Consulta, sospensione Pogliese non è incostituzionale La palla adesso tornerà ai giudici della sezione civile

La sospensione del sindaco Salvo Pogliese dopo la condanna per peculato è legittima. Così si è pronunciata la Corte costituzionale che ha dichiarato «non fondate le questioni di legittimità costituzionale» della legge Severino «nella parte in cui stabiliscono la sospensione cautelare nella misura fissa di 18 mesi, invece che in misura graduale “sino a 18 mesi”». La legge, che prende il nome dalla ministra della Giustizia del governo Monti, prevede che in presenza di alcuni reati, già dopo la sentenza di primo grado, ci sia la sospensione del ruolo per un termine fisso di 18 mesi. Così come era accaduto anche al sindaco di Catania: sospeso dal prefetto il 24 luglio del 2020 dopo il verdetto di primo grado del tribunale di Palermo. Poco più di quattro mesi dopo Pogliese era stato reintegrato a seguito del ricorso vinto al tribunale civile di Catania che ha annullato la sospensione e inviato gli atti alla Corte costituzionale che adesso ha pronunciato la propria sentenza

E adesso cosa succederà? La sentenza, come già previsto e qualunque fosse stata, non è immediatamente applicativa. Ora, la prefettura di Catania dovrà riassumere il giudizio davanti al tribunale civile etneo che dovrà fissare un’udienza, sentire le parti e poi pronunciarsi sull’eventuale sospensione. Ma questo, ancora una volta, non significa che il sindaco sarebbe sospeso. In realtà, su questo aspetto dovrebbe pronunciarsi il prefetto. Però, qui si entra nel campo delle tesi. Non esiste una legge che dica come si debba procedere, ma l’interpretazione dei poteri nella fattispecie tra tribunale e prefettura. Ci si muove in un tema aperto in cui diverse sono le ipotesi in campo. Innanzitutto quella che riguarda i 18 mesi di sospensione. Sono un termine fisso o si ricomincia a contare? Di certo non si ricomincerà da capo, visto che il sindaco era già stato sospeso per quattro mesi. La prima ipotesi è che, partendo dalla data di inizio della sospensione (luglio 2020), i diciotto mesi scadrebbero a gennaio del 2022. Quindi, considerando anche l’iter giudiziario, il sindaco non farebbe in tempo nemmeno a togliersi la fascia tricolore. Nella seconda ipotesi, invece, il tribunale potrebbe decidere di ripartire da dove la sospensione è stata interrotta e, quindi, di fare scontare al primo cittadino i 14 mesi restanti. In questo caso, Pogliese potrebbe arrivare con l’acqua alla gola alle prossime Comunali e con il rischio di una eventuale campagna elettorale da affrontare con il bollino dell’incandidabile

«Continuerò a lavorare svolgendo il ruolo di sindaco per Catania e nell’interesse dei suoi cittadini. Un incarico che, con largo consenso, sono stato chiamato a ricoprire». Sono queste le prime parole con cui Pogliese ha commentato la sentenza della Corte costituzionale. Nel caso del sindaco, l’applicazione della legge Severino era scattata in seguito alla condanna per peculato – in primo grado a quattro anni e tre mesi – per il caso delle spese pazze all’Ars di quando era deputato del Popolo delle libertà. Pogliese è ritenuto colpevole di essersi accaparrato fondi pubblici destinati al partito e di averli usati per questioni private e non solo personali. «Apprendo e accolgo con serenità il pronunciamento della Corte Costituzionale che, di fatto, legittima quella parte della legge Severino che il tribunale di Catania aveva chiesto di esaminare – ha aggiunto il primo cittadino – Anche stavolta per la sua concreta applicazione mi rimetto rispettosamente al giudizio della magistratura ordinaria, visto che fu proprio il tribunale etneo, esattamente un anno addietro, a reintegrarmi nelle mie funzioni dopo la temporanea sospensione». Una sospensione che era durata per quattro mesi prima del reintegro. 

«Ritengo doveroso evidenziare che sulla legge Severino pende già un referendum abrogativo – sottolinea il primo cittadino – ritenuto ammissibile dalla Corte di Cassazione, e diversi disegni di legge di modifica sono stati presentati in Parlamento. Da ultimo quello del Pd, partito a cui fa riferimento il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, che di recente è stato colpito da analogo sproporzionato provvedimento di sospensione, anch’egli a fronte di una sentenza di primo grado. Sono certo, nel merito, che la mia condotta limpida e trasparente verrà accertata in ogni sede giudiziaria; ho fatto, lo ribadisco, una scelta d’amore verso la mia Città. Per questa ragione non sarà una legge profondamente ingiusta, come la ritengono illustri costituzionalisti ed esponenti di ogni parte politica, a farmi arretrare di un millimetro. Fino a quando sarò chiamato a farlo rispetterò il mandato che mi è stato affidato dai catanesi, con lo scrupolo e la coscienza di chi considera Catania la propria vita, la propria famiglia e, da sindaco, la propria missione».


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