Precari nei call center, Cgil denuncia «nuovo caporalato» «Siamo invisibili e schiavizzati, perché non si interviene?»

Ore a spulciare le liste di persone da contattare per raggiungere gli obiettivi fissati dall’azienda, che da alcuni mesi sembrano inarrivabili. Tutto per poter portare a casa uno stipendio che valga la pena di essere chiamato tale. C’è chi lavora anche da otto, dieci anni. In tanti quando hanno iniziato erano molto giovani, adesso si ritrovano vicini ai quarant’anni senza nulla in mano. Precari erano, e precari sono rimasti. La Cgil ha denunciato quello che definisce il «nuovo caporalato povero» lanciando quindi un appello alle istituzioni, Comune e Regione in testa, perché si interessino anche delle condizioni di oltre cinquemila persone in tutta la Sicilia che lavorano in outbound. Alle aziende invece il sindacato chiede un cambio di rotta.

«Stiamo assistendo a una nuova ondata di schiavitù, che coinvolge migliaia di lavoratori giovani ma anche tanti non più giovanissimi», denuncia il segretario generale Slc Cgil Palermo Maurizio Rosso, che aggiunge: «Lavorano in condizioni pessime, guadagnando una mancia da 100, 200 o 300 euro al mese, svolgendo di fatto un lavoro subordinato mascherato, perché hanno un orario e seguono le direttive delle aziende. Ma sono lasciati senza diritti e non sanno se a fine mese il contratto sarà rinnovato». 

Francesco Maniscalco fa questo lavoro da quasi otto anni, da quando era 26enne. Vorrebbe formare una famiglia, ma con la paga che riceve adesso non è possibile. Anche a lui, come a molti altri suoi colleghi, il contratto viene rinnovato mese dopo mese: «Lavoriamo dalle otto alle nove ore al giorno e veniamo retribuiti attraverso una forma di paga oraria chiamata talking time: si stabilisce in base ai minuti in cui parliamo con il cliente al telefono. Un dato che non possiamo controllare direttamente dalle nostre postazioni». Francesco racconta anche che vengono retribuiti a step, al raggiungimento di determinati obiettivi: «In base al numero dei contratti chiusi aumenta la retribuzione che possiamo ottenere. Prima riuscivo a portare a casa anche 800 euro al mese lavorando dalle dieci alle dodici ore, adesso le liste di clienti che ci passano non ci consentono più di farlo e il mio compenso, come quello di altri si è ridotto circa del 70 per cento da un paio di mesi, adesso è sui 200 o 300 euro. Ho lavorato anche per la vigilia di Natale o sotto Ferragosto pur di raggiungere gli obiettivi fissati». Francesco non si pente di avere scelto questa professione ma: «il problema è che fanno come vogliono, le cose non migliorano anche se acquisiamo professionalità maggiori, anzi, peggiorano di molto». A loro non spetta nemmeno il reddito di cittadinanza: «Risultiamo come messi in regola – spiega ancora il 34enne – e paghiamo i contributi come dipendenti qualunque quando raggiungiamo gli obiettivi».

Tecnicamente non hanno vincoli di subordinazione con le aziende, prima erano lavoratori a progetto: «Ora sono collaboratori coordinati e continuativi», spiega Emiliano Cammarata della Cgil. E il sindacalista aggiunge: «Gli viene data generalmente la disponibilità di una postazione in una fascia oraria che ufficialmente è di quattro ore. A seconda del numero dei contatti da lavorare magari la fascia di disponibilità viene allungata anche a sei o otto ore». Questo tipo di inquadramento lavorativo però non prevede alcuna tutela come permessi per malattia pagati, ferie o tredicesima, dicono ancora dal sindacato. Tutele che servono non solo quando non hanno la possibilità di lavorare ma anche quando non c’è lavoro. «Hanno una paga minima di 6,50 euro l’ora lordi ma in alcuni call center questa non viene nemmeno rispettata – sottolinea Cammarata- inoltre rinnovando il contratto di mese in mese anche avvicinarsi a un sindacato diventa difficile, tutto può sfumare da un momento all’altro. In più ci sono delle aziende che hanno pochi dipendenti e quindi sono difficili da rintracciare». 

Francesco Iannone ha iniziato a fare questo lavoro quando aveva 29 anni, nel 2013 e le sue aspettative erano rosee: «L’azienda era in crescita e mio fratello è un dipendente a tutti gli effetti. All’inizio non è stato facile, poi è andata abbastanza bene. Negli anni c’è stata una flessione notevole negli stipendi perché sono cambiate le modalità delle retribuzioni, le condizioni contrattuali sono mutate circa quattro volte. L’ansia e la preoccupazione sono state sempre maggiori anche in vista della scadenza dei trenta giorni, finiti i quali noi non sappiamo mai, fino all’ultimo se metteremo la firma su un altro contratto. Fino al 2015 Francesco riusciva a portare a casa anche 700 o 800 euro al mese. Poi, racconta, la situazione è andata sempre a peggiorare: «Prima stavi lì otto o dieci ore e riuscivi a guadagnare una paga dignitosa, anche se uscivi con l’emicrania, ultimamente non riesco a raggiungere gli obiettivi perché passano liste che sono per lo più segreterie o piste già battute da altri. Due anni fa ho avuto un Cud di 9800 euro, quest’anno di 7800. In cinque mesi di stipendio non ho racimolato nemmeno mille euro. Lo scorso mese ho percepito 41 euro, nemmeno i soldi della benzina: faccio 19 chilometri ogni giorno per andare e tornare dal posto di lavoro. Anche a lui non spetta il reddito di cittadinanza: «Siamo invisibili e sottopagati, siamo schiavizzati. perché lo Stato non interviene anche con sussidi a queste aziende? Ho dovuto rinviare il mio matrimonio di anno in anno. Come faccio a mettere su una famiglia sapendo che oggi lavoro e domani no? Che oggi prendo 400 euro e domani 200?». 

«Ci sono anche quarantenni e cinquantenni che lavorano in queste condizioni. Fanno questo lavoro con la massima professionalità, molti con competenze simili, se non uguali, ai colleghi impiegati inbound – conclude il sindacato – è arrivato il momento di chiedere un minimo di dignità per queste persone per le quali questo è ormai un lavoro a tutti gli effetti. Le istituzioni devono farsi carico di questo fenomeno devastante, devono fare investimenti sulla formazione, su attività innovative e progetti di crescita nel campo dei servizi».


Dalla stessa categoria

Ricevi le notizie di MeridioNews su Whatsapp: iscriviti al canale

I più letti

Dal controllo della velocità alla segnalazione di un imminente pericolo. Sono gli Adas, i sistemi avanzati di assistenza alla guida che aumentano non solo la sicurezza, ma anche il comfort durante i viaggi in auto. Più o meno sofisticati, i principali strumenti Adas sono ormai di serie nelle auto più nuove, come quelle a noleggio. […]

Un aiuto concreto ai lavoratori per affrontare il carovita. Ma anche un modo per rendere più leggero il contributo fiscale delle aziende. Sono le novità introdotte dalla conversione in legge del cosiddetto decreto lavoro, tra cui figura una nuova soglia dell’esenzione fiscale dei fringe benefit per il 2023, portata fino a un massimo di 3mila euro. […]

Sono passati tre anni da quando un incendio ha distrutto l’impianto di selezione della frazione secca di rifiuti a Grammichele (in provincia di Catania) di proprietà di Kalat Ambiente Srr e gestito in house da Kalat Impianti. «Finalmente il governo regionale ci ha comunicato di avere individuato una soluzione operativa per la ricostruzione e il […]

«Era come avere la zip del giubbotto chiusa sopra e aperta sotto: ecco, noi abbiamo voluto chiudere la zip di questo giubbotto». Indispensabile se si parla di Etna, dove fa sempre fresco. È nato così CraterExpress, la nuova proposta che permette di raggiungere la vetta del vulcano a partire dal centro di Catania, con quattro […]

Sul nuovo social network X, tale Esmeralda (@_smaragdos), commenta un articolo del Domani a proposito dei finanziamenti alla Cultura elargiti dai Fratelli d’Italia siciliani: «Amici, soldi (pubblici) e politica. In Sicilia tutto fa brodo. Su questo penso non leggerò un commento croccante di Ottavio Cappellani. Perché gli amici so’ amici, gli ex amici so’ nemici». […]

Dodici mesi, 52 settimane e 365 giorni (attenzione, il 2024 è bisestile e quindi avremo un giorno in più di cui lamentarci). Un tempo legato da un unico filo: l’inadeguatezza. Culturale, innanzitutto, ma anche materiale, davanti ai temi complessi, vecchi e nuovi. Difficoltà resa evidente dagli argomenti che hanno dominato il 2023 siciliano; su tutti, […]

Il seme del cambiamento. Timido, fragile e parecchio sporco di terra, ma è quello che pare stia attecchendo in questi ultimi mesi, dopo i più recenti episodi di violenza sulle donne. In principio, quest’estate, fu lo stupro di gruppo a Palermo. In questi giorni, il femminicidio di Giulia Cecchettin in Veneto. Due storie diverse – […]

Mai come in campagna elettorale si parla di turismo. Tornando da Palermo con gli occhi pieni dei metri di coda – moltiplicata per varie file di serpentina – per visitare la cappella Palatina e qualunque mostra appena un piano sotto, lo stato di musei e beni archeologici di Catania non può che suscitare una domanda: […]

Riforme che potrebbero essere epocali, in termini di ricaduta sulla gestione dei territori e nella vita dei cittadini, ma che sembrano frenate dalla passività della politica. Sembra serena ma pratica- e soprattutto, attendista – la posizione di Ignazio Abbate, parlamentare della Democrazia Cristiana Nuova chiamato a presiedere la commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale siciliana. Quella […]

Dai rifiuti alla mobilità interna della Sicilia, che avrà una spinta grazie al ponte sullo Stretto. Ne è convinto Giuseppe Carta, deputato regionale in quota autonomisti, presidente della commissione Ambiente, territorio e mobilità all’Assemblea regionale siciliana. Tavolo di lavoro che ha in mano anche due leggi su temi particolarmente delicati: urbanistica e appalti. Con in […]

Dall’agricoltura alle soluzioni per il caro energia; dalle rinnovabili di difficile gestione pubblica allo sviluppo delle imprese bandiera del governo di Renato Schifani. Sono tanti, vari e non semplici i temi affidati alla commissione Attività produttive presieduta da Gaspare Vitrano. Deputato passato dal Pd a Forza Italia, tornato in questa legislatura dopo un lungo processo […]