Non credono nell'incidente gli ex compagni di squadra e gli allenatori del ragazzo di 13 anni trovato in fin di vita a febbraio a Librino e poi morto. Adesso vogliono giustizia. Per ricordarlo ieri i capitani hanno indossato una fascia nera al braccio e hanno promesso di intitolare al giovane la club house del campo San Teodoro, inaugurata subito dopo la partita insieme agli under 16 dell'Agrigento con un set fotografico contro il cancro alla prostata
Briganti, lutto al braccio per Peppe Cunsolo «Dopo nove mesi, vogliamo la verità»
Una fascia nera al braccio, nella partita di ieri, in segno di lutto, per non dimenticare la storia di Peppe Cunsolo. L’hanno messa i capitani delle squadre dei Briganti rugby per ricordare il ragazzo che, a soli 13 anni, è morto il 14 febbraio dopo essere stato trovato da solo per la strada in condizioni gravissime in viale Castagnola, a Librino, due settimane prima. Sono cinque capitani, uno per ogni categoria: dall’under 14 dove Peppe aveva iniziato ad allenarsi, fino ai senior della serie C. Perché, spiegano i Briganti rugby sul proprio sito, «vogliamo conoscere la verità, vogliamo che non si fermino le indagini su quanto successo». Ma dalla procura di Catania non trapela nessuna novità.
«Non crediamo nell’incidente, perché dopo nove mesi non sappiamo ancora nulla, nemmeno i risultati dell’autopsia», dichiara il capitano della squadra di serie C dei Briganti, Angelo Scrofani, che è anche allenatore dei giovani under 14. «Peppe doveva allenarsi con me nell’under 14, prima di morire, e il suo ricordo è sempre vivo nei compagni. La nostra squadra e il mio impegno hanno l’obiettivo di togliere quanti più ragazzi possibile dalle strade, avvicinandoli allo sport, che è sempre meno praticato», spiega l’atleta. Che chiede agli inquirenti di dare una risposta su un presunto incidente in motorino del quale la polizia municipale non è riuscita a ricostruire la dinamica, ritrovando sul luogo solo una misteriosa targa d’automobile. «Periodicamente abbiamo chiesto informazioni, anche alla Procura di Catania», spiega Samuele Barone, anche lui membro della squadra dei Briganti e promotore del Comitato San Teodoro.
La Procura etnea ha infatti avviato un’indagine sulla morte di Peppe Cunsolo, condotta insieme alla polizia municipale di Catania. A coordinarla il sostituto procuratore Salvatore Faro, ma la vicenda è seguita personalmente anche dal procuratore capo Giovanni Salvi. «Potrebbe non essere stato un incidente», affermava il reggente dell’ufficio etneo a febbraio, rimandando ulteriori sviluppi ai «risultati dell’autopsia». Risultati sui quali, nonostante la procura sia stata regolarmente contattata nel corso dei mesi, il Procuratore non ha ancora fornito notizie. Un vero mistero, che segue quello relativo ai rilievi fatti dalla polizia municipale sul luogo del presunto incidente, dove non sono stati ritrovati segni evidenti della dinamica di un eventuale sinistro. E mentre le indagini sembrano essersi arenate, i Briganti vanno avanti nella loro opera di sensibilizzazione.
«A Peppe Cunsolo vorremmo dedicare almeno una parte dell’impianto San Teodoro: probabilmente le stanze che abbiamo appena ristrutturato, che erano distrutte ma che da ora in avanti useremo come club house», spiega Samuele Barone. «Un luogo dove si seguono le partite della nazionale – chiarisce – dove si sta insieme a discutere di sport e soprattutto si esegue il terzo tempo». E ieri, subito dopo la partita contro il Miraglia Agrigento, i Briganti hanno inaugurato la struttura insieme agli atleti della squadra di serie C e alla giovanile under 16 dell’Agrigento con un set fotografico. Entrambe le squadre hanno aderito alla campagna Movember contro il cancro alla prostata. In campo, tutti gli adulti con i baffi per supportare l’iniziativa.