A.A.A. cercasi casa disperatamente: viaggio nel ‘calvario’ dei fuori sede

ROMA – Innumerevoli telefonate, giri da una parte all’altra della città con in mano il fedelissimo giornale degli annunci, visite interminabili a case improponibili, tugurii che arrivano a costare anche 600 euro al mese. Per gli studenti universitari fuori sede, trovare una sistemazione non è cosa facile. E, con l’arrivo della bella stagione, affittuari e agenzie immobiliari si sbizzarriscono alzando i prezzi agli (spesso ignari) inquilini.

Un argomento che, anno dopo anno, viene trattato, discusso, studiato soprattutto dai protagonisti: gli studenti. E quale occhio migliore se non quello degli studenti delle scuole di giornalismo e delle radio d’ateneo, che spesso organizzano inchieste su questo problema, per addentrarci in un mondo ancora troppo oscuro?

Il settimanale online della Scuola di giornalismo dell’Università di Bologna, “La Stefani”, ha condotto un’indagine, uscita questi giorni, che risulta piuttosto allarmante: solo la metà dei contratti di affitto (51%), infatti, risulta in regola, e il rimanente 49% si divide tra coloro che hanno solo un impegno senza valore legale (24%) e quelli che sono totalmente in nero (25%).

Bologna. Secondo quanto riporta l’inchiesta di Alessandro Antonelli e Chiara De Felice, che è stata condotta su un campione di 350 studenti (tra i 18 e i 25 anni), emerge che la responsabilità di questa “metà oscura” degli affitti studenteschi pesa sia sui proprietari che sugli studenti. Alla domanda, infatti, sul perché dell’assenza di un contratto, 81 su 350 rispondono che la decisione è del proprietario, ma sono in 74 ad ammettere che è una scelta concordata. Anche se poi, pur stando così le cose, il 66% degli studenti in nero è convinto che questo torni quasi esclusivamente a vantaggio dei proprietari, che così intascano soldi ed evadono le tasse.

Dalla ricerca, inoltre, emerge che solo 108 tra gli intervistati possono permettersi una stanza tutta per sé, con prezzi che salgono oltre i trecento euro spese incluse, mentre il restante 60% divide la camera con un’altra persona. Vera spia del sovraffollamento, però, spiegano, è il totale degli “occupanti” l’appartamento: due terzi hanno risposto di essere almeno in quattro a casa, ma il 24% convive con più di cinque persone. E non mancano gli appartamenti da sette. A Bologna, inoltre, è abbastanza alto anche il problema delle discriminazioni: 120 studenti su 350 intervistati dichiara di aver subito delle discriminazioni nella ricerca di una sistemazione, e il 40% di questi crede che a chiudergli le porte in faccia sia stato il proprio attestato di frequenza al Dams, la facoltà di Discipline dell’arte, della musica e dello spettacolo.

Roma. “Roma caput mundi, ma non sa di esserlo. Perché Roma sa di essere la capitale d’Italia e della cristianità, ma ignora di essere anche la capitale europea dell’università”. Inizia così l’approfondita indagine dei giornalisti praticanti dell’Agenzia di stampa “Lumsa News” di Roma, che sottolinea come servizi e infrastrutture non soddisfino il problema dell’emergenza abitativa per gli studenti che arrivano da ogni parte d’Italia. Parliamo di costi: per una stanza singola nella Capitale ormai i prezzi arrivano a sfiorare anche i 500 euro al mese, e anche una doppia non si trova sotto i 350. Racconta un’intervistata: “Inizialmente pagavo 400mila lire al mese ma ogni anno il proprietario ha chiesto un aumento del prezzo di locazione, fino ad arrivare a quello attuale: 450 euro. Inutile dire che paghiamo in nero, ma è l’unica soluzione che abbiamo trovato”. E se si gira tra collegi e residenze universitarie le lamentele non cambiano: dall'”impossibilità di trovare un posticino” per i 30mila di Tor Vergata (perché i posti letto a disposizione dello studentato sono 120) e per gli studenti di Roma Tre (le richieste sono 2500 l’anno per 70 posti) fino ai limiti della zona di San Lorenzo, a ridosso della Città Universitaria de “La Sapienza”, ridotto ormai a un quartiere dormitorio che ospita migliaia di appartamenti – alcuni anche fatiscenti – destinati ai “poveri” ragazzi che vogliono studiare nei tanti atenei, grandi e piccoli, della Capitale.

Milano. A Milano, secondo bacino universitario dopo Roma, l’argomento è stato affrontato diverse volte. In particolare, scrive Paola Brianti su “Mag”, il quotidiano online della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica, il problema principale è quello di una “carenza cronica” di affitti che interessa spesso gli studenti fuori sede. I problemi? È presto detto: i prezzi e le condizioni dell’appartamento offerto, “spesso al limite della decenza”.

Napoli. “Assenza di riscaldamento, aumento degli affitti e condizioni fatiscenti delle abitazioni”. Questi i principali problemi che lamentano gli studenti che vivono nel capoluogo partenopeo nell’inchiesta che Francesco Tortora ha condotto per “Inchiostro”, la rivista della Scuola di giornalismo dell’Università “Suor Orsola Benincasa”. Tra gli studenti intervistati, alcuni addirittura lamentano che, con l’introduzione dell’euro, il proprio affitto sia passato “magicamente” da 250mila lire a 200 euro. A questo bisogna aggiungere anche frequenti azioni di taglieggiamento da parte della camorra locale. “Come se non bastasse – continua Tortora – le stanze che gli studenti affittano a caro prezzo sono anche vecchie e non riscaldate”. E i contratti? Nessuno li regolarizza. Per non parlare, poi, spiega un’altra neo-giornalista, Caterina Scilipoti, di “una tendenza tutta napoletana: cambiare alloggio molte volte durante la carriera universitaria”, alla ricerca di sistemazioni migliori e prezzi convenienti. E c’è anche chi, non potendosi permettere un affitto, come spiega il loro collega Davide De Paola, occupa un’abitazione “per sopravvivere”.

Urbino. Esistono, e di questo ci stupiamo, anche delle città universitarie in cui gli affitti sono in crisi e i prezzi calano. Dove? Ad Urbino, ad esempio. Scrive Alessio Sgherza dell’Istituto di formazione giornalistica del capoluogo marchigiano che “molti alloggi restano vuoti, i contratti diventano più brevi” e, di conseguenza, gli affitti calano anche di cinquanta euro in meno di due anni. Secondo l’inchiesta, circa l’8% dei posti letto rimane vuoto, “mentre fino a qualche anno fa c’era la fila fuori dalla porta, gli alloggi si riempivano già da settembre”. E così, può capitare che nelle case “le stanze triple diventino doppie, una stanza diventi un salone”.

C’è da aggiungere, inoltre, che i controlli, nel nostro Paese, sono pressoché nulli: in Italia, infatti, le associazioni degli inquilini e dei proprietari sono impossibilitati a intervenire direttamente, e lo Stato può rilevare l’illecito solo a fronte di una denuncia da parte dello studente, cosa rarissima considerati i costi, in tempo e soldi, di battaglie legali.

In Italia. E a livello nazionale, cosa accade? Secondo una recente ricerca dell’Eurispes, contenuta nel Rapporto Italia 2005, “non si può fare un calcolo medio nazionale” sui prezzi degli affitti, perché questi “variano in funzione della città: al centro-nord si hanno prezzi mediamente più alti di quelli del meridione a causa del diverso costo della vita. Quello che però è indiscutibilmente estendibile a tutto il territorio riguarda il rincaro che ha assalito il mercato degli affitti per gli studenti. Al punto che oggi, più che mai, studiare in una regione diversa dalla propria è diventato un privilegio per pochi eletti”.

I prezzi. Dai risultati della ricerca, ad esempio, si ricava che per l’affitto di una camera singola possono essere richiesti fino a 500 euro mensili, come avviene ad esempio a Roma, che detiene il record del caro affitti. La Capitale è seguita, poi, da Siena, dove una stanza costa mediamente 350 euro, poi troviamo Pavia (300 euro) e Parma (255 euro). Meno cara Bari, con i suoi 230 euro per una camera singola. A preoccupare, però, sono soprattutto gli aumenti degli ultimi anni: a Pavia, spiegano i ricercatori dell’Eurispes, negli ultimi sei anni il costo delle stanze si è raddoppiato, a Siena c’è stato un aumento del 50-70%. A Roma, addirittura, dal 1999 a oggi c’è stato un aumento che ha sfiorato quota 76%, come è confermato anche dall’Adisu (l’Azienda per il diritto allo studio universitario) del Lazio.

Le cause? In primo luogo sicuramente l’aumento degli studenti universitari e la disponibilità sempre costante degli alloggi universitari (come ad esempio gli studentati) che spingono molti fuori sede a rivolgersi a privati. Secondo uno studio, addirittura, il numero dei posti alloggio messi a disposizione da comuni e atenei copre solo l’1,9% sul totale degli studenti: circa 33mila posti alloggio su oltre un milione e 730mila studenti.

Daniele Semeraro

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