Unict, Famoso e Pioletti contro Recca Le due verità sul controverso mandato

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Un’intervista destinata a fare discutere. E’ quella rilasciata dal rettore dell’Università di Catania e candidato al Senato per la lista Monti Antonino Recca all’emittente locale D1 lo scorso 15 gennaio. Inevitabilmente, uno dei punti centrali è quello relativo al mondo accademico. Il magnifico rettore ripercorre dunque gli inizi del primo mandato, quando al suo fianco come prorettore nominò uno dei candidati alla corsa, il preside fondatore della facoltà di Lingue Antonio Pioletti. Poi la rottura dell’alleanza, i problemi della facoltà di Lingue che portarono alla chiusura della sede catanese, le contestazioni in alcune occasioni ufficiali, il rapporto con il Coordinamento unico d’Ateneo, lo Statuto.

Una ricostruzione che secondo i due ex presidi di Lingue Antonio Pioletti e Nunzio Famoso non sarebbe corretta e la risposta arriva con una nota congiunta molto critica: «È doveroso rispondere non certo per spirito polemico né per esigenze di stampo personalistico, ma unicamente per ristabilire chiarezza, precisione e correttezza di fronte a una serie di valutazioni da lui espresse che mistificano sul passato per interessi legati al presente elettorale – scrivono i due docenti – e soprattutto perché ci sta a cuore il futuro di un Ateneo spesso trascinato da una gestione improntata a logiche autoritarie e clientelari in un clima non consono a un’istituzione di alta cultura».

Secondo il prof. Recca, uno dei motivi per cui il rapporto con il suo primo vice si è in breve deteriorato è stato di origine politica: «Con Pioletti – ha affermato il magnifico – c’era stato un problema che c’è nel Paese di una sinistra radicale che da un lato pensa di governare e dall’altro pensa di fare opposizione al momento del governo». «Recca e Pioletti sottoscrissero un accordo programmatico non fra schieramenti politici, ma su un metodo di gestione dell’Ateneo e su alcuni contenuti di fondo – si legge nella nota a firma dei due docenti – la cosiddetta estrema sinistra non c’entra proprio niente; ragiona diversamente solo chi, come Recca appunto, ha avuto e ha una visione, dimostrata dai fatti, del tutto politicista della gestione dell’Ateneo».

A dare il colpo di grazia all’alleanza, il debito stimato dal prof. Recca in circa due milioni di euro – dell’ex facoltà di Lingue e letterature straniere e delle sue sedi di Catania e Ragusa. Una sorta di tradimento del patto sottoscritto tra i due, secondo rettore. Anche in questo caso, la versione dei due ordinari è differente: «I motivi della rottura sono relativi non al cosiddetto “debito” della facoltà di Lingue, ma all’insofferenza dimostrata da Recca nel collaborare con un collega che non fosse un passivo e silente signorsì e che dimostrava nei settori per i quali era delegato (relazioni sindacali e internazionalizzazione) fedeltà all’accordo programmatico e capacità gestionali unanimemente riconosciute ieri e oggi. Se la causa fosse stata la situazione finanziaria di Lingue – continua la nota – perché mai Recca ebbe a insistere su Pioletti perché tenesse le deleghe (che tenne solo per portare a termine iniziative già intraprese e che poi lasciò) e tornasse comunque a fare il preside di Lingue (scelta ovviamente rifiutata in vista della riconferma del preside Famoso)?».

La questione del debito di Lingue è, secondo i due ex presidi, più complessa e ha origine proprio al momento della sua fondazione. Nata dopo la legge sull’autonomia universitaria, alla facoltà più giovane dell’Ateneo catanese non è stata assegnata una voce nel Fondo di funzionamento ordinario: «Lingue per quasi otto anni è stata costretta a ricevere solo una parte minima del contributo tasse a fronte dei costi relativi a una didattica (lettori a tempo indeterminato e determinato, contratti, laboratori, inadempienze del Consorzio di Ragusa con il quale l’Ateneo patteggiò al ribasso un accordo, ecc.) che fosse degna di questo nome». Nel 2007, lo stesso rettore Antonino Recca varò un piano di rientro che teneva conto di queste condizioni particolari. Una situazione nota in tutto l’Ateneo, sostengono i professori Pioletti e Famoso. Ma «di tutto questo è stato fatto, e si continua, a quanto pare, a fare, un uso del tutto strumentale fino al tentativo, finora non riuscito e dovuto a presbiopia e miopia culturali, di chiudere a Catania finanche i corsi di lingue». Eppure c’era già un precedente simile che riguarda l’Ateneo e l’università Kore di Enna. Un contenzioso che ha portato a una perdita per le casse di palazzo Centrale di «una cifra che aggira fra i 15 e i 20 milioni di euro».

Secondo il magnifico Recca, la politica ritorna ancora una volta come motivo di tensione tra lui e il suo vice. Come le contestazioni nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico 2008/09 e di un incontro con ospite principale il deputato Udc Rocco Buttiglione e una critica del prof. Famoso non gradita dal rettore a un sottosegretario del Miur (Luciano Modica, secondo la ricostruzione del magnifico, Giovanni Ragone secondo la nota dei due docenti).

Poi le voci – rivelatesi non esatte – di una candidatura dell’allora preside Nunzio Famoso come sindaco di Catania. «Mistificazione veramente grottesca – viene definita – in primo luogo perché il prof. Famoso non ebbe a candidarsi (infondate furono le notizie di stampa) e in secondo luogo perché se anche ciò fosse avvenuto, non si vede per qual motivo questo non fosse un diritto del prof. Famoso e, in ogni caso, in che cosa una scelta siffatta potesse coinvolgere il prof. Pioletti».

Nella sua lunga intervista, il rettore non risparmia critiche nemmeno al Cuda (un coordinamento composto da «anonimi», secondo la sua definizione). «Questi colleghi rappresentano l’un per mille dell’Ateneo», ha affermato Recca. «Peccato che il Cuda abbia raccolto, nelle ultime elezioni, oltre trecento voti per i suoi candidati, ovvero circa un terzo dei docenti dell’Ateneo», ribattono i due ex presidi. Difesa a tutto campo, invece, dello Statuto («uno dei migliori d’Italia»), anche se il rettore ammette che la discussione è stata dura: «Se avessimo utilizzato un modo più sereno di affrontare gli argomenti da entrambe le parti, la situazione sarebbe stata meno traumatica dal punto di vista mediatico». Opposto il giudizio di Antonio Pioletti e Nunzio Famoso: «Lo Statuto approvato dagli organi di governo dell’Ateneo è uno dei peggiori d’Italia, monocratico e segnato da una centralizzazione amministrativa che sta creando guasti profondi. La dislocazione delle risorse, sottoposte checché se ne dica a tagli lineari, penalizza servizi essenziali».

Nel corso dell’intervista, il candidato dell’Udc ha affermato: «Se mi fossi schierato con l’estrema sinistra non avremmo avuto alcun problema», facendo riferimento alla rottura con Pioletti. Poi, al momento della seconda campagna elettorale che ha sancito la sua rielezione, sono arrivate le alleanze con colleghi moderati à la Monti. D’altronde, come ha sottolineato, l’impegno in politica è stato essenziale per difendere temi come la medicina universitaria. Anche a dispetto delle dichiarazioni rilasciate nel corso della prima campagna nelle quali escludeva qualsiasi possibilità di mischiare la politica al mondo accademico anche al termine dell’incarico di capo dell’Ateneo. «Lasciamo volentieri al politicismo del candidato Recca ricostruzioni ed etichette di comodo – rispondono i docenti nella nota – ben sapendo che intere regioni d’Italia sono state governate da quelli che lui chiama “estremisti di sinistra” con successi ben superiori a quelli registrati da coloro che lui chiama “moderati”. Un’etichetta, quest’ultima, che non vuol dir niente».

 

[Foto di candido33]


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Il magnifico rettore dell'Università etnea e candidato Udc al Senato Antonino Recca ha rilasciato un'intervista a un'emittente locale nella quale racconta i primi anni del suo mandato e le cause della rottura dell'alleanza con il suo primo prorettore, Antonio Pioletti. Ma quest'ultimo, assieme al collega Nunzio Famoso, ha inviato alla nostra redazione una lunga nota «per ristabilire chiarezza, precisione e correttezza di fronte a una serie di valutazioni da lui espresse che mistificano sul passato per interessi legati al presente elettorale»

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