Palazzo degli elefanti potrebbe riallacciare un legame di collaborazione con Francesco La Spina, indagato e poi archiviato perché ritenuto dai pm un prestanome di Orazio Buda. Che lo rappresentò con delega nella gara per la gestione del baretto
Chiosco villa Pacini, ipotesi del ritorno dell’ex gestore Dalla delega firmata per Orazio Buda all’inchiesta 2014
«Stiamo rivedendo l’assegnazione della gestione di villa Pacini al chiosco che si trova al suo interno. Quel rapporto saltò pochi anni fa a causa di qualche problema giudiziario (del titolare, ndr), che però è stato superato. Quindi stiamo valutando se è possibile riaffidare la gestione. Abbiamo già fatto un incontro con la ditta, che è ben lieta di potersi dedicare al giardinaggio e alle piccole manutenzioni». A conversare con MeridioNews è Ludovico Balsamo, assessore alle Attività produttive. Il riferimento è a un vecchio bando di gestione le cui pratiche sono partite nel 2012. Il 27 settembre ad aggiudicarsi provvisoriamente il chiosco e la manutenzione – straordinaria e ordinaria – di villa Pacini è la ditta individuale Francesco La Spina. Unica partecipante al mini-appalto ad avere le carte in regola, offrendo un canone annuo di 1500 euro da moltiplicare per i sei anni di validità della concessione. Una storia normale, non fosse altro che il 17 novembre 2014 la situazione cambia radicalmente e il chiosco viene sequestrato dalla magistratura. Per poi essere confiscato il 4 maggio 2016.
Secondo i magistrati della procura di Catania, che lo indagano nell’inchiesta Prato verde, Francesco La Spina sarebbe stato un prestanome di Orazio Buda, cugino del boss dei Carateddi Orazio pilu russu Privitera. L’accusa di intestazione fittizia, però, non regge alla prova del tribunale del Riesame e non arriva a processo: la posizione di La Spina viene stralciata già nella fase delle indagini preliminari e la confisca dell’attività del bar della villa varagghi viene revocata il 5 dicembre 2017. Non ci sarebbero elementi, secondo i giudici, per sostenere che il reale titolare del bene fosse Orazio Buda. Nonostante le telefonate tra quest’ultimo e La Spina intercettate dalla magistratura e anche se è proprio Buda, attualmente a processo, a presentarsi negli uffici del Comune di Catania, con delega firmata, il giorno in cui viene espletata la gara per la gestione del centralissimo chioschetto. L’attività commerciale sarà festeggiata poi, a giugno 2013, alla presenza tra gli altri dell’allora sindaco Raffaele Stancanelli. Vicino a lui, in calzoni blu e camicia bianca, c’è ancora una volta Buda.
Di lui si è tornato a parlare ad agosto 2016: il pregiudicato, in qualità di dipendente della società Caffè Napoleon, si occupava dei parcheggi delle tre spiagge libere della Plaia. Stessa zona, quella di viale Kennedy, a cui è legata la vicenda processuale del cugino di Privitera: secondo i magistrati che sei anni fa firmano per il suo arresto, Buda avrebbe imposto la sua presenza nelle aree di sosta ai titolari dello stabilimento La cucaracha. Uno scandalo, sollevato da MeridioNews, che porta l’uomo alle dimissioni e spinge Palazzo degli elefanti (a quell’epoca guidato da Enzo Bianco), a revocare l’appalto a Caffè Napoleon, affidando la gestione delle spiagge libere a Sostare.
Adesso l’ombra di quella conoscenza pesante torna a fare capolino sulla villa Pacini. La concessione, visti i tempi, dovrebbe essere in scadenza alla fine del prossimo mese. Ma un articolo della finanziaria del 2017 ne prorogava la durata fino al 31 dicembre 2020. In quest’ottica andrebbe visto l’incontro tra La Spina e l’assessore Balsamo, confermato sia da quest’ultimo sia da fonti interne agli uffici. Un appuntamento che avrebbe spianato la strada al ritorno alla situazione del 2013. La questione, però, sembrerebbe essersi riaperta alla luce della nuova legge di Bilancio dello Stato, che invece questo prolungamento dei termini non lo contempla. «A questo punto, bisognerà vedere se prorogare o andare di nuovo a bando», si vocifera. Una nuova gara pubblica, questo è certo, chiuderebbe una questione che – negli anni – è passata troppo spesso dai tribunali.