La procuratrice generale ha anticipato che, alla fine del suo discorso davanti alla corte d'assise d'appello, chiederà di confermare le condanne di primo grado. Sul banco degli imputati i boss Madonia e Tutino, e i finti pentiti Pulci, Andriotta e Scarantino
Borsellino quater, al via oggi la requisitoria del pg «Che tempo, lucidità e lavoro fatto portino a verità»
«Che si arrivi alla verità». Questo quanto auspicato dalla pg Lia Sava nella requisitoria di oggi al processo Borsellino quater, che si sta celebrando davanti ai giudici della corte d’assise d’appello di Caltanissetta. «Confidiamo che il tempo trascorso, la lucidità e l’opera condotta all’unisono consentiranno, appunto, di arrivare alla verità».
Sul banco degli imputati i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino e i tre falsi collaboratori di giustizia Calogero Pulci, Francesco Andriotta e Vincenzo Scarantino. Madonia e Tutino, in primo grado sono stati condannati all’ergastolo, mentre Andriotta e Pulci a dieci anni di reclusione per calunnia. Reato prescritto per Scarantino. La pg Sava ha già anticipato che chiederà la conferma delle condanne di primo grado. Dopo anni di depistaggi, la svolta arrivò con le dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza che, nel 2008, permise di riaprire sulla strage di via d’Amelio un nuovo filone di indagini. A causa delle dichiarazioni rese dai falsi pentiti, sette persone innocenti furono condannate ingiustamente all’ergastolo e poi scarcerate.
Mentre, sempre a Caltanissetta, nell’ambito della strage di via d’Amelio e delle indagini depistate, sul banco degli imputati ci sono adesso anche tre ex funzionari dello storico gruppo Falcone-Borsellino: Mario Bo, Matteo Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di aver avuto un ruolo nella creazione e nella manipolazione del finto pentito Scarantino. Devono rispondere di concorso in calunnia aggravata. Stessa accusa rivolta anche due ex pm del pool che investigò sull’attentato del 19 luglio ’92, Carmelo Petralia (oggi alla procura di Catania) e Annamaria Palma (avvocato generale a Palermo). La procura di Messina li ha di recente iscritti nel registro degli indagati, per chiarire se abbiano avuto un ruolo in quello che è stato definito «il più grande depistaggio della storia italiana».