A Palermo una mostra racconta i Borboni Reperti per il Regno delle Due Sicilie

Poco più di due secoli fa Palermo visse un anno da Capitale del Regno: oggi quella storia viene raccontata da una mostra che riunisce reperti, ricongiunge città, salda debiti e ringrazia, nel segno dei Borbone. Una storia che inizia nel 1734, quando Carlo di Borbone muove alla conquista del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia sottraendoli alla dominazione austriaca; e si conclude nel 1860, con lo sbarco dei Mille a Marsala e il governo dittatoriale di Giuseppe Garibaldi che portò la Sicilia all’annessione al neonato Regno d’Italia. Un passo indietro: dopo il Congresso di Vienna, il sovrano Borbone Ferdinando IV (che dopo l’unificazione avrebbe assunto il nome di Ferdinando I) aveva riunito in un unico Stato, il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia, grazie alla Legge fondamentale del Regno delle Due Sicilie dell’8 dicembre 1816. La capitale del nuovo Regno fu inizialmente Palermo, sede secolare del Parlamento Siciliano, ma già l’anno successivo (1817) la capitale viene spostata a Napoli. Palermo visse quindi soli dodici mesi da “capitale” del Regno, ma tanto bastò a segnarla a vita. Perché il lascito dei Borbone si trova in ordinamenti e leggi a salvaguardia del patrimonio culturale, e in reperti archeologici che giunsero a Palermo su indicazione della casa regnante.

Oggi, a distanza di poco più di duecento anni, e a chiusura dell’anno passato da Capitale Italiana della Cultura, l’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana e il Dipartimento dei Beni Culturali presentano la mostra Palermo capitale del Regno. I Borbone e l’archeologia a Palermo, Napoli e Pompei, organizzata dal Museo archeologico Salinas – che la ospita dal 2 dicembre al 31 marzo – in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Parco Archeologico di Pompei e CoopCulture. La curatela è del direttore del Salinas, Francesca Spatafora.

La mostra apre al pubblico domenica (2 dicembre), ad ingresso gratuito visto che si tratta della prima domenica del mese. Disponibili il brunch nel Cafe Culture del Culture Concept Store (costo 12 euro) + visite guidate (alle 16, costo: 3 euro) a cura di CoopCulture. Visitabile fino al 31 marzo.

Nel mese di dicembre: dal martedì alla domenica 9.30 > 18,30. Giorno 25 e 26 dicembre, e il 1 gennaio: 9.30 > 13.30. Chiuso il lunedì. La mostra fa parte del percorso di visita del museo; biglietto: 3 euro.

«L’interessante mostra che riguarda il ruolo del regno borbonico nel campo dell’archeologia, mette in evidenza non solo l’illuminata ed efficace politica che esso ebbe nel campo della tutela del patrimonio culturale, ma anche gli stretti legami tra la città di Palermo e la Campania – sottolinea Sebastiano Tusa, assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana – La presenza delle collezioni del museo Salinas di pregevoli reperti provenienti soprattutto da Pompei e Ercolano, qualificano questo museo come testimonianza storica in un sistema di gestione del patrimonio. La collaborazione tra i musei archeologici di Palermo e Napoli costituisce lo stereotipo attuale di un secolare collegamento, che li ha resi i più importanti musei del Meridione d’Italia».

«Una mostra originale che racconta un momento particolare della storia della Sicilia e una fase fondamentale per la formazione del Museo di Palermo – interviene Sergio Alessandro, dirigente generale dell’assessorato -, la più antica Istituzione pubblica dell’isola, oggi annoverata tra i dieci musei archeologici più belli del mondo, che con questa esposizione riallaccia anche le antiche relazioni con Napoli e Pompei».

La mostra occupa tre saloni al primo piano del museo archeologico e racchiude una vasta selezione di opere e reperti donati all’allora Museo di Palermo dai sovrani Borbone Francesco I e Ferdinando II oltre a diverse opere provenienti da scavi finanziati dai reali a Pompei, Ercolano e Torre del Greco, prestate dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli e dai Parchi Archeologici di Pompei ed Ercolano.

«L’Archeologico di Napoli è onorato di collaborare con il Museo Salinas di Palermo per l’organizzazione di una mostra che ripercorre la storia dei Borbone e il loro rapporto con il mondo antico – spiega il direttore del MANN -Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Paolo Giulierini – . Palermo, Capitale Italiana della Cultura è, insieme a Napoli, la città più importante nelle vicende culturali del Meridione. I due musei sono destinati ad un lungo e proficuo cammino costellato da progetti condivisi».

«A chiusura dell’anno che ha visto Palermo al centro di una serie di importanti iniziative culturali, la mostra vuole richiamare alla memoria un periodo della storia siciliana importantissimo per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale dell’isola – interviene il direttore del Museo Salinas e curatrice della mostra, Francesca Spatafora – : la nascita del Museo di Palermo e degli organismi deputati alla ricerca e alla conservazione di quel patrimonio, l’emanazione dei primi provvedimenti legislativi a tutela dei beni archeologici, artistici e architettonici, si devono alle politiche poste in essere dai sovrani borbonici che ebbero anche il merito di avviare le ricerche e gli scavi nelle città vesuviane. Da Pompei, Ercolano e Torre del Greco provengono le splendide opere e i reperti in mostra, in parte donati dai Borbone al Museo di Palermo, in parte concessi in prestito dall’Archeologico di Napoli e dal Parco Archeologico di Pompei che hanno accolto con entusiasmo il nostro progetto».

Tre, quindi, le sezioni: la prima, dedicata a Pompei, comprende l’intero complesso di opere e materiali provenienti dalla Casa di Sallustio (una parte è ricostruita fedelmente in scala) donati al Museo di Palermo nel 1831 da Ferdinando II; spicca tra questi “Ercole in lotta con il cervo”, gruppo scultoreo in bronzo che abbelliva originariamente l’atrio della domus e che oggi fa parte della collezione del Salinas. Completeranno l’esposizione dedicata alla città vesuviana (sala con tono predominante rosso) alcune sculture, vasellame quotidiano in terracotta e bronzo, decorazioni architettoniche rinvenute a Pompei nel corso degli scavi realizzati dai Borbone o recuperate nei cunicoli di scavo ottocenteschi.

Una seconda sezione è dedicata a Ercolano: sono esposte, con il grande plastico del teatro di Ercolano realizzato nel 1808, diverse pitture parietali, oggetti di uso quotidiano, bronzi e sculture provenienti dagli scavi ottocenteschi.

Dell’ultima sezione fanno parte opere e pitture rinvenute nella villa di Contrada Sora a Torre del Greco: alcune furono portate a Palermo e donate al museo nel 1831 da Ferdinando II, in fuga da Napoli nel 1798 (e tra queste spicca una splendida copia romana in marmo dell’originale in bronzo del Satiro versante di Prassitele); altre, provenienti da scavi ottocenteschi o dei primi anni Novanta dello scorso secolo, provengono dallo stesso contesto e testimoniano la raffinatezza dell’apparato decorativo della villa.

Ad introdurre la mostra è una statua monumentale di Menade rinvenuta a Roma, nelle Terme di Caracalla, tra il 1545 e il 1546, durante gli scavi archeologici promossi da Alessandro Farnese (papa Paolo III); la scultura, confluita nella collezione di famiglia dei Farnese, fu eredita dai Borbone e trasferita a Napoli con altre importanti opere della stessa raccolta. In seguito, nel 1827, venne trasportata a Palermo al seguito del re, fuggito a causa dell’invasione di Napoli da parte dei Francesi: era destinata ad abbellire il Reale Parco della Favorita.

Palermo vive dunque un anno da capitale del Regno dal 1816 al 1817: e fu proprio in questo periodo (precisamente un anno prima, tra il 1814 e il 1815), che, grazie alle donazioni di Giuseppe Emanuele Ventimiglia, principe di Belmonte e dello zio, Carlo Cottone, principe di Castelnuovo, nasceva il primo nucleo del Museo di Palermo annesso alla Regia Università della città e ospitato nella Casa dei Padri Teatini di San Giuseppe. I due nobili – uomini di larghissima cultura, viaggiatori, convinti assertori dei diritti dei contadini contro i feudatari, autori della prima Carta Costituzionale siciliana – erano appassionati collezionisti e, come molti altri studiosi ed eruditi del periodo, rivolsero la loro attenzione al mondo antico. Il Museo di Palermo nacque quindi senza contorni precisi, ma già con un’ottima collezione. Una storia già iniziata nel secolo precedente sulla scia dei cambiamenti che la politica dal modernizzatore Carlo III, aveva innescato anche in Sicilia. Nel 1817, con Real Decreto, la Sicilia, veniva suddivisa in sette Valli o Province governati da altrettanti Intendenti: il nuovo assetto ebbe immediati effetti anche sulla giovanissima istituzione museale palermitana. L’esistenza a Palermo di un museo pubblico era infatti perfettamente in linea con la nuova politica di promozione delle arti introdotta da Ferdinando che, nel 1806, aveva fondato il Museo Reale di Napoli, simbolo tangibile del prestigio della casata borbonica, ma anche centro di elaborazione e produzione culturale. Il sovrano aveva anche dimostrato il suo interesse donando al neonato museo napoletano, parte delle sue collezioni private.

Perché dunque anche Palermo non doveva avere un’istituzione museale aperta al pubblico, che potesse ospitare il patrimonio artistico isolano? Sono gli anni del regno di Francesco I, succeduto a Ferdinando I nel 1825; fu il nuovo sovrano che nel 1828 donò al Museo di Palermo diversi reperti e opere provenienti dagli scavi realizzati a Pompei tra il 1821 e il 1825. Pochi anni dopo, nel 1831, fu invece Ferdinando II ad effettuare una seconda donazione: giunsero così a Palermo gli arredi della domus di Sallustio a Pompei; e alcune opere provenienti dalla villa di Contrada Sora a Torre del Greco. Gli stessi che sono oggi in mostra.


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