Pedara, un canile nel bene confiscato in stato di abbandono «Autorizzati dal Comune». Ex sindaco: «Era un’emergenza»

Per ogni bene confiscato, almeno una anomalia. Poi ci sono casi particolari in cui le criticità si sommano. È il caso della villetta in via Serra, nella periferia di Pedara (in provincia di Catania), che è appartenuta al narcotrafficante Mario Mirabella, detto Zio Mario. L’immobile è tra quelli inseriti nel primo bando dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) per assegnarli a enti, associazioni o cooperative, eppure fino a poco tempo fa era senza un coadiutore custode. Una villa in totale stato di abbandono, pericolante e con vasche di eternit all’interno. Non solo, nel giardino, c’è una specie di canile chiuso con una rete metallica e un lucchetto dove si trovano rinchiusi alcuni cani in buono stato di salute

«Durante il sopralluogo che abbiamo effettuato l’altro ieri – racconta a MeridioNews Nicola Grassi di Asaec, una delle associazioni che insieme a I Siciliani Giovani e Arci Sicilia si sta occupando della questione – abbiamo notato una ragazza che si stava prendendo cura dei cani». È il coadiutore nominato dall’Anbsc Santi Cutrali a chiedere alla giovane le proprie generalità. «Ci ha detto di essere una volontaria dell’associazione Lida (Lega italiana dei diritti dell’animale)». Di fronte alla richiesta di motivare la propria presenza, la ragazza ha riferito di una «autorizzazione ricevuta dal Comune di Pedara ad accudire alcuni cani randagi in quello spazio». Un bene su cui, però, l’ente comunale non ha alcuna autorità visto che è ancora tra quelli in gestione dell’Agenzia. Tanto che di questa concessione, comunque impropria, non esiste alcuna documentazione

Alle richieste di chiarimento del coadiutore, l’attuale sindaco di Pedara Alfio Cristaudo (eletto poco più di un mese fa) ha rimandato all’amministrazione precedente. «Non mi ricordo di avere fatto una autorizzazione del genere in forma orale e poi su un bene che non è del Comune», risponde a MeridioNews l’ex primo cittadino Antonio Fallica in un primo momento. In seguito alla nostra segnalazione, però, fa qualche telefonata e poco dopo ci ricontatta. «Mi fido di quanto mi ha detto la referente di Lida: cioè, che è stata una decisione – afferma il sindaco – che ho preso per tamponare un’emergenza randagismo sul territorio e me ne assumo tutte le responsabilità perché l’ho fatto nell’ottica della cura degli animali». Dunque, una concessione verbale dell’allora sindaco per mettere a disposizione di un’associazione una parte di un bene su cui, però, l’amministrazione comunale non aveva alcun diritto

«Non abbiamo mai avuto un’autorizzazione scritta da parte del Comune – conferma a MeridioNews Bianca Biriaco, la referente locale di Lida – Ma in quella zona abbiamo trovato tre cani abbandonati che correvano un forte rischio di essere avvelenati e, quindi, abbiamo cercato una soluzione per metterli al sicuro informando l’amministrazione». Da diverso tempo, i volontari vanno quotidianamente nella villetta di via Serra per portare da mangiare agli animali. «La parte recintata – sottolinea Biriaco – esisteva già, non l’abbiamo costruita noi. In ogni caso, non pensiamo di avere commesso nessun reato e non abbiamo nulla da nascondere anche perché in quella proprietà è tutto aperto». Stando a quanto dichiarato da entrambe le parti, l’utilizzo dell’area sarebbe stato a titolo gratuito e l’associazione non avrebbe ricevuto fondi dall’ente comunale. «Mi sembra un polverone sollevato chissà per quale motivo – dice ancora Biriaco – Non è una cosa lecita, ma di sicuro ci sono cose molto più gravi. Se troveremo un altro posto, porteremo via da là i cani. Intanto – afferma – stiamo pensando a presentare un progetto per avere l’assegnazione di quel bene e continuare a tenerci gli animali». 

Dopo il cancello inizialmente trovato chiuso nel bene confiscato a Palagonia e i segni della presenza nel compound che fu degli Zuccaro a Gravina, «anche a Pedara abbiamo trovato una situazione che ci ha lasciati perplessi e disorientati sulla situazione dei beni confiscati nella provincia etnea – commenta Grassi – tanto che abbiamo già provveduto a segnalarla alla commissione regionale antimafia e alla prefettura di Catania». L’obiettivo dovrebbe essere quello di restituire alla collettività i beni che sono stati tolti alle mafie «in questo caso, però, abbiamo anche comunicato all’Agenzia – conclude il presidente di Asaec – che, tra l’occupazione e lo stato di degrado e precarietà strutturale, è impossibile procedere a una corretta progettualità». 


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