Tonnara di Favignana, l’ultimo rais rivive in un libro «Come un mito greco, ha visto il suo mondo sparire»

«Trovo terrificante che la tradizione della tonnara e tutta la storia che c’è dietro possano essere cancellate. Sarebbe una grossa perdita per tutti, non solo per Favignana o per la Sicilia». Ecco perché Massimiliano Scudeletti, autore di L’ultimo rais di Favignana, Aiace alla spiaggia, ha deciso di mettere nero su bianco 70 anni di storia di Favignana e d’Italia. E ha scelto di farlo attraverso uno dei personaggi più noti in questo scenario, Gioacchino Cataldo, ultimo rais di Favignana scomparso il 21 luglio 2018.

Il libro – uscito il 5 luglio grazie alla casa editrice indipendente Bonfirraro editore – verrà presentato per la prima volta a Trapani il 10 luglio alle 21.30, nella sede dell’associazione culturale Museo Vivente di Custonaci. Il tour proseguirà poi a Marsala (12), Favignana (13), Marettimo (14) e Palermo (16).

«Questo progetto è il pagamento di un debito – spiega subito l’autore – nel senso che ho messo piede per la prima volta alle isole Egadi nel 2007 e non sapevo nulla della tonnara e della storia che c’è dietro. Entrando al museo Florio – che racconta della tonnara, dello stabilimento e di chi ci viveva – mi sono accorto di quanto fosse grave questa mia ignoranza». Per anni Scudeletti ha lavorato come documentarista, concentrandosi sul mondo del lavoro. «Non avevo mai visto una tale dignità e una tale fierezza del lavoro e ne sono rimasto affascinato. Anzi ammaliato, proprio come il pesce che rimane nella rete della tonnara».

E proprio attorno al lavoro nella tonnara e agli antichi mestieri di Favignana ruota il romanzo di Scudeletti. «Più ci entravo dentro e più ero rapito dalle figure dei grandi rais, dalla pesca del tonno e dal vecchio lavoro dei cavatori di tufo; uno dei rari casi in cui le ferite incise nella terra si sono tramutate in bellezza. Dimostrando la forza di una terra». Ma anche di un uomo.

«Cosa potevo dire io, fiorentino, sulla tonnara e su tutto questo? Poco, soprattutto dopo aver letto scrittori che ne hanno parlato molto bene». Un particolare, però, lo ha colpito forse più di tutti, ricordandogli per certi versi la tragedia greca: la storia di Gioacchino Cataldo, che diventa rais solo per vedere il suo mondo sparire, perché con lui chiude la tonnara. «È una storia affascinante e terribile, che mescola storia antica e moderna, la leggenda con l’epica». Ed era questo che voleva raccontare, non una biografia. Anche perché Gioacchino Cataldo è una di quelle personalità difficili da contenere dentro le parole: cerchi l’uomo e trovi il mito, affronti il mito e t’imbatti nel bambino e poi nel ragazzo che si allontana da Favignana per farvi ritorno dopo anni di emigrazione in Germania.

«È un personaggio della tragedia, infatti il primo titolo del libro era Aiace alla spiaggia, perché Aiace è il guerriero greco che avrebbe diritto ad avere le armi di Achille, che però gli vengono sottratte. Ed è una cosa che lo addolora profondamente. E siccome la Sicilia ha molto a che fare con la Magna Grecia, mi piaceva accostare questi due aspetti, raccontandoli con un linguaggio epico e moderno allo stesso tempo, analizzando i cambiamenti della società italiana nei vari momenti in cui la tonnara esisteva e come quest’ultima veniva vista dalla comunità».

E non è banale parlare dell’ultimo rais in un momento in cui è ancora accesa la polemica in merito alla storica tonnara di Favignana, costretta a chiudere dopo che le speranze degli scorsi mesi si sono infrante contro le misere quote assegnate: 14 tonnellate di pescato di tonno a fronte delle 100 richieste, il minimo necessario per la sostenibilità economica del progetto.

«La scienza dei rais, che molti chiamano sciamani del mare, e la tradizione di Favignana sono a rischio. E Gioacchino Cataldo – che ho avuto la fortuna di incontrare due volte – è stato uno strumento per raccontare un’intera comunità che vuole lavoro, non vuole migrare, vuole mantenere le sue tradizioni e prosperare, sperando sempre in un futuro migliore».

Quello di rais è un titolo antichissimo, che affonda nella notte dei tempi e che fino a metà del secolo scorso era ereditario e veniva trasmesso da padre in figlio. Le sue conoscenze permettevano di calare la tonnara, perché sapeva dove, come e quando collocare l’immensa rete per pescare i tonni, vera ricchezza dell’isola. «Se questo mio libro servisse anche solo minimamente a tenere viva e accesa l’attenzione su Favignana e sulle sue potenzialità non solo di bellezza – conclude lo scrittore – sarei felice di aver contribuito facendo la mia parte». 


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