Coronavirus, alla Pfizer braccio di ferro sulla chiusura I sindacati premono per lo stop all’impianto catanese

Uno stop di due settimane allo stabilimento della casa farmaceutica Pfizer alla zona industriale di Catania. I sindacati non vogliono mollare: hanno una sola richiesta per la multinazionale, per sentirsi più sicuri dopo che un loro collega è diventato la prima vittima di Catania affetta da coronavirus e la terza in tutta la Sicilia. Il quadro clinico del 52enne non era buono già in partenza, ma le sue condizioni si sono aggravate molto velocemente dopo avere contratto il Covid-19. Adesso l’impianto è quasi del tutto chiuso e lo rimarrà per l’intera settimana, ma l’obiettivo dei rappresentanti dei lavoratori è ottenere un blocco che duri 15 giorni. Una sorta di quarantena aziendale, per evitare la diffusione del virus tra uffici e area produttiva.

Il cittadino adesso deceduto ha cominciato a stare male lo scorso 6 marzo. Da quel momento è rimasto in casa per una settimana fino a quando, il 13 marzo, la sua situazione non è peggiorata ed è stato preso in carico dall’ospedale Cannizzaro di Catania. Al pre-triage infettivologico l’uomo presentava tosse, febbre e difficoltà respiratorie: i sintomi classici del contagio. Il 14 marzo, la Pfizer ha informato i sindacati: il collega era risultato positivo al test del tampone orofaringeo ed era ricoverato. Le sue condizioni si sono aggravate: il 16 marzo, dieci giorni dopo il manifestarsi dei primi sintomi, il 52enne è morto.

Non è chiaro come abbia contratto il virus, quello che è certo è che ai colleghi che lavoravano a più stretto contatto con lui è stato consigliato l’autoisolamento. L’uomo si occupava del controllo della documentazione e si spostava dunque tra il reparto di produzione e gli uffici. Da lunedì in quel grande complesso alla zona industriale di Catania non si presenta quasi nessuno: sono rimaste operative solo alcune unità di personale che si occupano della sicurezza dello stabilimento e delle tutele ambientali. Un paio di decine di dipendenti «indispensabili», li definiscono. Secondo quanto risulta ai lavoratori, non ci sono colleghi sottoposti al test del tampone.

Ieri pomeriggio la multinazionale ha tenuto una riunione in videoconferenza con i referenti delle sigle sindacali. L’obiettivo dei rappresentanti dei lavoratori è vincere le rimostranze di Pfizer rispetto alla chiusura. Sembra infatti che la casa farmaceutica abbia giustificato l’impossibilità di fare durare il blocco della produzione anche oltre questa settimana con la necessità, per la salute pubblica, di continuare a commercializzare antibiotici ad ampio spettro. Di cui non ci sarebbero sufficienti scorte in magazzino. «E alla nostra salute non ci pensa nessuno?», domanda un dipendente. Attualmente, lui come tutti gli altri è in congedo retribuito. Sul tavolo del braccio di ferro tra azienda e sindacalisti, però, c’è anche questo: come inquadrare eventuali giorni ulteriori senza lavoro, garantendo comunque loro lo stipendio. L’unità di crisi congiunta si riunirà anche oggi. 


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