«Abito qui da un mese, prima stavo nelle baracche». Dino, un ragazzo bulgaro di 21 anni, è felice della sua nuova casa dentro lo stabile abbandonato di viale Bernini, a Catania, dove vive con la moglie e il figlio di quattro mesi. Ma per Federica, che fa parte dal collettivo Aleph, «adesso c'è il rischio che le persone che abitano qui vengano sgomberate e buttate in mezzo alla strada». Acquistato nel 1998 dall'amministrazione comunale, e abbandonato da allora, l'edificio è stato messo all'asta per 7 milioni di euro. E nessuno lo vuole
Nel palazzo abbandonato in viale Bernini «Duecento abitanti rischiano lo sgombero»
Sono 150, forse 200 persone, tante sono le donne e molti i bambini piccoli. Sono loro gli occupanti abusivi dello stabile abbandonato di proprietà del Comune in viale Gian Lorenzo Bernini, a Catania. I primi occupanti sono arrivati a gennaio, ma adesso hanno paura di essere buttati fuori: la voce di uno sgombero imminente si è diffusa in questi giorni e, nonostante la disponibilità a parlare, una certa dose di diffidenza verso le videocamere è evidente. «Non riprendermi in faccia, il capo mi potrebbe riconoscere, non sa che abito qui, è convinto ci sono i drogati, lo ha letto sul giornale», chiede Dino, che ha 21 anni e un figlio di quattro mesi. Arrivato tre anni fa dalla Bulgaria, Dino parla perfettamente l’italiano, pochi giorni fa è apparso in un video del collettivo politico Aleph, e di mestiere fa il muratore. Ma non riesce trovare lavoro, anche solo a giornata per «30 o 35 euro». E quindi per vivere raccoglie con un vecchio motorino il ferro in giro per la città, smontando tutto quel che trova, dai vecchi televisori alle lavatrici, rivendendo il metallo nel vicino quartiere di Picanello. Non guadagna molto Dino, ma sorride, soprattutto pensando a poco tempo fa: «Fino a un mese fa abitavo nelle baracche di corso dei Martiri, ma appena ho potuto sono venuto qui. Lì c’è troppo caldo e sporcizia, e non voglio tornarci».
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Di sbandati, nel palazzo di viale Bernini, «non ce ne sono, solo famiglie con tanti bambini, che vengono per la maggioranza dalla Romania e dalla Bulgaria, molti sono Rom», sostiene Federica Frazzetta, studentessa catanese, che fa parte del collettivo Aleph, composto giovani studenti e lavoratori. Lei, come Dino, ha 21 anni, e quando può viene a dare una mano ai residenti. Confermandone le paure: «Rischiano di essere buttati fuori da un momento all’altro, secondo le indiscrezioni che abbiamo ricevuto». Il collettivo è nato a gennaio, con l’occupazione lampo della residenza universitaria Scuderi. «Poco tempo dopo l’occupazione, abbiamo letto di questo palazzo, a due passi dalla ricca zona di piazza Michelangelo, acquistato dall’amministrazione comunale nel 1998 e da allora rimasto abbandonato», racconta Federica, che con gli altri membri del collettivo – «siamo una decina di persone» – ha pian piano preso confidenza con gli occupanti, aiutandoli in intere giornate di pulizia dei portici e degli appartamenti. «C’erano carcasse di motorini e ogni genere di spazzatura. Ma quello che non abbiamo mai visto, sono le siringhe», commenta Federica che denuncia il trattamento riservato dai media agli occupanti dello stabile. «Il palazzo è sempre stato descritto come ritrovo per i tossicodipendenti, e le famiglie che ci abitano come composte da ladri – continua Federica – In consiglio comunale i consiglieri Daniela Raciti del Pd e Salvo Di Salvo del Mpa così come il presidente della seconda municipalità lo hanno persino descritto come la fonte del degrado dell’intero quartiere. Che non gode certo di una buona fama», commenta Federica che, per smentire le voci, ci accompagna all’interno dell’edificio.
Non è un residence di lusso il palazzo Bernini ma, a dispetto dell’aspetto esterno, gli appartamenti sono in condizioni meno gravi di quanto si possa presupporre. E subito ad accoglierci, al primo piano, è una giovane donna bulgara, arrivata un mese fa da corso dei Martiri come Dino ed intenta nelle pulizie di casa. Si scusa perché «qui è difficile mantenere pulito, l’acqua dobbiamo prenderla alla fontana in piazza». Vorrebbe parlarci, farsi riprendere per un’intervista video, ma il marito non le concede il permesso. Nella palazzina accanto invece gli abitanti sono rumeni, e si sono stabiliti qui già da inizio anno. Gabriela ci mostra la sua stanza, arredata con cura e molto pulita. C’è un grande letto matrimoniale, le tende bianche, due piccoli divani. Ha appena finito, anche lei, di passare lo straccio a terra e il marito gioca con uno dei tre figli piccoli. Con loro vive la suocera: appena vede la videocamera va in escandescenze. «Ha paura che voi rivendiate le immagini dei bambini, mettendoli in pericolo», traduce Gabriela, che si scusa, ma per non intaccare l’armonia familiare preferisce anche lei non farsi inquadrare in volto.
Quale il destino dello stabile? Lo abbiamo chiesto al neo assessore ai lavori pubblici, Giuseppe Marletta, che dichiara: «L’edificio è già da un anno nella lista degli edifici disponibili, destinati alla dismissione in quanto non necessari all’amministrazione comunale». Per il palazzo di viale Bernini, composto in realtà da quattro palazzine più piccole unite da una grande terrazza in pessime condizioni, si sono già svolte due aste, entrambe andate deserte, per una base di 7 milioni di euro. «Le cifre ricavate dalla vendita verrano utilizzate per ristrutturare e adeguare simsicamente i molti edifici, soprattutto in centro storico, che invece l’amministrazione ritiene necessari». Intanto, sotto i portici di viale Bernini, tre bambini giocano felici con un cane, mentre degli uomini armeggiano con delle vecchie auto. E la nonna dei piccoli, intenta nelle pulizie, li sgrida in rumeno: «State attenti» o qualcosa di simile.