Università Allegra, per Gulotta il Policlinico era «salotto privato» Il dossieraggio informatico nei confronti dell’ex genero medico

«Un salotto privato nel quale vengono discussi i giochi di potere e nel quale spadroneggia impunito». Pagina 19, terzo rigo. Sono le coordinate per rintracciare l’idea che Gaspare Gulotta – il professore dell’Università di Palermo e direttore del dipartimento di Chirurgia ordinaria – avrebbe avuto del Policlinico Giaccone. A esserne convinti sono i sostituti procuratori Andrea Fusco e Luisa Bettiol, che hanno ottenuto dalla gip Donata Di Sarno, l’ordinanza per arrestare il medico e la figlia Eleana, nell’ambito di un’indagine, condotta dai carabinieri del Nas, in cui sono coinvolte altre 19 persone, tra le quali anche Leonardo Gulotta, l’altro figlio. L’inchiesta, che non solo per il nome – Università allegrarimanda all’indagine che nel 2019 travolse l’ateneo di Catania, ha acceso una volta di più i riflettori sul mondo accademico e sulle dinamiche che non di rado contraddistinguono le procedure selettive

«Lo strapotere esercitato dal professore, (è stato) certamente favorito dalla compiacenza di colleghi e sottoposti, e consolidato attraverso il sistematico controllo delle nomine di professori e ricercatori», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. L’inchiesta, tuttavia, ha posto al centro dell’attenzione una serie di vicende che avrebbero visto Gulotta protagonista di condotte mirate al raggiungimento di obiettivi personali: dall’accaparramento delle somme incassate per le prestazioni in regime di intra-moenia, senza versare la quota spettante all’Azienda sanitaria, a favori, apparentemente di poco conto, come l’ottenimento di certificati medici per i propri familiari, utili a giustificare l’assenza da lavoro o, addirittura, portare avanti una causa giudiziaria tra la figlia e l’ex genero. Accuse che, se provate, creeranno inevitabilmente più di un imbarazzo in quanti nel corso degli anni hanno riposto fiducia in Gulotta. 

Il professore, oggi 71enne, nel 2018 è stato candidato alla Camera dei deputati nel collegio uninominale di Mazara del Vallo: a sostenerlo la coalizione di centrosinistra formata dal Partito democratico e dalle liste che facevano riferimento a Beatrice Lorenzin ed Emma Bonino. Un’esperienza che per Gulotta era iniziata con la promessa di «professionalità e onestà» e che si era conclusa con poco meno di 18mila preferenze, tuttavia non sufficienti – era l’epoca del massimo splendore del M5s – per volare a Roma. Risale invece ad appena un mese fa la nomina a guida del comitato tecnico scientifico voluto da Confindustria Sicilia per il comparto sociosanitario. «Abbiamo capito che c’è uno straordinario bisogno di professionalità e che la formazione significa ricchezza per il territorio», ha dichiarato l’assessore Ruggero Razza, il 3 marzo, in occasione della presentazione del Cts sorto in seno all’associazione che raccoglie gli industriali isolani. 

Per i magistrati palermitani, però, Gulotta si sarebbe contraddistinto per comportamenti ben diversi. «Gulotta, infatti, ha agito al fine evidente di realizzare profitti illeciti e di favorire nella carriera lavorativa e accademica i suoi figli Eliana e Leonardo: la prima – si legge nell’ordinanza – lavorava abusivamente nella sala operatoria del dipartimento da lui diretto; il secondo (tirocinante presso il Policlinico di Messina) prestava il suo servizio nella medesima sala operatoria affinché i professori e ricercatori gli insegnassero l’arte medica». Ma il 71enne si sarebbe spinto anche oltre. Per i magistrati sarebbe stato il regista di un dossieraggio ai danni dell’ex genero, anche lui medico. 

La rottura tra i due coniugi è finita, così come tante storie simili, al vaglio dei tribunali. Ma l’iter giudiziario, in cui è finita anche una denuncia per maltrattamenti sporta dalla donna, sarebbe stato condizionato dall’attività di Gaspare Gulotta. «Utilizzando il suo potere e la sua rete di relazioni, si è impegnato nella spasmodica ricerca di elementi che potessero aggravare la posizione del suo ex genero», scrive la giudice per le indagini preliminari. Tali elementi avrebbero compreso, non solo la redazione di un certificato medico in cui si affermava un quadro clinico della figlia tale da suffragare la tesi dei maltrattamenti e delle lesioni causate dall’uomo, ma anche nel tentativo di acquisire informazioni sul suo conto in modo – questa è la tesi degli inquirenti – da usarle davanti al giudice che avrebbe dovuto dirimere la controversia. 

«Che dobbiamo scrivere nel referto?» La frase è captata dagli investigatori ad agosto del 2020. Padre e figlia sono al Pronto soccorso, dopo uno scontro telefonico avuto dalla donna con il coniuge. A parlare è la medica di turno che avrebbe dato la propria disponibilità a stabilire a tavolino cosa inserire nel referto, con la premura di non chiudere la visita in maniera troppo celere per evitare che potesse sembrare «una cosa appattata». Nella vicenda entra in gioco anche un esponente delle forze dell’ordine, in servizio alla Dia di Palermo. L’uomo, infatti, sarebbe stato contattato da Gulotta, tramite un agente di polizia che avrebbe fatto da intermediario, per raccattare informazioni personali sul genero. Comprese eventuali pendenze giudiziarie. Dai controlli effettuati dai carabinieri, infatti, emergono tre accessi allo Sdi, il sistema a disposizione delle forze dell’ordine. «Sussitono gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di accesso abusivo a sistema informatico», ha scritto nell’ordinanza la gip, facendo riferimento ai tre.


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