A un passo dalla chiusura

Care colleghe e cari colleghi,

martedì 24 febbraio, insieme ad altri 5 redattori e redattrici del nostro giornale ”Iblalab”, sono stata invitata al Consiglio di Area Didattica, presieduto dalla professoressa Laudani che in quella occasione ha nominato come vice-presidente la professoressa Sipala.

In quel Consiglio gli studenti dovrebbero avere diritto a ben cinque rappresentanti. Le elezioni dovevano essere indette anni e anni fa. Le stiamo aspettando.

Il nostro rappresentante al Consiglio di Facoltà, Paolo Pavia, le ha già chieste per conto nostro. Dicono che si devono fare e che si faranno.

La mia presenza là è da considerarsi solo come “cronista” che è stata invitata a partecipare dalla Presidente dell’Area Didattica e a cui è stata concessa la parola.

Siamo stati dunque invitati a rappresentare gli studenti in attesa delle elezioni dei rappresentanti.

Come raccontarvi dunque quello che ho sentito?

Potrei farvi una cronaca come ho fatto in passato, ma stavolta non me la sento e preferisco la formula della lettera aperta nella speranza che la leggiate.

Reduce dal Sanremo, non credevo che i miei occhi potessero vedere di peggio.

Liquido velocemente le questioni “meno fondamentali” e che ci riguardano da vicino come la questione della materia “Economia Culturale” (materia ormai inesistente e che forse alcuni di voi dovranno seguire presso un’altra facoltà, ma nulla è ancora certo) e come l’increscioso problema dei contratti in scadenza. Questo per la verità è assolutamente fondamentale, visto che ne va della sopravvivenza di arabo e giapponese.

Ai sensi della nuova legge non sarà più possibile rinnovare il contratto del Professore Hannachi in scadenza ad aprile, per cui il Preside sta cercando delle formule per evitare il peggio, e cioè bandire dei concorsi per lettori. Questo vale pure per la cattedra di giapponese che manca di un elemento. Frattanto il Professore Omeghras non ha ancora firmato il contratto per problemi burocratici (di natura a me ignota).

Il nodo “fondamentale” non è cambiato: i soldi che non arrivano e che dovrebbero arrivare dal Consorzio Ibleo.

E’ sempre stato un triangolo: la nostra Facoltà – il Consorzio Ibleo – l’Ateneo.

L’Ateneo ha appena fatto sapere tramite lettera che vuole chiudere tutte le sedi decentrate che non si possono automantenere.

Allo stato attuale, Lingue a Ragusa non si può mantenere autonomamente.

La posizione del Consorzio davanti ai giornali e davanti al nostro Preside è sempre stata di disponibilità e ottimismo. Un ottimismo che ha portato a scrivere su La Sicilia che la Biblioteca Zipelli ha riaperto. Lo vedete coi vostri stessi occhi com’è aperta la Zipelli.

Una disponibilità che nella pratica si traduce in ritardi, in silenzi, in procrastinazioni.

La professoressa Fabiani ha fatto un quadro della situazione molto preciso: “Mancano gli interlocutori e le nostre sono mere ipotesi. Abbiamo un atteggiamento fideistico: c’è un entità sempre più teologica che è il Consorzio. Parlo con lui. Ma lui non c’è. Il silenzio è non dire, non assumersi degli impegni, non realizzare le parole in fatti”.

I soldi erogati bastano solo a pagare gli stipendi dei docenti di ruolo incardinati sulla sede di Ragusa e i soldi per la manutenzione non ci sono: lo abbiamo visto quando dentro le mura di Santa Teresa è venuta a mancare la carta igienica.

Il Consorzio dal canto suo al momento non ci può dare risposte concrete: è obbligato dalla “contabilità pubblica”, aspetta i bilanci di:

  • Regione
  • Provincia (entro aprile)
  • Comune (marzo)

e prima di allora non potrà darci risposte.

Soltanto a giugno sapremo quali corsi di laurea e quali insegnamenti potranno essere avviati per il primo anno del seguente anno accademico.

Il professore Zago ha definito la situazione “di estrema precarietà. Bisogna mantenere quel filo con il consorzio e tuttavia fare sentire che questo filo si sta rompendo. Occorre dignità: siamo stanchi. Bisogna mantenere le condizioni di vivibilità e se questo non è possibile bisogna prendere atto del fallimento clamoroso e compiere tutti i passi necessari col Preside che ci rappresenta. Per adesso manteniamo un’attesa arrabbiata”.

Nel caso in cui l’ipotesi della chiusura dovesse verificarsi il Preside convocherà una conferenza stampa in cui spiegherà alla cittadinanza il perché di questa scelta subita e non certo voluta.

Tra le varie conseguenze che una chiusura comporta la frase lapidaria della professoressa Laudani mi sembra quella più incisiva: “Ibla muore di nuovo”.

Ma anche di fronte alla più ottimistica prospettiva rimane comunque il nodo della legge 270 che a livello nazionale prevede “razionalizzazioni”, “tagli”, “scremature”, in altre parole una “riduzione dell’offerta formativa”, sia come numero dei corsi di laurea sostenibili dalle Facoltà che come insegnamenti attivabili.

Ragusa per il momento non sa cosa potrà mantenere e cosa no.

Ed ecco che si pone un altro problema: l’orientamento. Cosa diremo a chi si vuole iscrivere in questa facoltà? Quali insegnamenti possiamo mantenere? Che risposte possiamo dare allo stato attuale?

Infine, la nota dolente, come se non lo fossero quelle precedenti: addio borse di studio e full immersion all’estero. Non ci sono i soldi per la manutenzione, per riparare le cose che si rompono, per i rimborsi ai docenti che vengono da fuori a coprire supplenze e contratti sulla sede di Ragusa…non potevamo ovviamente pensare che si sarebbero trovati i fondi per questo. Fine.

E questo non era di certo un “privilegio”. Era qualità. Era un’offerta didattica di alto livello che adesso viene a mancare.

E soprattutto era merito e non privilegio. Merito di chi aveva fatto quelle convenzioni con l’estero, merito perché quelle borse le vincevamo grazie a una graduatoria basata appunto sul merito, merito anche pagato dalle nostre finanze, per quanto solo in parte.

Più che di privilegio, adesso dovremmo parlare di studenti privilegiati: perché adesso molti nostri colleghi non potranno avere gli stessi vantaggi di chi ha potuto praticare le lingue all’estero in estate.

E non è neanche questione di “erasmus”, non fosse altro perché le lingue orientali non rientrano in questo progetto.

Che fare adesso?

Di sicuro non possiamo rimanere indifferenti alla perdita delle borse di studio e al loro significato didattico.

La mia proposta è di shakespeariana memoria, un po’ come disse Amleto ad Orazio: “racconta la mia storia”.

Forse oggi dovremmo raccontare a chi non può usufruire delle borse di studio perché erano importanti, perché averle perse è una sconfitta. Non certo per vanto o per suscitare l’invidia altrui ma come testimonianza, visto che le parole hanno ancora un potere e, allo stato attuale, non possiamo più raccontarci favole ma solo amare verità.

Proprio per questo dobbiamo in primo luogo rafforzare la richiesta alla Facoltà di una rapida convocazione delle elezioni dei rappresentanti all’Area Didattica, perché anche la componente Studentesca possa validamente affiancare e sostenere il Preside e i Docenti, e in secondo luogo cercare di coinvolgere la cittadinanza per farla avvicinare alla realtà dell’Università e renderla consapevole del rischio oggettivo che si corre.

Non ultimo:rivolgersi al Consorzio, nostro interlocutore dalla funzione insostituibile, per uscire dall’attendismo e trovare una soluzione concreta e immediata.

L’unica nota positiva al momento viene da inglese: presto partirà un cineforum in lingua sul disagio giovanile. E anche questa è un’occasione formativa che non si può e non si deve assolutamente perdere.


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