Due commedie dal titolo U santu rusariu e U spiddu sono state recitate nei locali dell'Associazione cattolica cultura ambiente. A scriverle Emanuele Giordano, nome dietro il quale si cela il 73enne a processo per i presunti abusi sessuali sulle ragazzine
Lavina, le opere del santone Capuana in scena al cenacolo Firmate con uno pseudonimo. «È teatro intriso di Cristo»
Un salone colmo di gente e una commedia in siciliano. Fin qui niente di strano, sono tanti i luoghi che in estate si animano offrendo occasioni di socialità. Le cose cambiano quando si scopre che il palcoscenico casalingo è quello dell’Associazione cattolica cultura ambiente, finita lo scorso anno al centro dello scandalo sugli abusi sessuali che sarebbero stati perpetrati nei confronti delle ragazzine, ma soprattutto che a firmare l’opera teatrale è Emanuele Giordano.
Questo è infatti lo pseudonimo usato da Pietro Capuana, il santone fondatore della comunità di Lavina (Aci Bonaccorsi) oggi a processo con la pesante accusa di avere violentato minorenni. Sfruttando il carisma riconosciutogli dai frequentatori di quella che, per gli inquirenti, più che un’associazione di ispirazione religiosa era una vera e propria setta. A dare notizia della recita è stata nei giorni scorsi la stessa associazione, tornata a organizzare attività dopo un periodo di stasi, seguito all’arresto di Capuana e delle donne che, per venire incontro ai suoi desideri, avrebbero avvicinato e convinto le vittime a concedersi. «Si rinnova il bell’esempio di teatro dialettale che Emanuele Giordano porta nel cuore di ogni uomo che crede», è il messaggio che compare in un post sulla pagina Facebook dell’associazione. Le commedie scritte dall’uomo che si considerava la reincarnazione dell’arcangelo Michele sono state due: U santu rusariu (Il santo rosario) e U spiddu (Il fantasma). Ad assistere persone di tutte le età, compresi alcuni ragazzini. «Hanno onorato l’ambiente semplice siciliano dove ancora una volta il Cristo ci abbraccia e dice: “Andate avanti nella vostra innocenza!”», scrivono gli organizzatori, definendo l’evento «teatro intriso di Cristo».
Nei mesi scorsi l’associazione, prendendo le distanze dai fatti finiti al centro dell’inchiesta 12 Apostoli, ribadiva che il 73enne non era stato altro che uno dei soci. Di avviso diverso la procura di Catania che conta di dimostrare la fondatezza delle accuse all’interno del processo che riprenderà a ottobre, quando il giudice potrebbe esprimersi anche sulla costituzione di parte civile da parte della diocesi di Acireale. Una decisione, quella presa dal vescovo Antonino Raspanti, seguita alla nota con cui, a novembre scorso, lo stesso ha ordinato a tutti gli enti religiosi di sospendere qualsiasi rapporto collaborativo con la comunità di Lavina. La presa di posizione ha ricordato i forti attriti sorti, a partire dalla fine degli anni Settanta, dopo le numerose segnalazioni riguardanti quelle che l’allora vescovo, scrivendo al parroco Stefano Cavalli, definì «fatti particolarmente gravi sul piano dottrinale, morale e disciplinare».
Dell’utilizzo da parte di Capuana di uno pseudonimo si era parlato in merito alla carriera da scrittore del santone. Una delle ragazze che hanno denunciato gli abusi ha raccontato ai magistrati di avere ricevuto in regalo uno dei tanti libri firmati da Emanuele Giordano. Amore maturo, questo il titolo, parla della relazione tra una giovanissima e un anziano dalla cui unione nascerà anche un figlio e ha attirato l’attenzione degli inquirenti per fatti che poco hanno a che vedere con la vena artistica dell’autore. Che, a quanto pare, svestiti quelli da arcangelo, amava calarsi anche nei panni dello sceneggiatore.