Giuseppe Graviano parte civile contro il pentito Grado Uccise suo padre nell’82, ora chiede un risarcimento

Reato prescritto. Anche se si tratta di uno o più omicidi commessi. Il pentito Gaetano Grado è stato prosciolto perché ha potuto godere dell’attenuante speciale riservata ai collaboratori di giustizia. Una notizia, però, accolta con amarezza da Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio all’ergastolo per le stragi del ’92 e del ’93 e per l’omicidio mafioso di padre Pino Puglisi. Tanto che ha fatto appello come parte civile, assieme ad altri familiari, contro il proscioglimento dell’uomo che il 7 gennaio ’82 uccise suo padre, il boss Michele Graviano. Non si costituiscono tutti però. A fare una scelta diversa sono infatti il fratello ergastolano Filippo, che ha platealmente preso le distanze da questa decisione, e la sorella minore Nunzia, anche lei in passato condannata per mafia. 

Intanto, davanti alla seconda sezione della corte d’assise d’appello di Palermo si è aperto il processo contro Grado, valevole solo ai fini civili, cioè per l’eventuale risarcimento del danno a Giuseppe Graviano, al figlio Michele, che ha lo stesso nome del nonno, al fratello Benedetto e alla madre Vincenza Quartararo. Nel ricorso contro Grado, l’avvocato Federico Vianelli sottolinea proprio l’imprescrittibilità dell’omicidio, per la natura del reato, contestando la concessione dell’attenuante speciale. La parte civile chiede l’interrogatorio di una serie di collaboratori di giustizia e lo stesso Giuseppe Graviano vorrebbe essere messo a confronto con Grado.

Tra coloro che i congiunti di Michele Graviano vorrebbero ascoltare c’è anche Roberto Mandalà, che aveva adombrato, con una collaborazione lampo, la possibile partecipazione del cugino dell’imputato Totuccio Contornai delitti commessi da Grado nella primavera dell’89, che avrebbe vendicato, mentre era sotto protezione, alcuni dei delitti subiti dalla sua famiglia all’inizio degli anni ’80, per mano dei corleonesi di Totò Riina e dei loro alleati.


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