Da Trento a Palermo per un tirocinio, l’odissea di Denise Tra rimbalzi d’uffici, disinfestazioni e telefonate a vuoto

Telefoni che suonano a vuoto, centri per l’impiego che da Palermo rinviano a Petralia, disinfestazioni e computer in tilt che fanno continuamente rinviare la presa in carico di una pratica elementare: l’odissea di Denise Battaglia, rimasta impantanata per più di un mese nella palude della burocrazia siciliana per un semplice tirocinio lavorativo di tre mesi, racconta molto delle difficoltà che ancora sconta chi vorrebbe tornare a vivere nell’Isola. Denise è, nella retorica più diffusa di questi tempi, un cervello in fuga: originaria di Campofelice di Roccella, dopo la laurea triennale a Palermo in Giornalismo per uffici stampa emigra a Trento, dove consegue prima la specialistica in Sociologia e ricerca sociale e poi un master in Smart community, design and management

Nell’efficientissimo Nord Italia Denise si trova bene: tutto funziona come dovrebbe e si sente adeguatamente valorizzata. Ma le radici tornano spesso a far sentire il proprio ancestrale richiamo. «Sto aspettando da tempo l’occasione giusta per tornare in Sicilia», racconta. E quella propizia sembra essere a portata di mano a febbraio: Trentino Social Tank, ente formatore accreditato dalla provincia autonoma di Trento, offre un corso finanziato dai fondi sociali europei sull’innovazione e i contenuti digitali. Con una meta da poter scegliere. Di solito tanti scelgono di rimanere dentro i confini trentini, al massimo si rivolgono a Veneto e Lombardia. 

Denise invece no, guarda lontano, alla Sicilia. E indica l’agenzia di comunicazione Im*media, con la quale intende occuparsi di copywriting (gestione del blog e creazione di contenuti). Si tratterebbe di un tirocinio lavorativo di 400 ore – 40 ore a settimana – da cominciare il 27 maggio e terminare il 9 agosto. «Avrei dovuto iniziare quattro settimane fa – racconta Denise -, tutte le mie colleghe del corso stanno praticamente finendo il tirocinio e io non ho manco iniziato». Lo farà, se tutto andrà bene, solo a partire dal 24 giugno. Con un mese di ritardo rispetto ai piani iniziali. Motivo? L’asfittica, terribile, kafkiana burocrazia siciliana. 

Per il Trentito Social Tank quello di Denise è il primo tirocinio da svolgere dall’altra parte dell’Italia. «Con le altre regioni non avevano mai avuto di questi problemi – assicura la sociologa – Ci sono le linee guida nazionali per i tirocini di inserimento lavorativo, non curriculari. Solo che poi ogni Regione recepisce queste linee guida a suo modo. Così ha fatto anche la Sicilia. Da noi però, per quel che ho capito, si fa riferimento alla normativa precedente. Io ho espresso la mia volontà di fare il tirocinio in Sicilia a marzo, e ad aprile sono cominciati i primi contatti. Già lì c’è stata la prima difficoltà, perché dal sito della Regione non si riusciva a capire quale fosse l’ufficio competente».

I primi due mesi, dunque, passano tra telefonate che rimbalzano le responsabilità da ufficio in ufficio. Ma più spesso le chiamate restano senza risposta, così come le mail e le pec. Fino a quando è la stessa associazione presso la quale Denise dovrà svolgere il tirocinio, Im*media, a dare le dritte necessarie dopo essersi recata materialmente alla Regione. Così si riesce a capire che bisogna passare dal Centro per l’impiego di Palermo, che dovrà valutare la documentazione e dare il nulla osta. Tutto a posto? Neanche per idea. Perché, parafrasando un noto detto popolare, ente che vai problemi che trovi. «Un impiegato dice subito che ci vogliono almeno due settimane per analizzare la documentazione e stabilire se il tirocinio si può fare o meno – racconta ancora Denise – Un tempo veramente esagerato. Ma nonostante tutto attendiamo. Ovviamente dopo due settimane nessuna risposta. Così dalla provincia di Trento richiamano il Centro per l’impiego di Palermo per chiedere conto della situazione. E le risposte sono evasive, segno che la pratica non era stata manco affrontata. Qualche altro giorno d’attesa e poi apprendiamo che la mia pratica è stata delegata al Centro per l’impiego di Petralia».

Cioè a distanza di 111 chilometri, nonostante Denise il tirocinio debba svolgerlo proprio nel capoluogo siciliano. Come è possibile? «Pare che, essendo un centro più piccolo e con meno carico di lavoro, da Palermo smistino lì le pratiche che non riescono ad affrontare». Dalle Madonie, dunque, arriva finalmente la soluzione. O no? «Una specie – sorride Denise – Passa ancora una settimana dall’invio della pratica, e ancora nessuna novità. Così gli organizzatori del corso chiamano anche il Centro per l’impiego di Petralia. E viene riferito che c’è il gestionale bloccato, che comunque è in corso una disinfestazione e dunque bisogna attendere qualche giorno. Anche io a quel punto, che ne avevo piene le scatole dopo un mese e mezzo di attesa, ho chiamato direttamente il Centro per l’impiego di Petralia. E ho parlato con il referente della mia pratica. Che inizialmente si è sentito preso in castagna, ma poi ha guardato in diretta la pratica. E l’abbiamo risolta in pochi minuti».

Abbiamo provato a contattare per una replica sia gli uffici regionali che il Centro per l’impiego di Palermo. Anche noi però senza esito. Rimaniamo comunque a disposizione degli uffici per eventuali chiarimenti. Quel che è certo, in ogni caso, è che disavventure del genere rischiano di scoraggiare il tanto auspicato ritorno dei cervelli in fuga. Considerando soprattutto che si tratta di un semplice tirocinio lavorativo di tre mesi. «Se neanche quando sei messa nelle migliori condizioni possibili per tornare questo ti viene consentito, diventa davvero frustrante – è il commento di Denise – Certamente la normativa non è scritta bene. Il problema poi non è tanto il mio caso in particolare ma che non esista una procedura standardizzata per l’attivazione di questo tipo di tirocinio. E che si debba andare a casaccio, a tentativi, con ricerche che possono durare mesi». 


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