Le confessioni-choc di un capo ultras

“Il calcio? Solo una guerra tra fazioni”
A pochi giorni dal giro di vite imposto dal ministro dell’Interno Pisanu, la guida storica dei Warriors svela i retroscena della ‘filosofia della curva’. “La partita non è un evento sportivo e non lo è mai stata”. Dall’inizio dell’anno sono stati emessi 41 divieti di accesso allo stadio. E ieri sera altre quattro persone sono state fermate per resistenza a pubblico ufficiale

“Per noi il calcio è una battaglia fra due fazioni che si scontrano. Non è un evento sportivo e non lo è mai stato. Abbattere le barriere al “Barbera”? Improponibile. La repressione? Non succede nulla solo se noi decidiamo di non far succedere nulla. La curva è casa nostra, chi non si adatta alle nostre regole vada via”.
Annuncia battaglia Sesto Terrazzini, storico capo ultras del gruppo dei Warriors di Palermo. Un problema quello della violenza che non sembra di facile soluzione. Lo dimostrano le scaramucce di ieri sera in curva sud in occasione di Palermo-Chievo. E continua la repressione. Dall’inizio dell’anno sono stati emessi ben 41 divieti di accesso all’interno dello stadio che fanno salire a 101 i provvedimenti emessi dall’entrata in vigore della legge, lo dice la questura di Palermo. E ieri sera altre quattro persone sono state fermate per resistenza a pubblico ufficiale mentre cercavano di entrare allo stadio senza biglietto. Terrazzini avverte il presidente del Palermo, Maurizio Zamparini, che poche settimane fa ha dichiarato di voler abbattere le barriere all’interno del “Renzo Barbera” e affidare la gestione della sicurezza ai tifosi.

E’ normale che ci sia lo scontro fisico?

Può succedere. Molte volte ci si è portati dal comportamento in campo dei giocatori. Parliamo chiaramente: il calcio non è altro che una valvola sociale di sfogo nella quale si concentrano una serie di situazioni. Quando le cose non ti vanno bene e ti rendi conto che ti stanno prendendo in giro a quel punto reagisci. E sto parlando di arbitri, della Lega e di tutto ciò che ruota intorno al mondo del pallone.

Allora pensi che un errore arbitrale possa giustificare un comportamento violento?

Il punto è che si tende a criminalizzare tutto quello che accade all’interno degli stadi senza pensare a quello che succede per strada. Si criminalizza un ragazzo che tira una pietra o perché fa a botte con un avversario.

Quindi per te questi non sono atteggiamenti da criminalizzare?

Non bisogna dimenticare che il calcio nasce per dare uno sfogo al popolo. Così come tanti anni fa venivano organizzati gli spettacoli all’interno del Colosseo.

Nulla a che vedere con lo sport…?
No. Per noi il calcio è una battaglia fra due fazioni che si scontrano. Non è un evento sportivo e non lo è mai stato. Ma si vede anche dai comportamenti degli addetti ai lavori. Poi quando succede qualche scontro se ne parla come se fosse successo chissà che cosa.

Allora per te non succede nulla di particolarmente grave?

Qualcosa di grave accade. Ma la prevenzione è inadeguata. Più che prevenzione è una repressione. Da 27 anni faccio trasferte e in certe situazioni le forze dell’ordine sono predisposte per massacrarti. A volte tra loro ci sono persone che prima facevano parte di ultras di opposte fazioni. Ad esempio quando vado a Catania ci sono poliziotti che prima facevano parte degli ultrà catanesi. Ma lo stesso succede al contrario a Palermo. Dovrebbero fare alleggerimento, invece appesantiscono.

Cosa pensi della “stretta” di Pisanu?

Io penso che si tenda a criminalizzare troppo il movimento ultras. Determinate cose accadono perché ci sono precedenti storici. Molti non sanno che gli ultras nascono da connotazioni politiche. Gli scontri nascono da questo. Col passare del tempo si sono persi i valori politici e quindi ora si va allo scontro fisico per motivi campanilistici. Credo che bisogna andare dentro le radici di questi comportamenti, non è violenza gratuita. Noi tifosi siamo il frutto di questa società.

Ma avete mai pensato di darvi una “regolata”? Dopo l’intervento di Pisanu si è vissuta una giornata tranquilla, avete deciso voi?

Si. Sicuramente abbiamo la nostra personalità e nessuno ce la può togliere. Non succede niente se noi decidiamo di non far succedere nulla.

Esiste tra di voi una forma di rispetto?

Si per esempio con genoani e sampdoriani c’è grande rispetto.

Ma perché non c’è con tutte le tifoserie? In fondo andate allo stadio per un unico scopo che è quello di sostenere la propria squadra del cuore…

Perché… perché marito e moglie divorziano? Perché ci sono i ladri? Perché esistono i pazzi? Non esiste una risposta. Diciamo che è un modo per misurare la propria forza, per difendere l’orgoglio delle proprie radici. Ad esempio è più facile che ci siano scontri fra tifosi di nord o sud e per motivi campanilistici.

Ma serve per forza lo scontro fisico per difendere l’orgoglio? Non pensi si possa arrivare ad un punto di rottura in cui verrete puniti duramente come in Inghilterra?

In determinate situazioni si. E posso garantire che la repressione è inutile, a volte porta solo a covare, covare… finché non esplode.

Rimaniamo in Inghilterra, cosa pensi della proposta di Zamparini di abbattere le barriere al “Barbera”?
Non è fattibile. E’ Improponibile. Storicamente il popolo siciliano non è pronto a questo. Si può fare in Inghilterra o in certe zone della Spagna, perché ci sono situazioni di regime o di monarchia. In Inghilterra c’è una cultura diversa: in campo si vive una battaglia e i tifosi non intervengono all’interno di quella battaglia. Qui non si è mai fatto e farlo sarebbe un’esperienza sbagliata.

Spesso si dice che le curve siano delle terre di nessuno, si è anche pensato alla presenza degli steward per il controllo dell’ordine?

Siamo contrarissimi. Siamo noi ultras che dobbiamo gestirlo a nostro piacimento.

Spesso si dice che in curva esercitate una certa violenza anche psicologica. Si deve fare quello che dite voi, a volte anche con le cattive…
Lo stadio è composto da diversi settori. Chi viene in curva deve rispettare certe regole, altrimenti va via. Devi stare in piedi e cantare. Se è il caso anche la bandiera in faccia. Quella è casa nostra. O ci si adegua o si va via.

In che rapporti siete con la società?

Cordiali. Prima c’era qualcosa di più: ci pagavano le trasferte e i biglietti. Ma ora i tempi sono cambiati e noi ci adeguiamo.
Andrea Perniciaro (2 maggio 2005, h. 11:05)


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