La cittadina del palermitano da più di due anni ha i riflettori puntati addosso. L'ex sindaco Giardina alza il tiro: «Se sono mafioso arrestatemi». E torna a sollevare dubbi sulle sorelle Napoli. Mentre per Salvatore Battaglia «l'attenzione dello Stato c'era anche prima dei media»
Mezzojuso, dopo lo scioglimento il paese è spaccato Tra veleni, accuse e quella «paura a uscire di casa»
«La gente ha paura a uscire di casa» dice lui. «Ci si guarda in cagnesco l’un con l’altro» aggiunge lei. E in effetti quando si arriva a Mezzojuso la prima impressione è quella di una comunità spaccata. Dopo lo scioglimento del Comune per «accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali», così come stabilito lo scorso 12 dicembre dal Consiglio dei Ministri, nel paese palermitano tira una generale aria di diffidenza. Veleni, sospetti reciproci, accuse con venature di complottismo: da quando a settembre 2017 è venuta fuori la storia delle sorelle Napoli, che hanno denunciato anni di intimidazioni nei loro terreni al confine con Corleone, Mezzojuso ha avuto le luci dei riflettori addosso. Soprattutto quelle di La7 e del programma Non è l’Arena, col conduttore Massimo Giletti che ha allestito una vera e propria story (a metà tra il crime e il drama) con tanto di puntate (13 al momento, in attesa di nuovi risvolti). E un paese tacciato di omertà, dove gli abitanti avrebbero le bocche cucite. Invece la voglia di parlare è tanta: spesso fuori dai microfoni e dalle registrazioni, ma comunque tutti alla ricerca della verità. Qualunque essa sia. Perché, per dirla con Gianni Rodari, «nel paese della bugia la verità è una malattia».
Sono tanti i protagonisti di questa storia. C’è per esempio Salvatore Giardina, l’ormai ex primo cittadino che è stato destituito dopo la relazione degli ispettori inviati dal Viminale lo scorso 3 giugno. Lui però non demorde. Al bar Roma, a lato del Municipio, c’è chi lo chiama ancora sindaco e chi gli mostra vicinanza. «Il Comune è stato sciolto per una scelta politica, non per le presunte infiltrazioni mafiose – attacca Giardina – Ad oggi a Mezzojuso non ci sono persone arrestate col 416 bis (il reato di associazione mafiosa, ndr), quindi il governo mi deve dire da chi mi sono fatto condizionare o chi ho favoreggiato. Sfido chiunque a trovare un atto che possa aver favorito qualche consorteria mafiosa. Dirò di più: venitemi ad arrestare, se sono mafioso. Perché vengo lasciato a piede libero, se sono così pericoloso? Il percorso che ha portato allo scioglimento nasce da una trasmissione televisiva martellante, che ha inventato cose di sana pianta».
Nonostante la destituzione l’atteggiamento di Giardina nei confronti delle sorelle Napoli è sempre uguale: se da una parte continua a ricordare la solidarietà della sua giunta «atti alla mano», dall’altra continua a lanciare allusioni e dubbi sulla loro condotta e più in generale sulla storia della tenuta. «A lavorare dalle signorine Napoli non voleva andarci nessuno perché è risaputo che non pagano – afferma l’ex primo cittadino – Se non hanno avuto solidarietà è perché non hanno mai fatto vita sociale, perché guardavano tutti dall’alto. E se io non sono iscritto nel registro dei mafiosi della provincia di Palermo, il loro padre invece lo è, al numero 849 (Giardina fa riferimento a una informativa dei carabinieri del 1970, poi sconfessata nel 1974 da una sentenza del tribunale di Palermo, ndr). Se è vero che, come nel loro caso, le colpe dei padri non devono ricadere sui figli allora ciò deve valere per tutti. Io ho parenti che fanno parte delle forze dell’ordine, l’ho sempre saputo da che parte stare: dalla parte della legalità e dello Stato. Che però mi ha deluso: da uomo delle istituzioni accetto la decisione presa, anche se secondo me è stata presa con troppo fretta».
Mezzojuso, in ogni caso, non appare diverso da altri paesi siciliani o del resto d’Italia. Si ha l’impressione che qui il vaso dei veleni che ogni paese tiene sigillato, pena la perdita della convivenza civile, sia stato scoperchiato dalle sorelle Napoli, che hanno più volte lamentato di essere state isolate dalla cittadinanza e di non aver ricevuto solidarietà, e dall’arrivo della troupe di La7. Lo nominano tutti e tutte, Giletti: amato e detestato, il giornalista di La7 torna sempre nei discorsi della gente. Come in quelli di Salvatore Battaglia, l’intermediario assicurativo che sostiene il lavoro di indagine portato avanti dal programma televisivo. Dopo aver fatto parte di un comitato che voleva difendere il buon nome del paese (e aver sostenuto elettoralmente l’ex sindaco Giardina), Battaglia è passato a difendere le sorelle Napoli. Una scelta che gli è costata l’isolamento da parte del paese. Di una cosa è certo: è contrario all’idea che a Mezzojuso si sia assistito al primo scioglimento mediatico della storia d’Italia (come invece sostengono alcuni suoi concittadini). «Le denunce di Giletti fanno storia a sé, nel senso che si può tranquillamente constatare come lo scioglimento arriva dopo le audizioni della Commissione Antimafia, dopo l’avvio di un processo a Termini Imerese e dopo la relazione degli ispettori, nominati dal ministero dell’Interno, che hanno avuto modo di studiare gli atti. Si tratta di esperti del settore. Io credo che l’attenzione su Mezzojuso fosse presente anche prima dell’arrivo dei media. Tv e giornali sono stati una cassa di risonanza di problemi che, a quanto si è capito, si protraevano da tempo». Mentre il sindaco Giardina e i suoi fedelissimi hanno una sorta di guerra aperta col conduttore televiso e l’inviato Danilo Lupo. C’è chi per esempio aveva profetizzato questo esito già l’anno scorso, perché «Giletti con noi vuole fare carriera, potrà intestarsi di aver fatto sciogliere un Comune per mafia e così potrà avere un ruolo politico in qualche governo».
A Mezzojuso gli abitanti sono poco più di tremila. I problemi sono tanti, e simili a quelli di tante altre realtà dell’entroterra: collegamenti dissestati, mancanza di infrastrutture, mancata valorizzazione turistica del paese, emigrazione giovanile. E la presenza della mafia, che c’è anche quando non si vede (soprattutto quando non si vede). Eppure nelle potenzialità del paese palermitano, almeno a parole, tutti sembrano credere: dal bosco (appena fuori dal perimetro urbano) alle chiese, dal patrimonio librario della biblioteca alle castagne e ai funghi porcini. E come si inserisce in questo quadro lo scioglimento del Comune? Anche in questo caso le visioni sono opposte. «C’è il rovescio della medaglia – dice Salvatore Battaglia – Ovviamente lo scioglimento non è una buona pubblicità. E coloro che hanno criticato la scelta spesso sono i sodali dell’ex sindaco. Chi scrive “andiamoci a riprendere quello che è nostro“ fa qualcosa di inconcepibile: la carica pubblica è un onore che ricevi, non un potere tuo che puoi esercitare come ti pare. Dall’altra parte c’è chi ha gioito, non tanto per lo scioglimento del Comune ma per l’arrivo dei commissari. Perché ciò significa la garanzia che tutto ciò che verrà deciso d’ora in poi sarà fatto all’insegna della massima onestà e con la supervisione del prefetto. Io porto l’esempio di Corleone, dove le tre donne che hanno gestito il commissariamento del Comune hanno compiuto a detta di molti un egregio lavoro. Credo che comunque sia sbagliato il costrutto mentale di guardare con diffidenza a chi arriva da fuori: è arrivato lo Stato, il massimo organo di garanzia nei confronti del cittadino».
Al contrario, per l’ex sindaco Salvatore Giardina, «non si può sciogliere un Comune perché qualche consigliere o il sindaco ha parenti mafiosi. Io impugnerò l’atto al Tar, e lo farò per me e i miei figli, perché questa è una storia falsa dall’inizio alla fine. Mezzojuso continua a essere un paese tranquillo e sereno, dove vige un grande pregio che è quello dell’ospitalità. Ma ne usciamo con le ossa rotte. Oltre al danno ha avuto la beffa finale: se nei precedenti cinque anni della mia amministrazione qui si erano aperte una ventina di aziende, da quando è cominciata questa vicenda cinque imprese sono state chiuse, e altre stanno andando via. Ciò avviene perché c’è un clima di terrore: ma non perché c’è la criminalità organizzata che pressa queste attività, piuttosto perché c’è un clima talmente pesante che qui si ha paura a uscire di casa, con la paura delle telecamere. Fino a questa mattina noi abbiamo subìto vergognosi attacchi sui social. Se è conclamato che qui ci sono mafiosi, perché non li arrestano? Perché non arrestano quelli che fino all’altro ieri facevano i raid alle sorelle Napoli, o perché non arrestano chi ha incendiato l’auto di Salvatore Battaglia? ».
In attesa della relazione degli ispettori, che metta nero su bianco i motivi che hanno portato allo scioglimento (e che, ricordiamo, è una misura che non ha natura di provvedimento sanzionatorio, ma preventivo di carattere straordinario), quel che è certo è che ciò non è avvenuto per «i parenti mafiosi» ma per «accertati condizionamenti». Non proprio la stessa cosa. A Mezzojuso però tutto si complica, come in un giallo di Leonardo Sciascia. Ad esempio che tra il maresciallo dei carabinieri Pietro Saviano e l’ex sindaco Salvatore Giardina non corra buon sangue è cosa nota – perché in paese tutti sembrano sapere tutto. Ma quando arriviamo in piazza Saviano e Giardina si salutano con tanto di bacio sulla guancia. Sullo sfondo resta una generale diffidenza verso lo Stato. «Io non mi fido dei carabinieri, se ho un problema vado al commissariato di Corleone» afferma un abitante, e altri gli danno ragione. Ma c’è o no un problema di legalità in paese? «Assolutamente sì – conviene l’intermediario assicurativo – Ciò che viene propinato alla cittadinanza è molto differente da quanto emerge dai documenti. Di fronte a delle intercettazioni sulle sorelle Napoli dove si legge che “queste donne devono svegliarsi morte” e “dobbiamo mandarci gli animali come si faceva una volta“, quali sono ancora i dubbi? Non c’è da criminalizzare ma da sensibilizzare ed educare».
Se l’opinione pubblica conosce ormai molto di quel che è avvenuto a Mezzojuso, meno noto è il destino di chi, volente o nolente, è entrato in questa sorta di reality – basti ricordare che l’ex ministro Matteo Salvini ha annunciato l’arrivo degli ispettori dal palco di Non è l’Arena nella puntata del 28 maggio. Come è cambiata la vita degli abitanti dopo le attenzioni dei mass media? «Inizialmente c’era una forte diffidenza nei miei confronti – racconta Battaglia – perché molti dei miei paesani mi ritenevano corresponsabile di quanto stava accadendo. Tante persone si sono però ricredute, e questo mi ha fatto piacere. La mia vita in generale è parecchio cambiata. La mia attività è stata rasa al suolo, perché c’è stato il fuggi fuggi da parte della mia clientela. Quel che non mi aspettavo è che è nato uno splendido rapporto di fratellanza con le sorelle Napoli: cerco di stare loro vicino, facendo tutto ciò che è nelle mie capacità per farle sentire meno sole. E mi sembra che ci sia un risveglio. Forse è merito del commissariamento, che può aver scosso qualche coscienza. Non so se è dovuto al fatto che magari prima le persone non si sentivano libere di esternare le proprie opinioni. Però devo dire che questa è una piccola vittoria».