Vengono riassunte in 17 punti le perplessità della giunta di Salvatore Puglisi sul piano da 23 milioni che doveva risolvere il caos escursioni. Ma sorprende ancor più la controffensiva da Castiglione: il sindaco Antonio Camarda manda all'aria il nascente autorizzatorio
Etna nord, ora per il project financing si fa durissima A Linguaglossa le «osservazioni» riscrivono il piano
Sulla carta non dovrebbe trattarsi di una pietra tombale, ma la sensazione prevalente è che il destino dell’ultimo miraggio infrastrutturale apparso sull’Etna sia ormai segnato. La giunta di Linguaglossa ha messo nero su bianco ben 17 «osservazioni» al project financing da 23 milioni di euro che avrebbe dovuto cambiare il volto del versante nord della montagna. Castiglione di Sicilia ha replicato minacciando «diffide» per il nascente regime autorizzatorio parallelo al progetto di finanza. In pochi avrebbero scommesso su un esito così poco entusiasmante, se si riavvolge il nastro fino al 2017: poco dopo l’elezione dei sindaci Salvatore Puglisi e Antonio Camarda, i due enti vararono in pompa magna un piano innovativo per risolvere il caso escursioni sull’Etna. Affidare cioè ai privati la pista per i crateri di proprietà dei due enti – fino al 2016 gestita dal gruppo Russo Morosoli – in cambio di ingenti investimenti nel campo della mobilità in alta quota.
Pervenirono tre buste e una commissione di esperti, guidata dall’ex procuratore Michelangelo Patanè, elaborò una graduatoria che segnò l’avvento dell’associazione di imprese Etna Alcantara mobility. La cordata fra le imprese Mongibello engineering, Jonica 2001, Aleclà sas e Sicily shop srl si piazzò al primo posto proponendo la costruzione, fra le altre cose, di una cabinovia da Piano Provenzana a quota 2400 metri, un ponte sull’Alcantara e una bidonvia fra il fiume e il borgo di Castiglione. Da allora, però, è successo di tutto.
Pochi mesi dopo, l’inchiesta Aetna della procura di Catania mise tutto in discussione. Manovre illecite, secondo i pm, avrebbero inquinato non solo gli appalti per le escursioni a Etna nord dal 2013 al 2017 – per cui sono indagati il patron Francesco Russo Morosoli e più di altre dieci persone – ma anche il percorso verso il project financing. In questo contesto, erano spuntati anche i nomi dell’ex presidente del Gal Etna Alcantara Cettino Bellia – il cui nome è però sparito dall’elenco degli indagati una volta chiuse le indagini – e della famiglia Vaccaro, gli imprenditori delle Gole dell’Alcantara, che nell’inchiesta non furono coinvolti. Così dopo l’operazione condotta dalla guardia di finanzia, l’iter del project – che già appariva lungo e complicato – sembrò impantanarsi ulteriormente.
Oggi i rilievi dell’amministrazione di Linguaglossa al project pongono condizioni che incrinano di fatto gli equilibri economici dell’operazione. Nel documento si chiede di rivedere il tracciato della cabinovia alla luce della sovrapposizione con gli impianti invernali di risalita già esistenti, costruiti da Russo Morosoli. Ma soprattutto pare venire meno la principale leva finanziaria del project che, secondo lo studio dell’Ati, avrebbe dovuto in parte pagarsi attraverso lo sfruttamento a fini commerciali della pista per i crateri. «L’utilizzo del tracciato – scrive oggi il Comune – sarà concesso solo ad avvenuto completamento delle opere». Dunque niente sbigliettamento ed escursioni in jeep per l’Ati non prima di cinque anni, a cui devono aggiungersi almeno due anni per l’iter di fattibilità tecnico-amministrativa della proposta, comprensivo di vari pareri.
Schizza poi addirittura del mille per cento il canone annuo che l’Ati deve impegnarsi a versare ai Comuni: nella bozza di partenza si parlava di diecimila euro che salivano a cinquantamila a regime; Linguaglossa ne chiede adesso cinquantamila per i primi due anni che salgono fino a centomila dal quinto anno «in ragione delle potenzialità economiche dell’insieme dei beni coinvolti». L’ente chiede inoltre di costruire una stazione di partenza per la cabinovia e di introdurre salate penali nel caso in cui non venga rispettato il cronoprogramma delle opere. Si passa così dall’idillio pubblico-privato a condizioni che qualcuno non esita già a definire «capestro».
L’apparente concordia fra i due Comuni pare venir meno anche per quanto riguarda il piano B di un appalto liberalizzato delle escursioni nelle more del project. Incalzata dalle durissime contestazioni degli operatori turistici per il blocco della via per i crateri, la giunta di Linguaglossa aveva spinto per un bando di tipo autorizzatorio, aperto cioè a più imprese, l’antidoto suggerito dall’Antitrust a difesa della libera concorrenza. Venerdì scorso erano stati approvati i dettagli dal Comune capofila, appunto Linguaglossa, delle linee guida che sembravano condivise: dodici licenze da 48mila euro l’una, al rialzo, per sei anni di durata. La delibera è stata però ieri platealmente sconfessata dal sindaco di Castiglione Antonio Camarda: «Apprendo dai giornali degli indirizzi per l’autorizzatorio – ha scritto su Facebook – ma noi abbiamo un’altra idea di sviluppo e soprattutto siamo proprietari di 5 chilometri dei 9 totali di tracciato». Il primo cittadino, invocando «rispetto per la mia comunità», sembra pronto a far saltare il tavolo con Linguaglossa: «Da domani le cose cambieranno, ho atteso abbastanza, portato rispetto e dopo tutto ciò nessuno concerta gli indirizzi. Ne prendo atto e domani (oggi per chi legge, ndr) partirà formale diffida». Il collega Puglisi, raggiunto da MeridioNews, cade dalle nuvole: «Eravamo d’accordo su tutto, non so perché Camarda abbia reagito così».