Quello attuale, è indubbiamente il momento della cucina e degli chef. Stelle, forchette, cappelli, ma non solo: c’è posto anche per la solidarietà. A San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, esiste un luogo dove i reality lasciano spazio alla realtà: è il primo RistoSolidale d’Italia. Un posto tranquillo, infatti, accoglie nelle fila dei propri dipendenti soggetti socialmente svantaggiati, come ragazzi affetti dalla sindrome di Down e donne vittime di violenza. «L’idea – racconta Fabio Ruvolo, presidente della cooperativa Etnos – è nata quasi per caso: al nostro ente mancava l’ultimo tassello per raggiungere la forma più alta di riabilitazione, ossia l’inserimento lavorativo: non avevamo le competenze per occuparci di ristorazione».
Di necessità virtù, ed è così che Etnos trova la collaborazione dell’Associazione Italiana dei Ristoratori, e successivamente delle associazioni Vita Nova e Bio…logico GAS (Gruppo di Acquisto Solidale). Inizia in questo modo un’avventura che non si è più fermata. «Un gruppo ampio – continua Ruvolo – all’interno del quale ognuno cura un aspetto specifico, ci ha permesso di mettere su un progetto organico e credibile, da proporre alla Presidenza del consiglio dei ministri nell’ambito del bando indetto dal Dipartimento della Gioventù».
Grazie al cofinanziamento statale, il risultato è un locale di 700 metri quadri, totalmente privo di barriere architettoniche, aperto nel week end e per la banchettistica, dove lavorano solo ragazzi under 35, molti dei quali con disabilità o in difficoltà da un punto di vista sociale. Ognuno ha un ruolo preciso: Etnos è il soggetto capofila che ha in carico tutta la gestione; l’associazione dei ristoratori cura la parte legata alla ristorazione; Vita Nova si occupa del tutoraggio dei lavoratori down e le famiglie che compongono il gruppo di acquisto solidale si concentrano sulla qualità dei prodotti: «Adesso siamo 14esimi nella graduatoria nazionale dei progetti sperimentali, su oltre mille: è un risultato soprattutto perché l’idea è in controtendenza rispetto alle dinamiche proprie del nostro territorio, dove il tasso di occupazione giovanile è ai minimi storici ed è molto bassa anche la percentuale dei soggetti svantaggiati che riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro», prosegue Ruvolo.
Ma Un posto tranquillo è anche altro. C’è la presenza dello chef Ennio La Rosa a rendere la cucina originale e innovativa, l’area bimbi con attrazioni dedicate ai piccoli diversamente abili, e tre pulmini che garantiscono trasporti gratuiti a chi non è motorizzato. «Mangiare la pizza – afferma il presidente di Etnos – non è un’attività immediata e normale per molti: noi vogliamo renderla possibile. E direi che ci stiamo riuscendo: dall’apertura dello scorso dicembre ad oggi – continua Ruvolo – sono quasi diecimila i visitatori complessivi, ai quali si aggiungono i nostri clienti fissi».
Un posto veramente tranquillo, insomma, dove i ragazzi disabili e le donne colpite da violenza lavorano con assoluta naturalezza e le persone hanno modo di rivalutare il concetto stesso di disabilità. Nel futuro c’è una succursale del ristorante, che dovrebbe sorgere nel centro storico di Caltanissetta: stessa formula solidale, ma un ambiente più piccolo e intimo. Intanto le attività continuano a moltiplicarsi, grazie anche all’apporto di Ernesto Trapanese, direttore artistico del locale e ideatore di numerosi eventi, dall’intrattenimento alla musica classica o al rock. «È una nuova frontiera – conclude Ruvolo – che abbatte i principi dell’assistenza sociale pura e ci permette, ad esempio, di investire in una comunità per minori stranieri non accompagnati, come è già successo. Il nostro ideale più grande è vedere crescere la percentuale di inserimento lavorativo tra i meno fortunati, anche per la soddisfazione delle loro famiglie». Comunione di intenti, puntuale divisione gestionale e confronto basato sulla fiducia reciproca: sono queste le caratteristiche di Un posto tranquillo, oltre che le carte in regola per un progetto vincente in qualsiasi ambito.
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