Maniace sciolto per mafia, parroco scrive a Mattarella «Gravi, immeritati e diffamatori giudizi sulla comunità»

«Ha reso noto al mondo gravi, immeritati e diffamatori giudizi sull’intera comunità». Così padre Nunzio Galati, parroco 81enne da oltre mezzo secolo a Maniace, ha scritto in una lettera che ha inviato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per commentare la relazione che ha portato allo scioglimento per mafia del paesino dei Nebrodi in provincia di Catania, dopo un accesso ispettivo.  

L’anziano parroco lamenta il fatto che nella relazione sullo scioglimento si affermi che «la mala gestio dell’amministrazione sarebbe figlia naturale di una comunità che, inquinata e corresponsabile, avrebbe esposto l’ente locale al rischio di agevolare interessi riconducibili a soggetti intranei alla criminalità mafiosa» e che «l’ente locale avrebbe agevolato con compiacenza gli affari illeciti della stessa comunità». Per padre Galati, ci sarebbe insomma una sorta di controsenso nel punto in cui «la famigerata collettività dal cupo volto mafioso e correa nella mala gestio amministrativa diventerebbe, improvvisamente, vittima innocente da porre sotto tutela». 

E, invece, il sacerdote aggiunge che si sarebbe aspettato «per coerenza, l’unica conclusione radicale: sanare (miracolosamente) alla radice l’intera popolazione maniacese se non ricorrere, addirittura, a rimedi più estremi. Ma chi avrebbe dovuto compiere tale miracolo – chiede padre Galati – se è stato incapace lo stesso Stato con le sue scuole quali barriere, per vocazione, nonché presìdi organici, funzionali a sterilizzare sul nascere, grazie alla promozione culturale, ogni tentazione malavitosa di stampo mafioso?». Una domanda che, al momento, rimane aperta. 

Sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine erano finiti, con un lavoro interforze, documenti, rapporti di parentela e vicende giudiziarie. Il sindaco Nino Cantali si è sempre detto sereno per il lavoro svolto e ha escluso ogni tipo di rapporti con le cosche locali.


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