Per quasi quattro mesi Giovanni Cipolla ha avuto come unica compagna d’avventura quella 4x4 che ha fatto di tutto per riportare fino a dove aveva preso il via l’impresa, la Vucciria. «La più comune, semplice ed umile delle auto è riuscita a raggiungere tra mille imprevisti l’altra parte del mondo senza mai mollare»
#APechinoColPandino, la storia di un viaggio epico «Le cose grandi possono essere alla portata di tutti»
Da Palermo a Pechino a bordo di una Panda 4×4? Si può fare. Sembra un’impresa folle, ma il palermitano Giovanni Cipolla è riuscito a realizzarla. Partito a luglio insieme a due amici, che si sono sganciati ad avventura in corso, lui ce l’ha fatta ed è tornato da pochi giorni in Italia, passando oggi pomeriggio proprio con quel Pandino in mezzo a un bagno di folla che lo attendeva in Vucciria. Sì, perché è proprio lì che l’idea ha mosso i primi passi, anzi, per essere più precisi, proprio nella storica Taverna Azzurra di Pietro Sutera, sponsor dell’impresa. Un viaggio all’insegna dell’improvvisazione, non certo del comfort. In programma infatti non ci sono mai state prenotazioni, alberghi oppure l’ospitalità di qualche conoscente. Si vive alla giornata, raccontando tutto su un canale Instagram aperto appositamente, a mo’ di diario di bordo. Una pagina che ha visto curiosare e interessarsi davvero oltre ottantamila follower. «Dalla partenza dall’Italia al confine mongolo/cinese ho percorso 16.200 km, in non so quante settimane di viaggio», scriveva Giovanni solo due settimane fa. Insieme a una vecchia Panda rimasta abbandonata da anni in un magazzino di Messina e rimessa a lucido per la folle impresa.
«Io non credo negli oggetti, ma nel valore che con le nostre esperienze vi attribuiamo – scriveva poche settimane fa -. Se un Pandino, la più comune, semplice ed umile delle auto è riuscito a raggiungere tra mille imprevisti l’altra parte del mondo senza mai mollare, è segno che davvero qualcosa di grande può essere alla portata di tutti. Mai domo ha scalato montagne, attraversato deserti e steppe, guadato fiumi e resistito a gelide nevi, ma nulla ha potuto contro l’astrusa burocrazia cinese», che ha costretto infatti Giovanni a posteggiare, anche se per poco tempo e a poca distanza rispetto ai chilometri fatti sulla 4×4, la mitica auto a ridosso del confine. Il fatidico traguardo, infatti, lo ha percorso solo coi suoi piedi, e nulla di più. «Fedele e irriducibile fino alla fine, abbandonarlo adesso, in una cittadina sperduta della Mongolia, sarebbe un vilipendio! Io sono disposto a guidare indietro per riportarlo a casa, ma non ho i soldi per farlo. Ho deciso di provare a lanciare una campagna di raccolta fondi per coprire le spese di viaggio, carburante, visti, dogane, assicurazioni, autostrade e ostelli», che manco a dirlo ha riscosso subito un repentino ulteriore successo.
Essere costretto a posteggiare il Pandino proprio a pochi chilometri dall’ambita meta è stato un colpo piuttosto forte per Giovanni, che però non si è dato per vinto. E trovata una soluzione per assicurare il ritorno dell’auto, insieme al suo, fino alla Vucciria di Palermo, ha continuato indomito senza il fedele compagno d’avventura. «Né io né l’azienda che si era presa carico di aiutarmi siamo riusciti a produrre la documentazione necessaria completa per importare il Pandino in Cina; è altamente probabile che non possa entrare, ma per legge l’auto deve uscire comunque dalla Mongolia», queste le premesse qualche giorni prima della campagna sui social per proseguire nell’impresa. «L’auto, in sostanza, con i miei documenti, non può andare oltre, io sì se voglio – racconta Giovanni -. Su due piedi decido di andare senza pensare troppo, almeno io a Pechino ci devo arrivare; devo però lasciare l’auto da qualche parte, chiedo quindi alla polizia se posso lasciarla parcheggiata davanti la loro stazione, potrebbe essere un luogo di sosta più sicuro se magari si voglia poi ritrovare l’auto in futuro. Acconsentono, parcheggio l’auto, arraffo quello che posso, sapendo che tutto quello che lascio potrei non ritrovarlo più, momenti concitati e confusi, alcune fondamentali cose prese, tante altre, compresi ricordi di viaggio di mezzo mondo, abbandonate».
E dopo l’emozione di aver varcato finalmente, anche se in un modo diverso rispetto al programma originario, il confine ed essere arrivato a Pechino, ecco che il pensiero principale torna ad essere quel compagno d’avventura rimasto parcheggiato a forza. «Io il Pandino non lo voglio abbandonare». E infatti Giovanni non lo ha lasciato posteggiato in quella sperduta cittadina mongola. Torna eccome, insieme alla sua 4×4, passando anche dagli studi televisivi della Rai, ospite di Licia Colò, personaggio che più di tutti, forse, con i suoi programmi ha ispirato la grande voglia di viaggiare di Giovanni. Fino a quella Taverna Azzurra di Palermo, da dove quel Pandino ha dato inizia a un’avventura da sogno diventata realtà.