato fragile e già al capolinea.

La partita la giocheranno in tre: centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 Stelle. Con il Movimento 5 Stelle che, piaccia o no a Bersani, piaccia o no a Berlusconi, piaccia o no ai poteri forti, ma è l’unico schieramento politico che vuole cambiare la politica del nostro Paese, preservando la democrazia: ovvero la possibilità di consentire agl’italiani di pronunciarsi, con un referendum popolare sull’euro e sull’Unione Europea.

 


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