Sant’Agata 2019, l’uscita della carrozza del Senato Pogliese: «Ci accompagni nella rinascita della città»

È la prima festa in piena era default. La prima in cui la fascia tricolore garrisce sul petto di Salvo Pogliese. C’è attesa. Il chiostro del Comune è gremito. Per non parlare della piazza. Poco prima che le autorità si presentino, comincia a circolare un foglietto su cui, a penna nera, sono scritti i nomi di chi salirà sulle carrozza delle autorità e su quella del Senato. Sulla prima, insieme al sindaco, ci sono il commendatore Luigi Maina, cerimoniere di Palazzo degli elefanti, il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Castiglione e gli assessori Barbara Mirabella e Sergio Parisi. Sulla seconda siedono gli altri membri della giunta – ovvero Alessandro Porto, Fabio Cantarella e Giuseppe Lombardo – insieme al segretario generale. Il vice sindaco Roberto Bonaccorsi – spiega Castiglione sotto voce – è assente per malattia. Superfluo dire che, un momento prima di salire a bordo, la voce di Pogliese è rotta dall’emozione.  

«Caricate» le carrozze, viene l’ora di andare fuori. Lo spazio davanti al Comune è cinturato da transenne, per evitare il contatto tra i cavalli e il pubblico. Dietro le recinzioni c’è una città, il Duomo è una bolgia. Sfila per prima la carrozza secondaria, seguita pochi istanti dopo dal cocchio di Pogliese e Maina. La vista del sindaco e degli altri politici non modifica di molto il comportamento delle persone. Non ci sono fischi di massa, tanto meno applausi collettivi. Qualcuno, è vero, batte le mani, ma nel fracasso si sente poco o niente. 

Il corteo – composto dalle due carrozze, da un nugolo di giornalisti e, naturalmente, dalle forze dell’ordine – fila piuttosto veloce. Pogliese, dal vetro del finestrino che risplende al sole, saluta le due ali fittissime di folla e sorride come un bambino. Più o meno come gli altri occupanti. I bodyguard che scortano la carovana hanno un bel da fare nel tenere le ruote dei due mezzi lontani da devoti e cronisti. Una sosta brevissima all’incrocio con via di Sangiuliano. Un’altra, ancor più fugace, circa 300 metri dopo. Neppure il tempo di sollevare lo sguardo e piazza Stesicoro si apre come un tumulto. Le carrozze curvano a sinistra, per arrampicarsi fino alla chiesa di San Biagio in Sant’Agata alla fornace

Qui il corteo si ferma. Salvo Pogliese scende per primo: corre a stringere la mano del prefetto Claudio Sammartino e del questore Alberto Francini, che lo attendono sulla scalinata al fianco delle autorità militari e dei vertici delle forze dell’ordine etnee. Poco più in là, consiglieri comunali e politici d’ogni rango. A due passi dal sindaco c’è anche il presidente del comitato organizzativo Francesco Marano. Per lui, insostituibile braccio destro di Enzo Bianco, è la prima festa di cohabitation con un governo di centrodestra. Possibilmente anche l’ultima. Quasi in cima alle scale ecco i vertici della chiesa catanese: l’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina e, pochi gradoni più in basso, il parroco della Cattedrale Barbaro Scionti. Una specie di foto di gruppo della città in cui, per una volta, alle spalle della classe dirigente agita le braccia un popolo. Pochi istanti, strette di mano, moine, poi si muove la processione per l’offerta della cera. La festa è cominciata. 


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